Che cos'è il valico di Kerem Shalom e perché non lo si può attraversare?
«Il valico di Rafah, da solo, non basta a soddisfare i bisogni dei palestinesi sfollati». È partendo da questo presupposto che, nelle scorse ore, il governo degli Stati Uniti ha iniziato a esortare Israele affinché tenga aperto il suo confine con la Striscia di Gaza a Kerem Shalom. Un valico di frontiera di cui fino ad ora si era parlato poco, ma che tendenzialmente, prima del 7 ottobre, veniva attraversato dai camion che trasportano merce tra Gaza e l'Egitto. Anche se, con le dovute eccezioni: già in passato, questa frontiera era finita nel mirino di attacchi missilistici e scontri. E ora, con l'inizio del conflitto, di nuovo, lo scenario è stato lo stesso.
Due mesi fa, Kerem Shalom (vicino al quale si trova l'omonimo kibbutz, il cui nome significa "vigna della pace") era infatti finito nel mirino degli attacchi di Hamas, al punto da portarne alla chiusura il 10 di ottobre. Ora, però, la situazione potrebbe ribaltarsi. Le pressioni per tenere aperto il valico sono sempre più insistenti. Ma riuscire a utilizzare il confine per far entrare nella Striscia un numero maggiore di aiuti umanitari potrebbe essere più complicato di quanto si possa immaginare. Vediamo perché.
Da una parte, tenere aperto questo confine potrebbe certamente contribuire in maniera positiva. Basti pensare che ieri, per la prima volta dall'inizio della guerra, grazie all'apertura di questo valico sono entrati a Gaza ben 180 camion. Altri 200, invece, carichi di aiuti umanitari, medici e alimentari, hanno fatto tappa a Kerem Shalom per essere ispezionati. Salvo poi essere «rispediti» al valico di Rafah, che avrebbero dovuto attraversare per entrare, a tutti gli effetti, nelle zone devastate dalla guerra.
Ed è proprio questo, insomma, il problema. Secondo quanto riporta Al Jazeera, Israele ha confermato di aver intenzione di istituire nuovi posti di controllo per i camion di aiuti umanitari diretti nella Striscia di Gaza. Tuttavia, il loro accesso a Gaza continuerà a essere consentito solo attraverso il valico di Rafah. Ma per quale motivo?
Partendo dal principio, sempre secondo quanto rivela il portale, i punti di ispezione nei valici di confine «dovrebbero aiutare, almeno in teoria». Questo perché, a tutti gli effetti, è necessario che tutti i camion si sottopongano alle procedure di sicurezza necessarie, prima di varcare il confine. Oltre a quello di Kerem Shalom, infatti, controlli simili stanno già avvenendo anche al valico di Nitzana.
Tuttavia, c'è un però. Dopo essere stati ispezionati, i camion, come abbiamo visto, sono costretti a interrompere la loro corsa. O, per meglio dire, a fare inversione. E a tornare verso Rafah. Questo avverrebbe - rivela ancora una volta Al Jazeera - perché «alcune persone all'interno del governo israeliano non vogliono vedere camion che viaggiano da Israele a Gaza trasportando aiuti umanitari». Un punto su cui non è ancora stata fatta, completamente, chiarezza. Tuttavia, che sia questa la ragione per cui i mezzi vengono deviati o meno, quello che non cambia è il sovraffollamento a Rafah. Che, non riuscendo a processare un numero così elevato di camion, influenza il ritmo e la velocità con cui gli aiuti riescono a entrare, a tutti gli effetti, a Gaza.
Attualmente, infatti, attraverso Rafah riescono a passare solo 100 camion al giorno. La metà, rispetto alla quota minima di 200 mezzi che, secondo le Nazioni Unite, dovrebbe arrivare a Gaza per soddisfare i bisogni primari della popolazione. Basti pensare che prima della guerra, il numero di camion che entrava a Gaza era pari a 500.