Che cos'è la legge «Don't Say Gay»?
Negli Stati Uniti, ma non solo, ha trovato ampio spazio sui media e nel dibattito pubblico. Parliamo della controversa legge approvata in Florida e ribattezzata «Don’t Say Gay». Promossa dal partito repubblicano, è diventata realtà lunedì con la firma del governatore Ron DeSantis. Uno dei possibili candidati alla Casa Bianca nel 2024. Ma di che cosa si tratta, nello specifico? Proviamo a fare chiarezza.
Di che cosa parliamo?
La legge vieta l’istruzione sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere dalla scuola materna fino alla terza elementare. A detta dei repubblicani, dovrebbero essere gli stessi genitori ad affrontare questi argomenti con i bambini. I democratici, per contro, ritengono che la legge demonizzi le persone LGBTQ e, peggio, le escluda dalle lezioni.
In sostanza, gli insegnanti non potranno discutere l’orientamento sessuale e l’identità di genere perché, banalmente, sono discorsi «non adeguati all’età» e neppure «appropriati» allo sviluppo degli studenti.
Il disegno era stato approvato dalla Camera e, lo scorso 8 marzo, aveva superato pure lo scoglio del Senato. Quindi, come detto, è giunta la firma di Ron DeSantis. Logico, visto che la proposta giungeva dalla sua ala politica.
Con un incredibile esercizio di equilibrismo Joe Harding, colui che ha presentato la legge, ha allontanato la parola censura: «Si tratta solo di mantenere i genitori al corrente, di coinvolgerli su quanto sta succedendo con l’istruzione dei loro figli».
Politichese puro, secondo le voci più critiche. Anche perché, di fatto, questa legge permette alle autorità di controllare cosa va insegnato e cosa no ai bambini della Florida.
DeSantis, durante la cerimonia della firma, si è spinto oltre indicando un esempio di materiale didattico inappropriato: «The Genderbread Person», un progetto sviluppato per aiutare gli studenti a districarsi fra sesso anatomico, espressione di genere, identità, attrazione sessuale e romantica.
Per DeSantis, The Genderbread Person «sta cercando di seminare dubbi nei bambini sulla loro identità di genere». E ancora: «Sta cercando di dire loro che possono essere ciò che vogliono essere. È inappropriato per i bambini della scuola materna, di prima e seconda elementare. I genitori non vogliono che questo accada nelle loro scuole».
Perché gli insegnanti hanno paura?
Sul fronte opposto, quello democratico, il timore è che vietare lezioni sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale possa contribuire all’emarginazione delle persone LGBTQ. Per questo la legge è stata subito ribattezzata «Don’t Say Gay». I repubblicani, di rimando, hanno criticato questa definizione e, già che c’erano, accusato i media per averla adottata.
Il linguaggio della legge sarebbe pure (volutamente?) troppo vago. Al punto che gli insegnanti, di fronte ad affermazioni come «adeguato all’età» o «appropriato per lo sviluppo», potrebbero evitare del tutto discorsi su identità e genere. Anche oltre le elementari. E questo per paura di essere citati in giudizio.
De Santis e il commissario per l’istruzione della Florida, Richard Corcoran, hanno tuttavia chiarito che non vi saranno derive né incomprensioni.
Quali altri aspetti tocca la legge?
Fra gli altri aspetti più o meno controversi della legge c’è l’obbligo, da parte dei distretti, di informare i genitori in merito ai servizi sanitari offerti nelle scuole.
I distretti saranno pure tenuti a informare i genitori di eventuali cambiamenti nel monitoraggio della salute mentale, emotiva o fisica di uno studente.
Secondo i repubblicani, la legge ha quale unico scopo una migliore informazione istituto-famiglie.
Una logica simile, la settimana scorsa, aveva spinto DeSantis a firmare un altro disegno di legge che dà ai genitori voce in capitolo sui libri da tenere nelle biblioteche scolastiche.
Che cosa c'entra la Disney?
I gruppi di difesa dei diritti LGBTQ hanno accennato a un’azione legale, ma al momento non c’è nulla di concreto. La legge è stata aspramente criticata, in particolare – rimanendo alla Florida – dai dipendenti della Disney. L’azienda ha creato un vero e proprio cortocircuito: da una parte si è sempre battuta per l’inclusione e continua a farlo; dall’altra, invece, sostiene attraverso finanziamenti quei repubblicani che hanno progettato e fatto approvare la legge.
Miguel Cardona, il segretario dell’Istruzione degli Stati Uniti, lunedì ha spiegato che la sua agenzia monitorerà la legge dopo l’attuazione «per valutare se viola la legge federale sui diritti civili».