Cancellazioni, scioperi e disagi: ma la vera sfida è la decarbonizzazione
Da una parte le continue e ripetute cancellazioni di voli (tanto in Europa quanto negli Stati Uniti) complice la mancanza di personale a terra e nei cieli. Oltre agli scioperi. Dall’altra i nuovi orizzonti, il futuro, la speranza di una crescita sostenibile, ovvero ancorata agli obiettivi di decarbonizzazione. Sì, la pandemia ha lasciato – e sta tuttora lasciando – il segno. Ma l’aviazione c’è. Anzi, meglio: vuole esserci.
Le sfide del settore, martedì 7 giugno, sono state al centro del Paris Air Forum organizzato dal quotidiano economico La Tribune. Si è parlato tanto, e a lungo, di prospettive ed emissioni. Se è vero, dati alla mano, che il 95% degli abitanti del pianeta non ha mai volato prima e che, di riflesso, il bisogno di aerei per certi versi è infinito, è altrettanto vero che l’aviazione, ad oggi, è responsabile del 2,5% delle emissioni di CO2 su scala globale. Senza interventi significativi, entro il «famoso» 2050 la percentuale potrebbe salire fino al 9%. E questo perché, banalmente, il progresso tecnologico non sarebbe in grado di assorbire la crescita, inevitabile, del traffico.
Gli sforzi, per raggiungere le emissioni zero o la neutralità carbonica entro il 2050, come auspicato dall’Unione Europea, riguarderanno principalmente i combustibili.
Il carburante sostenibile
Il concetto da tenere a mente è quello di carburante per aviazione sostenibile o SAF, dall’inglese sustainable aviation fuel. È prodotto con materie prime sostenibili ed è molto simile, nella sua chimica, al tradizionale carburante fossile per aerei. L’utilizzo di SAF si traduce in una riduzione delle emissioni di carbonio. Alcune materie prime tipiche utilizzate sono olio da cucina, rifiuti solidi provenienti da abitazioni e aziende, come imballaggi, carta, tessuti e avanzi di cibo, che altrimenti andrebbero in discarica o incenerimento. Altre potenziali fonti includono i rifiuti forestali, come gli scarti di legno, e le colture energetiche, comprese le piante e le alghe a crescita rapida. Questo carburante offre un’impressionante riduzione fino all’80% delle emissioni di carbonio rispetto all’alternativa tradizionale.
Mica male, non a caso le implementazioni sono già cominciate e la stessa UE ha già fissato dei paletti. L’incorporazione di SAF dovrà essere del 5% nel 2030, del 20% nel 2035 e del 63% nel 2050.
Se le tecnologie sono al passo con i tempi, i volumi di produzione di carburante sostenibile – ad oggi – sono ancora troppo bassi. Un dato su tutti: la Francia produce circa 300 mila tonnellate di SAF mentre il consumo annuale mondiale di cherosene è stimato in 300 milioni di tonnellate. Per tacere dei limiti, naturali, delle materie prime e dei costi, decisamente più alti se paragonati a quelli del cherosene. Tradotto: i biglietti aerei sono destinati ad aumentare, proprio per sostenere questa transizione.
Il prezzo del biglietto
La domanda, a questo punto, è scontata: è giusto che a pagare sia il passeggero? Il cherosene, oggi, incide nella misura del 25% sul prezzo del biglietto. L’aumento di prezzo potrebbe sfiorare il 50%, in prospettiva. Il che, di riflesso, potrebbe pure favorire una sorta di autoregolamentazione del settore. Della serie: la gente continuerà a prendere l’aereo, ma lo farà in maniera più ragionata.
Detto dei biglietti, che aumenteranno, è interessante notare come i carburanti sostenibili, al momento, in Europa non godano di sussidi pubblici. Una differenza sostanziale con gli Stati Uniti, dove il SAF è sostenuto dalla spesa pubblica e, grazie a ciò, costa solo il 10% in più del cherosene.
Non finisce qui, perché la produzione di SAF è legata a doppio filo ai consumi di elettricità. «Per produrre 100 milioni di tonnellate di SAF sono necessari due terawatt di energia elettrica rinnovabile, ovvero due terzi della produzione mondiale di energia elettrica rinnovabile oggi» ha sottolineato Patrick Pouyanné, l’amministratore delegato di Total Energies. È irragionevole, insomma, pensare che l’aviazione fagociti tutta questa energia per sostenere il suo business.
E l'idrogeno?
C’è, infine, la spinta dei costruttori. Ovvero di chi, gli aerei, li progetta e li assemblea. Airbus, il primo produttore di aerei civili al mondo per numero di consegne, come avevamo scritto tempo fa è al centro di questo cambiamento. Grazie a un programma ambizioso, e di riflesso costoso, denominato ZEROe, incentrato sul cosiddetto idrogeno verde. Quello, citiamo dai manuali, che si ottiene attraverso l’elettrolisi dell’acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili. L’unico pulito, per farla breve.
A proposito di SAF, concludendo, allo stato attuale gli aerei Airbus sono certificati per volare con il 50% di carburante sostenibile. Entro la fine del decennio, l’obiettivo è raggiungere la certificazione per il 100%.
Ma la strada verso la completa decarbonizzazione, pare di capire, è ancora lunga, anzi lunghissima.