L'anniversario

C'era una volta la Cecoslovacchia

Il 31 dicembre del 1992 lo Stato fondato sulle ceneri dell'Impero austro-ungarico cessava di esistere, dando vita alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia – A distanza di trent'anni i due Paesi si considerano «migliori amici» ma tensioni e nostalgie non mancano
La statua di Tomas Garrigue Masaryk, fondatore e primo presidente della Cecoslovacchia, domina il panorama di Praga. © Shutterstock
Marcello Pelizzari
01.01.2023 11:00

Ieri, 31 dicembre, ricorreva un anniversario particolare: trent’anni fa, infatti, la Cecoslovacchia cessava di esistere. Una rottura in piena regola, se vogliamo, con la Repubblica Ceca da una parte e la Slovacchia dall’altra. Uno dei rari casi in cui uno Stato si è diviso senza spargimenti di sangue e vittime. Oggi, i due Paesi sono in rapporti amichevoli. Anche se, in alcuni, permane una sorta di rimpianto: «Ma un tempo siamo stati felici insieme», volendo parafrasare Inception.

La Morava

Intervistato dalla BBC, Filip Svrcek ha ripercorso quei giorni concitati e carichi di curiosità. Nel 1992, aveva appena undici anni. Era eccitato, in parte confuso, forse spaventato. Oggi vive in Cechia, a Hodonin, lungo la Morava, dove gestisce un club di canottaggio e dove «scorre» il confine con la Slovacchia. «Dall’altra parte c’è la Slovacchia, sì, ma per noi è quasi lo stesso posto» dice senza esitazioni. I soli problemi con il vicino, prosegue, sono con i pescatori. «Per me, tutto è rimasto uguale. Amici, lingua. Tutto era ed è uguale».

A Hodonin, presso il museo cittadino, attualmente c’è una mostra dedicata a Tomas Garrigue Masaryk, passato alla storia per essere stato il fondatore e primo presidente della Cecoslovacchia alla fine della Prima guerra mondiale. Figlio di un cocchiere slovacco e di una cuoca morava, entrambi al servizio della corte imperiale, Masaryk – proprio come Svrcek e molti altri – era perfettamente a suo agio su entrambe le sponde del fiume. E questo nonostante, a ogni attraversata, tecnicamente passasse dal Magraviato di Moravia al Regno di Ungheria, sempre sotto l’egida dell’Impero austro-ungarico.

Chissà che cosa direbbe, oggi, Masaryk vedendo che lo Stato comune per cechi e slovacchi – sorto dalle ceneri dell’Impero, nel 1918 – non esiste più da trent’anni. Smembrato, dopo 75 anni, tanto dai politici cechi quanto da quelli slovacchi. Secondo gli esperti, se fosse successo durante la sua vita ci sarebbe stato, quantomeno, un acceso dibattito.

L'inno a metà

Un dibattito di sicuro più intenso rispetto a quello che precedette la decisione del 1992, con una divisione pacifica (e silenziosa) della Cecoslovacchia in due Stati. Senza referendum.

Detto di ciò che unisce, c’è molto che, a maggior ragione dopo trent’anni dalla citata divisione, separa Cechia e Slovacchia. Gli slovacchi, per dire, hanno abbracciato senza esitazioni l’euro quale moneta, mentre i cugini cechi hanno mantenuto, forse con testardaggine, le loro corone. «Ma niente ci ha diviso, in realtà» sostengono in tanti.

La BBC, al riguardo, porta l’esempio di Miroslav Milota, membro di un ensemble folk che da oltre quarant’anni fa il pendolare per lavoro fra Holic, in Slovacchia, dove vive, e Hodonin. «Ricordo quel Capodanno, nel 1992. Ricordo che cantammo l’inno cecoslovacco: entrambe le parti, la strofa ceca e poi quella slovacca. Fu emozionante». E ancora: «Ci rendemmo conto che, da quel momento in poi, avremmo cantato solo la nostra metà. Quindi non sapevamo davvero che cosa sarebbe successo: come sarebbe stato diviso tutto il resto, non solo l’inno».

La stessa BBC ricorda come nel dicembre del 1992, in tutta la Cecoslovacchia, a prevalere fossero un senso di incertezza e molto, moltissimo nervosismo. Oggi, appunto, cechi e slovacchi vengono definiti dai più «migliori amici». In profondità, fra i ricordi e la nostalgia, c’è un legame che il 1992 non ha mai spezzato. Oltre, come detto, a un pizzico di rimpianto per ciò che non c’è più. Circa il 53% degli slovacchi e il 35% dei cechi, stando a un recente sondaggio, ritengono che la divisione della Cecoslovacchia fu un errore.

«Posso parlare per te»

Anche a livello politico la condivisione di valori è pressoché totale. All’ultimo vertice europeo della presidenza ceca del Consiglio dell’Unione Europea, il 15 dicembre, il primo ministro slovacco Eduard Heger non ha potuto partecipare poiché impegnato in un importante voto di fiducia a Bratislava. Nessun problema, visto che a rappresentarlo c’era l’omologo ceco Petr Fiala. Per quanto insolito, nessuno ha sollevato polemiche né ha alzato il sopracciglio, proprio per l’estrema vicinanza delle due nazioni.

«Non dobbiamo dimenticare che la divisione della Cecoslovacchia non fu solo pacifica, ma insolitamente cordiale», ha detto lo stesso Fiala sottolineando i rapporti tra i due Paesi. Eccezionali anche tra persone e imprese. «Il nostro rapporto dimostra che la creazione di due Stati indipendenti fu la mossa giusta». Politici e diplomatici slovacchi concordano. Il ministro degli Esteri slovacco Rastislav Kacer, di recente, ha ripensato con affetto al periodo trascorso come ambasciatore del suo paese nella Repubblica Ceca: «È un grande privilegio essere ambasciatore slovacco a Praga. Sei un re diplomatico. Altri ambasciatori vengono da te e dicono: nessuno capisce la politica ceca come te, spiegacela».

Gli scambi fra i due Paesi sono la regola, insomma. I cittadini slovacchi possono studiare gratuitamente in Cechia. E viceversa. Una possibilità, questa, facilitata dal fatto che le due lingue sono mutuamente comprensibili. Oltre 25 mila studenti slovacchi studiano nella Repubblica Ceca: rappresentano il 10% di tutto il corpo studentesco. Il numero di studenti cechi in Slovacchia, invece, è inferiore complice la scarsa considerazione di cui godono le università slovacche. Fronte lavoro, migliaia di medici e infermieri slovacchi lavorano nella Repubblica Ceca.

Tutto bene? Non proprio tutto

Il rapporto speciale, detto ciò, è stato messo a dura, durissima prova negli ultimi mesi. A causa, secondo i maligni, dell’Unione Europea. La prima, grande crisi fra Cechia e Slovacchia risale al 29 settembre del 2022, quando Praga ha deciso di reintrodurre controlli al confine con il vicino.

Fra i motivi della decisione, il netto numero di ingressi illegali nel Paese proprio attraverso la Slovacchia. Bratislava, a tal proposito, si è sempre rifiutata di riprendere i migranti fermati dalla polizia ceca in conformità, a suo dire, con l’accordo di riammissione dell’UE. Non solo, la decisione aveva scatenato anche le proteste dei camionisti slovacchi.

Un quadro, quest’ultimo, che getta un’ombra sinistra sull’anniversario della separazione.