Relazioni

Belgrado, la finestra russa sull'Europa

Dall'inizio della guerra in Ucraina i cittadini della Federazione Russa hanno registrato oltre mille società in Serbia – Fra i trasferimenti eccellenti ci sono pure Yandex e Sputnik
Un manifestante scatta una foto dal suo cellulare «coverizzato» Putin durante una manifestazione pro-Russia a Belgrado. © EPA/ANDREJ CUKIC
Marcello Pelizzari
07.09.2022 12:00

A Belgrado, la vicinanza con la Russia non è un problema. Viene esternata, anche. Con striscioni e slogan davanti al parlamento serbo. Fra i due Paesi, d’altronde, esiste un legame forte, fortissimo. Che affonda le proprie origini nella storia e nei cosiddetti «valori comuni». L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca, se possibile, ha rafforzato questa intesa. Tant’è che molte aziende russe, nel bailamme generale provocato dalle sanzioni occidentali, si sono trasferite proprio nel Paese balcanico. Il Moscow Times ne cita una in particolare: Yandex, il gigante tecnologico.

«È colpa della NATO»

I numeri snocciolati dall’emittente serba Nova S e citati dal giornale sono eloquenti: dall’inizio della guerra, i cittadini russi hanno registrato oltre mille società a Belgrado e dintorni. Gran parte delle attività è legata al settore informatico. Molti, di riflesso, hanno potuto lasciare la Russia e trasferirsi in Serbia. Con, va da sé, un visto di lavoro. Fino a 50 mila cittadini della Federazione Russa, secondo le stime di Deutsche Welle, si sarebbero trasferiti da febbraio.

Il tutto, dicevamo, in un contesto «amico». Sei mesi dopo l’invasione, il sostegno alle politiche di Vladimir Putin rimane alto, se non altissimo. Lo stesso Putin, stando a un sondaggio, è il politico straniero più popolare in Serbia mentre oltre il 50% dei serbi ritiene che la NATO sia la principale responsabile di quanto accaduto in Ucraina.

E ancora: la Serbia, a differenza dell’Unione Europea e della Svizzera, non ha aderito alle sanzioni nei confronti di Mosca.

Si vola ancora

Ad agosto, il ministro dell’Interno serbo Aleskandar Vulin ha reso omaggio a Sergey Lavrov a Mosca. Durante l’incontro, Vulin ha sottolineato come la Serbia non abbia imposto sanzioni alla Federazione. Evitando quella che ha definito «l’isteria anti-russa».

La presenza di aziende russe in Serbia, evidentemente, offre al Cremlino uno sbocco sul mercato europeo chiuso a doppia mandata dalle citate sanzioni. Succede più o meno la stessa cosa in Turchia. Di più, lo spazio aereo serbo è aperto e i voli per Mosca e San Pietroburgo decollano e atterrano regolarmente.

Yandex, dicevamo, è forse l’azienda più grossa a essersi trasferita a Belgrado: il colosso tech ha aperto un ufficio per 700 dipendenti. Fra consegne a domicilio e taxi, ad ogni modo, il gruppo era già presente in Serbia. Bandita dall’Unione Europea, l’agenzia di stampa statala Sputnik ha trovato nuova linfa nella capitale serba. E, si mormora, presto potrebbe arrivare anche Russia Today.

Gli investimenti

La Serbia, dal canto suo, sta subendo forti pressioni da Bruxelles sulla – chiamiamola così – scelta delle parti. Aprendo ad attori mediatici che prediligono la disinformazione, e che già hanno svolto un ruolo cruciale nelle tensioni al confine con il Kosovo, Belgrado si è dimostrata quantomeno accomodante verso lo storico partner. Senza dimenticare gli investimenti, e sono tanti, di Mosca. Mesi fa scrivevamo della recente inaugurazione della tratta ferroviaria Belgrado-Novi Sad, parte dell’imponente progetto ad alta velocità Belgrado-Budapest. Bene, i lavori sono stati finanziati da due società cinesi e nientepopodimeno che dalle Ferrovie statali russe attraverso la holding RZD International. Amicizie pericolose? Non agli occhi dei serbi.

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