ChatGPT e le immagini in stile Studio Ghibli: siamo diventati tutti artisti?

Ohibò, all’improvviso siamo diventati tutti artisti? No, nella maniera più assoluta. L’impressione, tuttavia, è quella. Grazie, manco a dirlo, all’ultimo aggiornamento di ChatGPT e, di riflesso, a un sensibile miglioramento della sua tecnologia di generazione delle immagini. I social, tutti i social, in pochissimo tempo sono stati invasi da versioni ghiblizzate di qualsiasi cosa: la foto del proprio matrimonio, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, quel meme che tanto ci ha fatto sorridere in passato. E via discorrendo. Perfino Sam Altman, co-fondatore e amministratore delegato di OpenAI, ha ceduto alla tentazione modificando la sua foto profilo su X.
Parentesi: l’aggettivo ghiblizzato si riferisce allo Studio Ghibli, ovvero allo studio di film d’animazione giapponese fondato oramai quarant’anni fa a Tokyo da Hayao Miyazaki, Isa Takahata, Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma. All’improvviso, dicevamo, chiunque ha potuto cimentarsi nell’arte dei maestri. Per giunta, senza sforzo alcuno ma, banalmente, dando le necessarie istruzioni alla «macchina». Una rivoluzione? No, nella maniera più assoluta. Ma la svolta pone seri interrogativi, a cominciare dalla questione delle questioni: il diritto d’autore. Per tacere del fatto che, a proposito di sforzi, i capolavori di Miyazaki, fra gli altri, necessitano di tempo, pazienza, precisione e un lavoro manuale – è proprio il caso di dirlo – d’altri tempi. Quanto alle rivisitazioni, emerge altresì un discorso prettamente etico: perché usare le capacità di ChatGPT per ghiblizzare, ad esempio, l’attacco alle Torri Gemelle del 2001?
Fatte le dovute premesse, è interessante affrontare – in parallelo – pure l’aspetto propriamente tecnico della vicenda. L’update di GPT-4o, a giusta ragione, è stato definito come «un salto quantico» per la generazione di immagini con l’intelligenza artificiale. Soprattutto se pensiamo che, nemmeno due anni fa, il mondo intero si stupiva del famoso Papa con il Mon Clero. Un’immagine, quella, che vista oggi fa quasi sorridere tanto è goffa e palesemente falsa. Nell’imitare lo Studio Ghibli, tornando al presente, ChatGPT ha stupito anche i critici più schierati. Gli errori, davvero, sono ridotti al minimo mentre i colori pastello, il tratto e le atmosfere immaginifiche richiamano, inevitabilmente, proprio Miyazaki e gli altri. Per questo, soprattutto per questo le immagini ghiblizzate hanno conquistato, in men che non si dica, una viralità senza precedenti. L’arte generata con l’intelligenza artificiale e ispirata allo Studio Ghibli aveva già fatto capolino, con ripetute ondate, in passato, ma – per dirla con il New York Times – mai con questa precisione e con questa affidabilità. Fino a sembrare, a un occhio certo non allenato ma comunque capace di discernere il bello dal brutto, originali.
Il mondo dell’arte, visto l’andazzo, è legittimamente preoccupato. Lo stesso Miyazaki, in un documentario del 2016 tornato alla ribalta in questi giorni, definiva l’intelligenza artificiale «un insulto alla vita stessa». Nel 2024, scrive sempre il New York Times, un gruppo di oltre 10 mila attori e musicisti, fra cui Julianne Moore e Thor Yorke dei Radiohead, aveva firmato una lettera aperta che, in estrema sintesi, si scagliava contro l’uso di opere creative protette da copyright per allenare i modelli di intelligenza artificiale, incluso ChatGPT. Nel frattempo, OpenAI ha stretto le viti, forse per evitare grane legali con lo stesso Studio. Introducendo, nello specifico, non poche restrizioni circa che cosa è permesso chiedere e che cosa no. Tradotto: non si può (più) ghiblizzare tutto, anche se – al grido «fatta la legge trovato l’inganno» – gli smanettoni più esperti riescono ancora generare qualsiasi cosa.
OpenAI, prima della citata stretta, ha spiegato che il suo modello può replicare «lo stile di uno studio» ma non quello di «singoli artisti viventi». Una distinzione di per sé contraddittoria, proprio perché Miyazaki è vivo. La situazione, insomma, è intricata e, al contempo, delicata. C’è chi, nel vedere così tante immagini ghiblizzate, ha parlato di un omaggio globale allo Studio Ghibli – chi, d’altro canto, non si è innamorato dello stile fiabesco? – e chi, invece, ha sollevato appunto la questione dei diritti d’autore e di che cosa stiamo facendo (o non facendo) per difendere la creatività umana. Il portale Fumetto Logica, concludendo, ha spiegato che ci troviamo in una zona grigia del copyright. Lo stesso hanno detto i legali statunitensi intervistati in questi giorni dai media americani: se è vero che lo stile artistico, di per sé, non è protetto, diciamo non in maniera esplicita, è altrettanto vero che per addestrare ChatGPT sono state utilizzate una quantità enorme di immagini dello Studio. Il cui stile evoca la meraviglia dell’immaginazione, mentre in questo caso specifico siamo di fronte a una sorta di meraviglia dell’emulazione.