Lo scenario

Boom delle vacanze post-pandemia: fino a quanto durerà?

I viaggiatori, in Europa e negli Stati Uniti, sono sempre più protagonisti del cosiddetto «revenge tourism» – Ma le criticità non mancano, e dopo l'estate la domanda potrebbe frenare
© ALBERTO MORANTE
Marcello Pelizzari
17.06.2023 14:30

L’Economist le ha definite revenge holidays. Una vendetta, già. Perché a lungo, complice la pandemia, i viaggiatori sono rimasti a casa o entro i confini nazionali. E, di riflesso, ora c’è voglia di muoversi. Anche a fronte di rincari importanti. Le agenzie di viaggi sono inondate di richieste e prenotazioni. Gli alberghi stanno registrando profitti importanti mentre easyJet, compagnia low cost britannica, ha annunciato di aver alzato ben due volte le sue previsioni sugli utili. IATA, l’organizzazione mondiale dei vettori, non a caso ha previsto un utile netto di 9,8 miliardi per il 2023.

Quasi come prima

Non finisce qui. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale del turismo, in seno alle Nazioni Unite, gli arrivi di turisti nel mondo dovrebbero raggiungere il 95% dei livelli pre-pandemia. L’anno scorso, nel 2022, i flussi si erano fermati al 63%.

Finora, i prezzi elevati non hanno scoraggiato passeggeri e vacanzieri. I quali, secondo gli esperti, stanno prediligendo i viaggi ad altre spese discrezionali. Per spese discrezionali si intendono i costi non essenziali o non necessari. Della serie: meglio qualche giorno lontano da casa che un vestito nuovo o una cena al ristorante.

«Per l’intero bacino del Mediterraneo – aveva spiegato al CdT Stéphane Jayet, vicepresidente della Federazione svizzera di viaggi (FSV) – ci sono almeno tra il 10 e il 20% in più di richieste rispetto all’epoca pre-pandemia»

Le criticità

Tutto molto bello, direbbe Bruno Pizzul. Ma fino a quando durerà questo boom? Il settore dell’aviazione, in particolare, è confrontato a problematiche note. E limitanti. La carenza di personale aeroportuale, l’aumento del costo per il carburante, sistemi informatici per la gestione del traffico aereo fatiscenti, quantomeno negli Stati Uniti, e una domanda talmente alta, in generale, da risultare (quasi) ingestibile. Di qui i ritardi, le cancellazioni, spesso anche con un breve preavviso. E con conseguenze finanziarie devastanti. Il caos generato da Southwest Airlines, lo scorso dicembre, ha fatto perdere 800 milioni di dollari al vettore.

E ancora: fino a quando reggerà la citata domanda? Negli Stati Uniti, in particolare, a un’estate definita «gloriosa» potrebbe fare seguito un autunno molto più blando. Anche perché la Federal Reserve, stando agli analisti, presto o tardi tornerà ad alzare i tassi di interesse nel tentativo di frenare l’inflazione.

Non solo, è stata riscontrata, anche in Europa, una certa freddezza da parte dei turisti cinesi. Riformuliamo: dopo la pandemia e il lungo, lunghissimo periodo di restrizioni, non sono tornati o, meglio, sono tornati soltanto in parte. Preferendo mete più vicine come Macao e la Thailandia.

A proposito di Europa, a preoccupare sono i continui scioperi (ne avevamo parlato qui) o, ancora, i disservizi nei vari scali, Zurigo compreso, complice la citata mancanza di personale. Danni reputazionali e di immagine che, sul lungo periodo, potrebbero spingere alcuni viaggiatori a non partire al grido «ma chi me lo fa fare».

L'indebitamento

Certo, una frenata della domanda darebbe non pochi grattacapi a un settore, ad oggi, ancora fortemente indebitato a causa delle perdite accusate nel periodo pandemico e costretto, come detto, a far fronte a un generale aumento dei costi. Nel solo 2020, a livello globale, i vettori aerei hanno bruciato 138 miliardi di dollari mentre gli alberghi, più o meno ovunque, stanno faticando a trovare personale. La ripresa, forte ancorché fragile, considerando appunto il punto di partenza, potrebbe fare spazio alla realtà.

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