Che prove abbiamo sui nordcoreani che combattono (e muoiono) in Russia?
I servizi di intelligence sudcoreani e ucraini stimano che circa 10 mila soldati nordcoreani siano stati inviati in Russia per dare sostegno alle truppe di Putin. Le prime unità di combattenti asiatici sarebbero state schierate nella regione russa di Kursk, invasa dagli ucraini lo scorso agosto.
Il 16 dicembre, la Direzione principale dell'intelligence militare ucraina (HUR) e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti hanno annunciato le prime perdite tra i soldati di Pyongyang: le vittime sarebbero già almeno un centinaio. Il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno raccolto «indizi» sulle perdite tra le forze nordcoreane, ma non ha fornito ulteriori dettagli
I primi soldati uccisi o feriti in battaglia sarebbero stati registrati vicino ai villaggi di Plekhovo, Vorozhba e Martynovka, nella regione russa di Kursk. Tuttavia, ad oggi, non sono state fornite prove concrete sulla presenza di nordcoreani attivi nei combattimenti.
Secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky l'esercito russo starebbe «tentando di nascondere» il numero di soldati asiatici rimasti uccisi negli scontri: «La Russia non solo sta coinvolgendo i soldati nordcoreani negli assalti alle posizioni ucraine, ma sta anche cercando di nascondere le perdite», ha dichiarato negli scorsi giorni il leader di Kiev sul suo canale ufficiale Telegram.
Zelensky ha sottolineato che l'esercito russo ha tentato di mantenere segreta la presenza delle unità nordcoreane sia durante l'addestramento che il dispiegamento, affermando che Mosca ha fatto ricorso a «tattiche estreme» per nascondere le identità dei soldati nordcoreani, arrivando addirittura a bruciare i volti dei cadaveri
Secondo Meduza, non esistono ancora prove dirette sulla presenza di truppe di Pyongyang nel Kursk, né tanto meno di vittime. Tuttavia, ci sono molte prove indirette. Oltre alle numerose dichiarazioni ucraine, statunitensi e sudcoreane, alcuni filmati pubblicati su Telegram sembrano supportare l'idea che i soldati nordcoreani siano effettivamente coinvolti nei combattimenti. L’unica certezza, però, è che il livello di segretezza attorno alla presenza dei soldati inviati da Kim Jong-Un è «impressionante».
Le autorità USA, ucraine e sudcoreane concordano sulle stime relative al numero di nordcoreani arrivati in Russia, ossia tra i 10 e i 12 mila. Gli analisti militari occidentali hanno suggerito che non si tratti di truppe regolari, bensì di forze speciali addestrate.
A metà ottobre, sui canali Telegram ucraini sono apparsi diversi video girati nel campo di addestramento di Sergeyevsky che mostravano molto probabilmente i soldati nordcoreani intenti a ricevere le uniformi russe. Immagini satellitari di soldati in marcia sono poi state rilasciate pure dall'intelligence sudcoreana. Tuttavia, anche queste prove non possono confermare il fatto che i nordcoreani stiano combattendo – e morendo – nel Kursk.
La decisione del presidente USA Joe Biden di consentire a Kiev di utilizzare missili americani a lungo raggio (ATACMS) contro obiettivi militari in Russia, secondo funzionari statunitensi citati dal New York Times, sarebbe arrivata proprio in risposta all’invio di truppe di Pyongyang contro gli ucraini.
Uno degli attacchi più eclatanti compiuto con missili occidentali su territorio russo è stato messo a segno con gli Storm Shadow britannici, lanciati su un posto di comando nella regione di Kursk alla fine di novembre. Secondo le autorità ucraine, l'attacco avrebbe ferito un generale nordcoreano e ucciso diversi ufficiali asiatici.
Nonostante debbano ancora essere mostrate prove concrete e dirette, Meduza sottolinea come sia difficile immaginare che una così ampia gamma di indicatori indiretti sulla presenza di truppe nordcoreane nel Kursk possa rivelarsi falsa, evidenziando come pure il Cremlino e il Ministero degli Esteri russo non abbiano mai smentito apertamente.