L’intervista

Chi sono le sardine che invadono le piazze italiane

A tu per tu con Mattia Santori, tra i fondatori del «popolo delle sardine», un movimento «contro ogni populismo e ogni sovranismo»
Diverse decine di migliaia di «sardine» riunitesi in novembre a Rimini contro Salvini  © AP/Pasquale Bove
Osvaldo Migotto
14.12.2019 06:00

Senza nessun simbolo, nessun partito, il movimento delle «sardine» si è fatto notare in diverse piazze del Bel Paese e, per iniziative di simpatizzanti italiani, anche a New York, Boston e in diverse capitali europee. Mattia Santori, 32 anni, laurea in economia, è uno dei padri del «popolo delle sardine». Lo abbiamo intervistato.

Chi sono le «sardine»?

«Le sardine sono persone che, attraverso la creatività e il cervello scendono in piazza per occupare uno spazio fisico e lanciare un messaggio non falsificabile, la presenza fisica è un segnale politico, e spezzare quella falsa verità, da tanti definita unica e sola, secondo cui il populismo di destra è l’unica possibilità per l’Italia».

Perché le avete battezzate «sardine»?

«L’idea nasce dal modo di dire stretti come sardine, perché nel momento in cui c’è un pericolo ci si stringe gli uni agli altri. Le sardine sono pesci piccoli, sembrano deboli ma sono una massa solo apparentemente fragile. Per non essere divorate dai tonni si raggruppano come una palla. La sardina usa il cervello, non la prepotenza».

Volete fermare Salvini?

«Il primo messaggio è stato contro Salvini, contro l’arrivo della Lega in Emilia-Romagna. Abbiamo voluto proporre un’alternativa. Prima all’Emilia-Romagna, poi il messaggio si è allargato al Paese. Noi siamo contro ogni populismo, contro ogni sovranismo. Siamo legati alla Costituzione, al rispetto dei diritti, ai principi di uguaglianza, dell’accettazione delle diversità, al rispetto reciproco, alla volontà di affermare un’idea piuttosto che di trovare un nemico. Abbiamo scoperto che questi sono valori che uniscono molto la sinistra. Evidentemente sono valori molto più vicini alla sinistra che alla destra».

La regola delle vostre piazze è «nessun insulto, nessun simbolo, nessun partito». Ma i partecipanti che idee hanno?

«Lo stiamo scoprendo passo dopo passo. Un fatto è certo: chi affolla le nostre piazze si ritrova in qualche modo nei valori della sinistra. E magari c’è qualcuno che di sinistra non è, ma si trova in sintonia con quei valori. C’è gente di sessant’anni che ci dice di essere scesa in piazza per la prima volta. Segno che lo spazio occupato dalle “sardine” c’è, ed è probabilmente enorme: è lo spazio di chi non va a votare».

All’inizio i Cinquestelle dicevano quello che dite voi, si ponevano fuori dai partiti.

«La differenza con loro è enorme, perché noi ci siamo dichiarati a favore della politica, abbiamo chiesto alla gente di sostenere la buona politica. Avete il diritto di poter scegliere, abbiamo detto, ma avete il dovere di informarvi, perché la politica siete voi a farla con il vostro voto. Noi non abbiamo accusato nessuno se non chi porta la politica ed essere qualcosa di poco costruttivo».

Le «sardine» attaccano l’opposizione non il Governo...

«Noi siamo contro l’intolleranza, contro i populismi, contro una politica e soprattutto contro un modo di fare e di comunicare la politica. Il nostro nemico non è il Governo in questo momento».

I partiti politici hanno accolto le «sardine» con freddezza...

«Io credo che le “sardine” sono un corpo intermedio che non va a sostituire né i partiti, né le associazioni che fanno politica dal basso, ma porta queste due realtà a dialogare».

In Emilia lei sostiene, a titolo personale, il candidato del PD, i Cinquestelle corrono da soli...

«La loro decisione è incomprensibile. Il candidato del PD Bonaccini, che si ripresenta, ha governato bene. Il 26 gennaio vedremo se da Bologna arriverà un esempio positivo per l’Italia».