Tecnologia

Chi è Noam Shazeer, il guru dell'AI per il quale Google ha fatto carte false

Dopo essersene andato nel 2021, lo scorso mese il leader della startup Character.AI è tornato a lavorare per il gigante di Mountain View: guiderà lo sviluppo di Gemini – Secondo nuove indiscrezioni, l'azienda avrebbe sborsato, per l'operazione, qualcosa come 2,7 miliardi di dollari: ecco perché
©Chiara Zocchetti
Red. Online
07.10.2024 13:31

Lo scorso mese di agosto, Google annunciava di aver acquistato la concessione in licenza della tecnologia di Character.AI, startup di chatbot fondata da Noam Shazeer e Daniel De Freitas, due ex collaboratori di Google stessa. «Un'altra startup fagocitata dai giganti del Big Tech», avranno pensato in molti. Be', non proprio. Coautore di un'importante ricerca che ha dato il via al boom dell'intelligenza artificiale (AI), Shazeer è considerato un genio di questa tecnologia emergente, tanto che sarebbe la principale ragione – si legge in un recente articolo del Wall Street Journal – per la quale Google avrebbe accettato di firmare il contratto con Character.AI. Sborsando qualcosa come 2,7 miliardi di dollari, infatti, Google ha ottenuto non solo le licenze della startup, ma anche la riassunzione di Shazeer e De Freitas, i quali hanno accettato di tornare nella compagnia lasciata solo nel 2021. Shazeer, in particolare, è stato messo a capo del reparto tecnico di Gemini, unendosi agli altri co-leader Jeff Dean e Oriol Vinyals.

Che cosa fa di questo ricercatore un elemento così prezioso?

Un pagamento insolito

L'unicità dell'operazione si intuisce, spiega il quotidiano statunitense, dall'entità della transazione. Due miliardi e 700 milioni di dollari. Una parte di questo capitale è stata utilizzata, come detto, per mettere le mani sulle licenze di Character.AI. Un'altra per acquistare azioni da investitori e dipendenti. Un'altra ancora per finanziare il proseguimento delle attività della startup, che continuerà a operare, senza Shazeer, De Freitas e circa 30 altri dipendenti passati a Google. Fin qui, nulla di strano. Il gigante di Mountain View non è il primo a ottenere in licenza la tecnologia di un'azienda più piccola: spesso la mossa viene utilizzata anche per assumerne, in un solo colpo il personale senior

A stupire, però, è l'entità della somma finita nelle tasche di Shazeer. Secondo una persona informata, spiega il Wall Street Journal, una grossa, grossissima fetta dei 2,7 miliardi sarebbe finita direttamente nelle tasche di Shazeer. Centinaia di milioni di dollari: «Un pagamento insolitamente grande per il fondatore di un'azienda che non è stata venduta né quotata in borsa».

Il profilo

Entrato in Google nel 2000, quando l'azienda era agli inizi, Shazeer si costruì rapidamente una fama considerevole all'interno della compagnia. Il suo primo progetto importante fu la costruzione di un sistema per migliorare la funzione di correzione ortografica del motore di ricerca. Ma in pochi anni divenne la persona di riferimento nelle ricerche sull'AI. Tanto che Eric Schmidt, ai vertici di Google in quegli anni, aveva affermato durante un discorso del 2015 alla Stanford University: «Un'intelligenza artificiale di livello umano? Se c'è qualcuno al mondo che potrebbe farlo, è lui».

Nel 2017, Shazeer pubblicò, insieme ad altri sette ricercatori di Google, un documento intitolato «Attention is All You Need» (L'attenzione è tutto ciò di cui hai bisogno), che illustrava un sistema informatico in grado di prevedere in modo affidabile la parola successiva in una sequenza di parole: un processo base della tecnologia AI generativa oggi in pieno sviluppo. Collaborando con De Freitas, ideò poi un chatbot chiamato Meena in grado di conversare con sicurezza su una serie di argomenti. Meena, secondo quanto previsto da Shazeer, sarebbe presto stata in grado di sostituire il motore di ricerca di Google e produrre bilioni di dollari di entrate.

Una svolta

Meena, alla fine, non venne rilasciata al pubblico: i dirigenti di Google citarono, in difesa della decisione, preoccupazioni relative alla sicurezza e alla correttezza dell'uso della AI. E fu proprio questo rifiuto, scrive il WSJ, a creare la spaccatura fra Shazeer e l'azienda. Allora, il ricercatore aveva pubblicamente affermato che il gigante della ricerca era diventato troppo avverso ai rischi nello sviluppo dell'intelligenza artificiale. Ora, con la decisione di sviluppare Gemini, Google avrebbe insomma cambiato idea e deciso per un'accelerazione. Abbandonati i timori, chi meglio di Shazeer, allora, per guidare il reparto AI?

Lo stesso Sergey Brin, co-fondatore di Google, avrebbe svolto un ruolo chiave nell'accordo per il ritorno di Shazeer. E in una recente conferenza stampa, Brin ha dichiarato in una recente conferenza che in passato l'azienda era «troppo timida nell'implementazione di applicazioni AI». Ora, invece, «Google sta sviluppando e lanciando la tecnologia AI il più velocemente possibile: Noam, tra l'altro, è tornato a Google, il che è fantastico».