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Che cos'è il Manifesto di Ventotene citato da Giorgia Meloni

Stanno facendo molto discutere le parole e le citazioni della premier di ieri alla Camera: «Non mi è chiarissima neanche la vostra idea di Europa»
©Roberto Monaldo
Red. Online
20.03.2025 12:00

«Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia». La frase appartiene alla premier italiana Giorgia Meloni che, ieri alla Camera, ha citato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene a margine della discussione sulle comunicazioni in vista del Consiglio Europeo. Meloni si è rivolta alle opposizioni e, come riferiscono le cronache, ha provocato un acceso dibattito in aula. «Non mi è chiarissima neanche la vostra idea di Europa, perché nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: spero non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa».

Meloni ha fatto riferimento al testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, un ex comunista espulso dal partito per aver criticato i processi farsa del Terrore staliniano, ed Ernesto Rossi, un militante del movimento Giustizia e Libertà. La presidente del Consiglio ha citato alcuni passaggi del documento, il cui titolo originale era Per un'Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto, che a suo tempo intendeva promuovere l'unità politica europea. Il primo passaggio citato: «La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista». Quindi quello sulla proprietà privata, che «deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio». Una frase, questa, di per sé decontestualizzata dal momento che Spinelli e Rossi, alcune frasi prima, criticavano proprio la collettivizzazione socialista: «La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita e tollerata solo in linea provvisoria quando non se ne possa proprio fare a meno». Non solo, nel Manifesto è contenuto pure un invito agli imprenditori che, «sentendosi capaci di nuove iniziative, vorrebbero liberarsi dalle bardature burocratiche e dalle autarchie nazionali». Di più, Spinelli e Rossi hanno bocciato la prospettiva comunista, destinata a generare «un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell’economia».

Meloni, dicevamo, ha estrapolato diversi passaggi. Un altro: «Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente». Di nuovo: «Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni». Altro giro, altra citazione: «La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria». Frasi, queste, che hanno scatenato una vera e propria bagarre in aula. Lorenzo Fontana, il presidente della Camera, ha provato, invano, a sedare gli animi. Sempre Meloni: «Il partito rivoluzionario attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno a esso la nuova vera democrazia».

Spinelli e Rossi idearono un progetto di unità europea nel 1941, quando entrambi erano stati confinati a Ventotene, un'isola del Mar Tirreno situata al largo della costa al confine tra Lazio e Campania, per essersi opposti al regime fascista. Frutto di riflessioni sviluppate durante la «guerra dei trent'anni, il periodo cioè che dal 1914 al 1945 sconvolse l'intera Europa, il Manifesto fu interpretato, subito, come un cambio di paradigma. Oggi, viene ricordato come uno dei testi fondanti dell'Unione Europea, proprio perché nato con l'idea europeista di una rivoluzione democratica che potesse abbracciare l'intera Europa attraverso la creazione di una federazione europea ispirata ai principi di pace e libertà. 

Se è vero che i passaggi citati ieri in aula da Meloni, legati a loro modo all'idea di una rivoluzione socialista, sono fuori dal tempo, è più che mai attuale l'idea della nascita di uno Stato federale, con un proprio esercito e, citiamo, «con organi e mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli Stati federali le sue deliberazioni dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli».

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