Il caso

Cincìn, Pechino continuerà a bere cognac francese

Le tensioni degli ultimi mesi sembrano alle spalle: una fonte diplomatica francese, infatti, ha rivelato che la Cina per il momento rinuncerà a imporre dazi doganali alla bevanda
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Marcello Pelizzari
07.05.2024 19:00

Cincìn. Salute, già. D'altro canto, i francesi – quantomeno le due grandi case produttrici di cognac – oggi hanno buoni, anzi buonissimi motivi per festeggiare. Molto, si mormora, ha fatto la visita di Xi Jinping. Il padre-padrone della Cina. In realtà, dietro alla svolta, a questa svolta, c'è parecchia diplomazia. La Borsa, in ogni caso, ha gradito: nel primo pomeriggio, il titolo di Rémy Cointreau aveva fatto registrare un +7,6% come ha sottolineato la Tribune. Pernod Ricard, invece, ha compiuto un balzo minore ma comunque interessante: +2,6%. Il motivo di questi movimenti verso l'alto? La virata di Pechino, appunto. Le autorità cinesi, lo scorso gennaio, avevano annunciato di aver avviato un'indagine antidumping su alcune bevande alcoliche, come il cognac, importate dall'Unione Europea. Il dumping, per inciso, è una pratica che consiste nel vendere all'estero a prezzi inferiori rispetto a quelli del mercato nazionale. La mossa, allora, era stata giudicata come una risposta all'attacco, da parte di Bruxelles, alle auto elettriche. Bene, una fonte diplomatica francese, ora, ha dichiarato alla Reuters che la Cina, per il momento, non imporrà dazi doganali sul cognac. L'indiscrezione era stata preceduta, lunedì, dalle parole del presidente francese Emmanuel Macron. Il quale, nella conferenza stampa congiunta con l'omologo cinese, aveva ringraziato Xi Jingping, fra le altre cose, «per la sua apertura riguardo alle misure provvisorie sul cognac francese e per il suo desiderio di non vederle applicate».

Detto dell'indagine avviata a gennaio, a marzo il Ministero del Commercio cinese si era spinto oltre. Spiegando che stava considerando di includere Martell (Pernod Ricard), Hennessy (LVMH) e Rémy Martin (Rémy Cointreau) nella stessa inchiesta. Con tutte le conseguenze del caso, a livello di Borsa, per i marchi citati. L'ipotesi di perdere un mercato gigantesco come quello cinese, d'altronde, aveva spaventato e non poco gli investitori. Secondo logica, verrebbe da dire: alla fine di novembre 2023, ha spiegato ancora la Tribune, la Cina aveva importato 1,57 miliardi di dollari di «spiritosi». La Francia, da sola, rappresentava il 99,8% di tutte le importazioni di cognac, o brandy che dir si voglia, dall'Europa. Almeno stando ai dati doganali cinesi. Per i produttori, già confrontati a un rallentamento delle vendite provocato dall'inflazione, un'eventuale svolta autarchica del mercato cinese sarebbe stato un boccone amarissimo da digerire.  

Detto ciò, le relazioni fra Cina ed Europa rimangono piuttosto tese. L'Unione Europea, di suo, sta cercando di ridurre la sua dipendenza commerciale da Pechino. Più facile a dirsi che a farsi, certo, ma Bruxelles intende agire in particolare nel settore tecnologico. Oltre, come detto, a quello automobilistico. Preoccupata dalla concorrenza dei veicoli elettrici cinesi in Europa, e sollecitata al riguardo proprio dalla Francia, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva annunciato, a settembre, l'apertura di un'indagine sul sostegno e le sovvenzioni delle autorità cinesi ai produttori nazionali di auto elettriche. All'epoca, la Cina aveva denunciato con forza questa mossa, sottolineando che avrebbe danneggiato le sue relazioni commerciali con l'Unione. «Questo è puro protezionismo» aveva dichiarato Pechino.

Concludendo, e allargando il campo, Bruxelles considera il suo rapporto con la Cina piuttosto sbilanciato, quantomeno sul piano economico. Della serie: mentre Pechino fa la voce grossa ogniqualvolta l'Unione prova a inserire misure protezionistiche, le aziende europee che operano nel Paese del Dragone sono soggette, se non addirittura sempre più soggette, a misure restrittive. Meglio berci sopra, avranno pensato i francesi. Finché dura... Cincìn. 

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