Chi è Geert Wilders, il vincitore delle elezioni olandesi
Il Partito per la Libertà, dunque, è stato il più votato alle elezioni parlamentari di mercoledì. Tradotto: i Paesi Bassi hanno svoltato, con decisione, a destra. Guidato dal leader radicale Geert Wilders, il PVV si è assicurato oltre il 23% dei voti. Quasi il 10% in più rispetto ai sondaggi della vigilia. Concretamente, parliamo di 37 dei 150 seggi che compongono la camera bassa del Parlamento. Allargando il campo, la vittoria dell'estrema destra è stata definita sorprendente e inattesa da analisti ed esperti. Anche perché il Paese, negli ultimi undici anni, era stato guidato da Mark Rutte. Le cui posizioni, pur tendendo a destra, sono sempre state centriste.
Le origini
Geert Wilders è nato a Venlo nel 1963, da madre indonesiana e padre olandese. Di estrazione cattolica, negli anni è diventato agnostico. Prima di dedicarsi alla politica, come ghostwriter per il VVD, il Partito liberale, ha lavorato nelle assicurazioni.
Nel 1998 è stato eletto parlamentare, sebbene la notorietà – quella vera – sia arrivata soltanto nel 2004. Ovvero, quando è stato espulso dal VVD. Il motivo? Accenni di posizioni anti-Islam. Posizioni che, in seguito, sarebbero diventate un suo mantra.
Due anni più tardi, nel 2006, Wilders ha fondato il «suo» partito: il Partij voor de Vrijheid, Partito per la Libertà o PVV. Nello stesso anno, si è presentato alle legislative conquistando ben nove seggi. È l'inizio di un lungo percorso, che ha contribuito all'affermazione, nel Paese, dello spirito euroscettico. Lo stesso Wilders, nel 2005, aveva aiutato (e non poco) ad affossare con un referendum la Costituzione europea.
Wilders, sempre lui, ha raggiunto un picco di popolarità tra il 2009 e il 2010, quando ha raccolto percentuali superiori al 15% tanto alle regionali quanto alle europee.
Tra il 2010 e il 2012, ancora, Wilders ha dato il suo appoggio – esterno – al governo formato da VVD e CDA, l'Apello cristiano democratico, con Mark Rutte al timone. Un appoggio venuto a mancare proprio nel 2012, quando il leader populista e di estrema destra ha ritirato i suoi voti dalla maggioranza dell'Esecutivo. Costringendo il Paese a votare, di nuovo. Elezioni che, tuttavia, vedranno Wilders ottenere appena il 10% delle preferenze.
Persona non grata
Wilders, di suo, non si è mai ispirato a partiti o movimenti ultranazionalisti. Ma è stato incriminato per incitamento all'odio e processato, nei Paesi Bassi, mentre nel Regno Unito per alcuni anni è stato considerato addirittura una «persona non grata».
Su alcuni dossier, come Israele (Paese in cui ha vissuto), l'antisemitismo e i diritti LGBTQ+ ha sempre mantenuto posizioni morbide. Più volte, ad esempio, si è definito un sionista. Pubblicamente, sul fronte squisitamente politico, ha citato Margaret Thatcher quale modello. Quanto alla difesa dei diritti della comunità LGBTQ+, Wilders ha parlato di un tratto valoriale tipico degli olandesi. Che mai verrà messo in discussione.
L'Europa e il Corano
Detto questo, a chi può essere paragonato Wilders? C'è chi ha avanzato un parallelismo con Donald Trump, l'ex presidente degli Stati Uniti in corsa per tornare alla Casa Bianca nel 2024. Inflessibile sull'immigrazione, eppure aperto in materia di diritti. Wilders, di nuovo, è un euroscettico convinto. Il fatto che molte figure euroscettiche, da Viktor Orbán a Matteo Salvini, passando per Marine Le Pen, si siano affrettate a complimentarsi con lui dopo il risultato di queste ore, beh, la dice lunga. Tra gli obiettivi del suo programma politico figura anche un referendum per l'uscita dei Paesi dall'Unione Europea, dall'euro e dal mercato unico. L'idea, carica di nostalgia, è di tornare al fiorino. Più volte, al riguardo, ha distribuito vecchie banconote olandesi – finte – raffiguranti il suo volto.
Al di là dello scetticismo europeo, Wilders ha guadagnato i riflettori altresì per le sue posizioni, estreme, rispetto al Corano. Un testo che vorrebbe bandire e che considera al pari del Mein Kampf di Adolf Hitler.