Che cosa pensa, davvero, la Russia di Hamas e Israele?
Come ha reagito la Russia all'attacco terroristico di Hamas e, parallelamente, alle operazioni militari di Israele a Gaza? In maniera tiepida. Molto tiepida, al di là delle parole di Vladimir Putin. Un tentativo, più o meno maldestro, di mantenere una cosiddetta neutralità. Un atteggiamento che, invero, ha irritato e non poco lo Stato Ebraico.
Innanzitutto, lo stesso Putin non ha condannato le azioni del gruppo militante palestinese. Ha semplicemente espresso preoccupazione per il «catastrofico aumento» del numero di civili uccisi. Né, spiega il Moscow Times, ha offerto le sue condoglianze al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Un amico, fra l'altro, agli occhi del leader del Cremlino. Martedì, nel commentare pubblicamente quanto accaduto, Putin ha accusato apertamente Washington. Spiegando, fra le altre cose, che gli Stati Uniti hanno perseguito per troppo tempo una politica pro-Israele. Contro gli interessi della Palestina. Secondo quanto riporta il quotidiano indipendente russo, il Cremlino avrebbe pure istruito i propri funzionari al grido «fate come Putin». E, quindi, accusate l'America.
Quella voglia di mediazione
Russia e Israele, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, hanno mantenuto relazioni strette e importanti. Rafforzate dal fatto che in Russia viva la settima comunità ebraica al mondo – di cui avevamo parlato nel luglio del 2022 – ma anche dalla consapevolezza, fronte israeliano, che Mosca ha forti interessi nella regione. È presente in Siria. E, manco a dirlo, ha legami saldi con l'Iran. Si spiega anche così l'atteggiamento di Israele nei confronti dell'Ucraina, diciamo così attendista.
Il Cremlino, venendo alla questione palestinese, non ha mai nascosto le proprie aspirazioni. In particolare, la Russia vorrebbe favorire una sorta di unità interpalestinese fra Hamas e l'Autorità Palestinese, fortemente indebolita proprio dalla presenza di Hamas. Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, delegazioni del gruppo militante palestinese hanno visitato Mosca più e più volte. Le posizioni russe, evidentemente, contrastano quelle occidentali o, meglio, quella americana. Con Washington che, da sempre, è il primo sponsor di Israele.
L'antisemitismo nella narrazione russa
Dicevamo della guerra in Ucraina. L'invasione dell'esercito di Mosca ha creato fratture evidenti nei rapporti fra Mosca e Israele. Lo Stato Ebraico, è vero, non si è mai unito agli alleati occidentali a livello di sanzioni o fornitura di armi a Kiev. Eppure, pubblicamente ha sostenuto con forza l'Ucraina. Il leader dell'opposizione Yair Lapid, anche durante il suo brevissimo mandato come primo ministro, ha condannato le azioni della Russia. Lo stesso hanno fatto altri esponenti politici. Con conseguente irritazione del Cremlino.
Israele, a sua volta, ha notate un crescente antisemitismo da parte russa. Fra gli episodi più forti e controversi, in questo senso, citiamo le terribili frasi di Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, secondo cui Adolf Hitler potrebbe aver avuto «sangue ebraico». Un tentativo, sinistro, di dipingere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ebreo, come un nazista. Per quanto Putin, di suo, non sia antisemita è evidente che, non appena Israele ha mostrato il suo sostegno a Kiev, la narrazione russa si è «arricchita» di esternazioni anti-Israele e, appunto, antisemite.
La doppia guerra
Le relazioni israelo-russe, detto ciò, hanno subito un rallentamento anche a causa dell'avvicinamento, crescente, del Cremlino all'Iran. Un Paese che sostiene apertamente Hamas e non ha mai nascosto la propria volontà di annientare lo Stato Ebraico. Considerando le sanzioni e l'isolamento sempre più marcato imposto dall'Occidente, Mosca ha rafforzato e sta rafforzando le alleanze con quello che, molto grossolanamente, potremmo definire sud del mondo. Un gruppo che, se la Russia prendesse posizioni pro-Israele, si allontanerebbe dal Cremlino.
Resta da capire, a questo punto, che ne sarà della tanto decantata, a suo tempo, amicizia fra Putin e Netanyahu. Il quale, anche nella sua biografia pubblicata l'anno scorso, aveva sottolineato la sua vicinanza con il presidente russo. Di cui ha sempre apprezzato la durezza. A prescindere da ciò, gli analisti concordano nell'affermare che difficilmente la Russia potrà fungere – davvero – da mediatore del conflitto. Soprattutto se al tavolo non ci saranno gli Stati Uniti. L'attesa visita di Zelensky in Israele e quella, prevista, del presidente palestinese Mahmoud Abbas a Mosca dovrebbero chiarire una volta per tutte, stando al Moscow Times, quali sono le alleanze in entrambe le guerre.
Una vittoria, quantomeno, la Russia sembrerebbe averla già ottenuta: l'attenzione del mondo, temporaneamente, si è spostata dal conflitto in Ucraina. Non solo, se la crisi in Medio Oriente dovesse perdurare, c'è anche il rischio che la fornitura di armi a Kiev possa subire rallentamenti. Con tutte le conseguenze del caso. Detto del Cremlino, a livello popolare l'attacco di Hamas ha spinto molti cittadini russi a lasciare fiori o improvvisare memoriali davanti alle sedi diplomatiche israeliane o alle sinagoghe in tutto il territorio della Federazione.