Il racconto

Cecilia Sala: «Sono stata fortunata a rimanere in carcere solo 21 giorni»

Ospite di Fabio Fazio a «Che tempo che fa», la giornalista italiana ha raccontato quanto le è successo nel carcere di Evin – «In Iran condizioni durissime, un cittadino svizzero si è suicidato»
© Warner Bros. Discovery/Nove
Red. Online
19.01.2025 21:00

«Stai riuscendo a dormire?». Dopo l'abbraccio a Cecilia Sala, ospite di Che tempo che fa sul Nove, Fabio Fazio formula una prima, primissima domanda. Apparentemente semplice, ma carica di significato considerando quanto vissuto dalla giornalista italiana, detenuta per ventuno giorni in Iran, nel terribile carcere di Evin, con l'accusa generica di aver violato le leggi iraniane. «Aiutata, sì» ha risposto Sala, con emozione altissima. «Sono stata fortunata a stare dentro solo ventuno giorni e, quindi, il recupero per me è stato più rapido di molte altre persone nella mia condizione» ha aggiunto. «Ero sicura che sarei rimasta più a lungo, questa d'altro canto è stata l'operazione più rapida dagli anni Ottanta mentre io conoscevo gli altri casi. Sapevo che ventuno giorni non erano molti. Le ultime sere, quando sono arrivate le lenti a contatto, un libro e una compagna di cella, ho pensato ''okay, posso stare qui anche di più''». 

Il racconto di Cecilia Sala è vivo, anzi vivissimo. Mai, finora, aveva parlato in televisione della sua liberazione, avvenuta lo scorso 8 gennaio. Ne aveva discusso nel suo podcast, Stories, curato per Chora Media. Allora, aveva raccontato del suo fermo, avvenuto a Teheran il 19 dicembre, e della sua liberazione, il risultato di una triangolazione diplomatica fra Roma, Teheran e Washington. Cecilia, sollecitata da Fazio, si è soffermata sul libro consegnatole in cella: «Il libro che mi hanno portato era Kafka on the shore di Murakami, lo hanno scelto loro. Io avevo chiesto il Corano in inglese perché sarebbe stato complicato stare da sola in una cella come quella, ma mi era stato negato e ho passato il tempo a contarmi le dita, leggere gli ingredienti sulla busta del pane. I rumori che arrivavano dal corridoio erano strazianti, la telefonata che ha fatto capire alla mia famiglia come stessi è stata quella in cui ho detto al mio fidanzato Daniele Raineri che avevo paura per la mia testa».

E il fermo? «Il prelievo è avvenuto in camera d'albergo» ha detto la giornalista. «Stavo lavorando. Da quel momento non ho potuto fare nulla, come una chiamata all'ambasciata. Il giorno dopo ho potuto fare tre telefonate per giustificare la mia sparizione. Pur essendo in auto e bendata, ho capito dal traffico e dalla strada che la meta potesse essere il carcere».

A Fazio, Sala ha riferito pure dei momenti più difficili. Come i lunghi interrogatori, di spalle e incappucciata: «L'ultimo interrogatorio prima della mia liberazione, annunciata al mattino dell'8 gennaio, mi hanno interrogato per dieci ore di seguito con brevi pause e incappucciata. C'è stato un momento in cui sono crollata, mi hanno dato una pasticca per calmarmi. Mi interrogava sempre la stessa persona che parlava inglese e, dalle domande che facevo, capivo che conosceva bene l'Italia. Erano persone colte.  Erano persone colte. Non mi hanno mai fatto male, non mi toccavano nemmeno, mi portavano in giro con un bastone perché non li toccassi. Quando mi hanno liberata pensavo volessero portarmi da un'altra parte, perché non si fidavano a lasciarmi lì. All'aeroporto militare, quando mi tolgono la benda e vedo un uomo che non poteva non essere italiano, ho fatto il sorriso più bello della mia vita».

Sala ha fatto riferimento altresì al cittadino svizzero «che si è suicidato in carcere», sempre in Iran, a conferma delle condizioni difficilissime cui è stata confrontata. E ancora: «Ho capito che ero un ostaggio quando mi hanno detto che era morto Jimmy Carter, il presidente della crisi degli ostaggi, ed è l'unica notizia dall'esterno che mi hanno dato. Lì ho capito che il messaggio era quello, che ero un ostaggio». Che cosa le ha dato la forza, in quei momenti? «Ho pensato alle cose belle, bellissime della mia vita e all'idea che le avrei riavute». Infine, una promessa: «Se tornerò in Iran? Finché c'è la Repubblica Islamica no» ha concluso Cecilia Sala. 

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