«Bambini morti sulle spiagge? Fossero Rolex, non li lasceremmo ad arrugginire»
Un bimbo marocchino di due mesi salvato da un militare della Guardia Civil nei pressi dell’enclave spagnola di Ceuta, un migrante in lacrime abbracciato dalla giovane volontaria della Croce Rossa. Loro ce l’hanno fatta. Altri, infiniti altri, sono stati meno fortunati: il corpo di un neonato abbandonato sulle spiagge libiche. Un bambino riverso nella sabbia, le braccia spalancate. Il cadavere di una donna avvolto in una coperta.
Vita e morte documentati: immagini forti (non le prime) che negli scorsi giorni hanno fatto il giro del web, causando reazioni disparate, tra chi ne nega l’autenticità e chi si chiede: «Davvero viviamo in un mondo che permette il verificarsi di simili tragedie?».
Con Oliviero Toscani, fotografo italiano divenuto famoso internazionalmente per le sue campagne pubblicitarie dal forte impatto con la casa di moda United Colors of Benetton, abbiamo discusso della potenza di queste fotografie.
Negare l’autenticità di queste foto? «Come negare la realtà»
Tra chi parla di luce sospetta (presunto indizio di fotomontaggio) e di scene montate ad arte, non sono in pochi a negare l’autenticità delle ultime foto che, scattate sulle coste del Nordafrica, parlano di una tragedia in corso da decenni. Una tragedia che non si è mai fermata.
Ma Toscani non ha dubbi: «Sono immagini vere, l’artefatto è immediatamente riconoscibile (e, al riguardo, bufale.net ha pubblicato un articolo dettagliato, ndr). Sono rimasto esterrefatto nel sentire di gente così dubbiosa». Duro il suo giudizio nei confronti di chi, assolutamente, non vuol vedere: «La fotografia è più reale della realtà: è la documentazione di ciò che ci circonda, la memoria storica dell’umanità. Queste immagini testimoniano il nostro comportamento e i corpi di bambini sulle spiagge ne sono una conseguenza diretta, il risultato di come ci comportiamo. Per questo chi ne nega l’autenticità non fa altro che negare la realtà. E a questa categoria di persone non si può rispondere, non si può spiegare: sono ciechi. Menomati dal punto di vista umano».
Secondo Toscani, che nel corso degli ultimi decenni ha lavorato spesso a tematiche riguardanti i migranti e l’uguaglianza tra etnie, a pesare è anche l’immobilismo di chi, pur accettando la realtà dei fatti, non passa all’azione. «Con loro però, con chi ha un barlume di sensibilità e intelligenza, si può ancora lavorare. Gli altri sono persi, andati. È inutile perderci tempo. Sono degli imbecilli, ma l’imbecillità non ha futuro».
«Per fortuna c’è la fotografia», ci dice Toscani. Un mezzo salvifico perché portatore di verità. «Più della Bibbia», ci dice. «Dubito che avremmo i Vangeli, se all’epoca fosse già esistita la fotografia».
E poco importa se a giocare il ruolo di evangelisti moderni siano professionisti del settore o un qualsiasi profano in possesso di uno smartphone: «Un documento è un documento», afferma Toscani, «non importa chi l’ha prodotto».
Il caso di Alan (Aylan) Kurdi e le recenti migrazioni a Ceuta
Già nel 2015 il diffondersi della foto di un bambino morto sulle spiagge della Turchia, il piccolo Alan Kurdi, siriano di tre anni, scioccò il mondo. La stampa non sapeva come agire al riguardo. Era giusto pubblicare foto così forti? Non solo giusto, ma anche doveroso, secondo Toscani: «Ai giornali non piace pubblicare queste foto, perché non vendono», ci dice. «Anche i giornali, dopotutto, sono prodotti per essere venduti: l’economia condiziona tutto. Alcuni mesi prima del caso di Alan Kurdi, mi erano state inviate foto simili. Bambini migranti annegati, che galleggiavano nell’oceano. Immagini tremende. A Repubblica avevo detto: ‘‘Dovreste pubblicare queste fotografie a doppia pagina, un giorno sì e uno no’’, ma mi hanno risposto: ‘‘Tu sei matto’’».
A complicare la questione il fatto che l’autore delle immagini sia sempre più costretto a pensarci due volte prima di divulgare certi scatti. «Sa quanti insulti mi sono beccato per le mie foto?», ci dice Toscani ridendo. Sui social la discussione può farsi violenta, nei confronti non solo di chi ha scattato la foto, ma anche di coloro che ne sono «soggetto».
Un esempio può essere quello della giovane volontaria a Ceuta, costretta a chiudere i propri profili social dopo la pubblicazione dell’immagine in cui abbraccia un migrante. Troppi gli insulti, i commenti sessisti. «Quella povera ragazza rischia il linciaggio per strada: c’è gente pazza, che farebbe di tutto per non essere disturbata».
«Non disturbateci»
Il problema, secondo Toscani, è appunto questo: immagini simili «disturbano» la quiete delle persone. «Oggi vediamo tutto in diretta: in pochi secondi notizie e fotografie possono raggiungere tutto il mondo. Il fatto è che non ce ne importa nulla: la grande maggioranza delle persone non vuol essere disturbata. È un’accusa che hanno sempre rivolto anche a me: ‘‘Perché deve disturbare la gente?’’. Anche tra i giovani il problema più pressante è quanti follower si hanno, non quanti morti queste tragedie seminano», dice amareggiato.
«Tra cent’anni le persone guarderanno queste fotografie e si chiederanno: ‘‘Ma che gente era quella che viveva allora? Com’erano incivili’’. E come potremo difenderci noi di fronte alla realtà di queste immagini? Come spiegare la nostra inattività, noi che siamo qui e non facciamo nulla?».
E Toscani ricorda un altro tragico capitolo della storia recente: «Oggi abbiamo il coraggio di dire: ‘‘Se avessimo visto immediatamente le foto di Auschwitz, saremmo intervenuti’’. Io sono convinto che non si sarebbe fatto nulla, come non si fa nulla ora. L’unica cosa che interessa all’umanità sono i soldi: l’economia decide la nostra morale. Su di noi pende questa spada di Damocle e la vita della gente ormai non vale più nulla. Del resto, un Rolex nessuno lo lascerebbe sulla spiaggia ad arrugginire, quelli sono i benvenuti in tutto il mondo»,
«Bisogna avere più coraggio», secondo Toscani: «finché non ci sarà una libera circolazione dell’essere umano, il mondo non può essere civile. Viviamo ancora in una preistoria della civiltà. Dovremmo vivere in uno Stato di diritto, ma non è così: finché diritti e libertà non saranno garantiti a tutti, non potremo parlare di Stato di diritto. A queste persone non si vuole dare la nazionalità, non li si vuole lasciar circolare, avere il passaporto è difficile». E nessuno è innocente: «L’Italia se ne laverebbe volentieri le mani, ma bene o male è costretta ad averci a che fare, dato che la migrazione avviene verso le nostre spiagge. Gli altri Paesi in Europa, Svizzera inclusa, non li vogliono i migranti. Vorrei vedere se arrivassero a Lugano: se portassero milioni in banca sarebbero subito ben accetti, ma altrimenti...».
Un giudizio che arriverà
«Oggigiorno ci sono complottisti ovunque. No vax, coronascettici e così via. È giusto avere un senso critico rispetto a ciò che si vede e si sente, ma l’analisi di queste immagini porta a un’unica conclusione e cioè che la nostra è una società disumana. Un giorno ci sarà un nuovo processo di Norimberga: un Paese più civile dei nostri, o una comunità di Paesi più civili dei nostri, ci giudicherà. E noi non avremo argomenti in nostra difesa».