Francia

Chi dopo Barnier? Nel totonomi i profili più accreditati sono quelli di Lecornu e Cazeneuve

Era come un copione già scritto la caduta del governo francese, ma quali saranno le prossime mosse? Intanto, domani sera Emmanuel Macron parlerà alla nazione
©Sarah Meyssonnier
Danilo Ceccarelli
04.12.2024 23:30

Era come un copione già scritto la caduta del governo francese, al quale mancava solamente l’epilogo. A vergarlo ci ha pensato questa sera il Rassemblement National di Marine Le Pen, che sostenendo la mozione di sfiducia presentata dai partiti di sinistra ha scritto la parola fine all’avventura dell’esecutivo guidato da Michel Barnier. Uno scenario che in Francia non si vedeva dal 1962, quando il premier era Georges Pompidou, che poi sarebbe diventato presidente.  Ma il vero fattore inedito è la convergenza dell’estrema destra e della gauche sulla sfiducia, che ha raccolto 331 voti contro i 288 necessari per l’approvazione. L’esito era stato ampiamente annunciato dalle parti nei giorni precedenti, nonostante gli appelli alla responsabilità lanciati da Barnier e dal resto del suo governo, preoccupato di vedere sprofondare nel caos politico ed economico il Paese. Ma secondo Le Pen è il presidente Emmanuel Macron «il grande responsabile della situazione attuale», che per la leader del Rassemblement National non rappresenta una «vittoria» ma una «scelta» obbligata. Il suo braccio destro, il delfino Jordan Bardella ha invece affermato che il Rassemblement National ha «rispettato i suoi elettori», rispondendo così alle tante accuse di irresponsabilità arrivate soprattutto dal governo.  

Eppure, il primo ministro, che passerà alla storia per aver guidato il  governo più breve della Quinta Repubblica, ha cercato in tutti i modi di convincere l’esponente di estrema destra a graziare il suo esecutivo elargendo una lunga serie di concessioni, come la cancellazione della tassa sulle bollette dell’elettricità o il taglio agli aiuti sanitari per i migranti irregolari. Un lungo lavoro diplomatico, come quello condotto nel periodo in cui guidava per l’Unione europea le trattative sulla Brexit.  Ma questa volta non c’è stato niente da fare, con la Le Pen ch  ha continuato a tracciare le sue «linee rosse» alzando sempre di più la posta in gioco, fino a quando il primo ministro ha mollato la presa esponendosi ad una censura per far passare il finanziamento alla Previdenza sociale attraverso la legge 49.3 della Costituzione.

Il presidente Emmanuel Macron, tornato proprio oggi a Parigi da una visita in Arabia Saudita, parlerà domani sera alla Nazione. Le sue dimissioni sono lo scenario più improbabile tra i tanti sul tavolo, nonostante le richieste provenienti da una parte della sinistra. «Anche con un Barnier ogni tre mesi, Macron non terrà tre anni», ha scritto su X Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise, formazione della gauche più radicale. I lepenisti, invece, hanno mantenuto un profilo basso su questo punto, nella speranza di dimostrare una sorta di responsabilità istituzionale dopo aver fatto crollare il governo. «Lasceremo lavorare» il prossimo primo misnitro, ha dichiarato al tal proposito Le Pen, dicendosi disposta a collaborare per costruire una legge di bilancio «accettabile per tutti».

Adesso l’esecutivo uscente resterà in carica per la gestione degli affari correnti, nell’attesa di conoscere la prossima squadra di governo. L’unica opzione per Macron,  infatti, è quella di nominare un nuovo capo del governo. Dopo aver sciolto l’Assemblea nazionale lo scorso giugno rimandando i suoi connazionali alle urne, il presidente deve per legge attendere un anno prima di indire nuove elezioni anticipate. La scelta potrebbe ricadere su un nuovo nome, anche se non è da escludere a priori una riconferma di Barnier o una soluzione tecnica che i francesi si divertono a definire à l’italienne. Intanto, la Francia si ritrova sballottata nella più totale incertezza istituzionale, con un presidente sempre più isolato e un quadro finanziario a dir poco disastroso per la seconda economia d’Europa.

Nel totonomi cominciato già prima della sfiducia, i profili più accreditati per sostituire Barnier sono quelli del ministro della Difesa uscente, il fedelissimo Sebastien Lecornu, e di Bernard Cazeneuve, ministro dell’Interno per François Hollande proveniente dal partito socialista e già primo ministro. Un profilo, quest’ultimo, che rappresenterebbe un timido segnale di apertura verso sinistra.

Secondo fonti di BfmTv, il presidente vuole scegliere al più presto per non farsi trovare senza un primo ministro in occasione della riapertura di Notre Dame prevista per questo fine settimana, quando a Parigi si ritroveranno diversi capi di Stato e di governo, tra cui il neo-eletto presidente Donald Trump. Una vetrina diplomatica troppo importante per l’inquilino dell’Eliseo, che non ci tiene a mostrare le sue debolezze ai colleghi di mezzo mondo.

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