Chiuso il processo sugli stupri di Mazan
Il maxiprocesso shock sugli «stupri di Mazan», che ha squarciato il velo sulla «sottomissione chimica», si è chiuso ad Avignone, nel sud della Francia. La vittima, Gisèle Pelicot, ha ascoltato in aula le «scuse» dell'ex marito, che per 10 anni l'ha drogata e stordita per farla stuprare da decine di uomini che convocava attraverso Internet. Fra i 50 imputati di violenza sessuale, solo una quindicina ha espresso frasi di scuse nei confronti di Gisèle, la cui vicenda ha fatto - dall'inizio del processo a settembre - il giro del mondo. Giovedì sarà annunciata la sentenza per «gli stupri di Mazan» - dal nome del paese in cui la coppia abitava - con condanne che potranno andare fino al massimo previsto di 20 anni di carcere.
«Vorrei cominciare - ha detto Dominique Pelicot, 72 anni, l'ex marito di Gisèle - con il rendere omaggio al coraggio della mia ex moglie». «Io prego lei - ha continuato l'uomo che ha pensato e organizzato gli stupri fra il 2011 e il 2020 da parte di decine e decine di persone reclutate sul web - e il resto della mia famiglia, di voler accettare le mie scuse. Mi pento di quello che ho fatto, di farli soffrire da 4 anni (dalla data in cui emersero i fatti, ndr), domando loro perdono». Gisèle, anche lei 72 anni, ha ascoltato senza battere ciglio, anche quando l'ex marito ha dichiarato, nella sua ultima occasione per prendere la parola in aula, di aver detto «la completa verità» in queste 14 settimane di dibattito. Affermando che il suo unico desiderio è «farsi dimenticare» per la «vergogna» che prova dentro di sé. «Mi sono costruito una corazza - ha detto - altrimenti in prigione si muore».
50 co-accusati
Lo seguivano attentamente anche i 50 co-accusati, che rappresentano solo una parte degli uomini reclutati per violentare la moglie (altri non sono stati identificati). Qualcuno lo ha fatto a più riprese, tornando nella casa dei Pelicot anche cinque o sei volte. Alcuni di loro si sono difesi accusandolo di aver ingannato anche loro, facendo credere di essere d'accordo con la moglie nell'avventurarsi in nuove esperienze e che tutto si svolgeva mentre lei «fingeva» di dormire.
Ma ad ascoltare Dominique Pelicot erano soprattutto i cinque magistrati che dovranno giudicarlo. L'accusa ha chiesto il massimo della pena, 20 anni di reclusione. Contro gli altri imputati con l'accusa di stupro aggravato, le richieste variano fra i 10 e i 18 anni, per uno soltanto l'accusa chiede 4 anni per «molestie» sulla vittima. Metà dei violentatori di Gisèle non si è avventurata in discorsi, limitandosi ad affermare di non aver «nulla da aggiungere». Una quindicina ha espresso in modo diverso le proprie scuse, a volte aggiungendo di «non aver avuto intenzione» di commettere uno stupro o di essere stati «ingannati» da Dominique Pelicot. «Vorrei scusarmi con la signora Pelicot», ha detto un sessantenne, «vorrei ripresentare di nuovo le mie scuse sincere alla vittima», ha fatto eco un trentaseienne, «mi pentirò per tutta la vita di quello che ho fatto», ha aggiunto un 62enne. Ha parlato anche un imputato di 46 anni, che dopo la prima volta è tornato a sei riprese a casa Pelicot per l'appuntamento con la «sottomissione chimica» di Gisèle: «Quale che sia la pena che mi verrà inflitta, non farò appello per rispetto della vittima, affinché non debba rivivere» un altro processo. L'accusa ha chiesto 16 anni di carcere contro di lui.
Sola, al termine del dibattito, Gisèle, diventata un simbolo di dignità e coraggio, si è alzata per uscire dall'aula ricevendo il prolungato applauso del pubblico presente.