Il caso

Cioccolato di Dubai: non è tutto oro (o pistacchio) quel che luccica

Il fenomeno del momento nasconde non poche ombre, dalla coltivazione del suo ingrediente principale (tutto fuorché sostenibile) ai campioni prelevati dalle tavolette importate dagli Emirati o dalla Turchia
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Red. Online
20.12.2024 09:16

Il cioccolato di Dubai, commercializzato in Svizzera da diversi grandi marchi del settore e, parallelamente, anche dalla grande distribuzione, è un fenomeno in crescita. Un fenomeno, lo abbiamo visto, non privo di tensioni e, addirittura, possibili vicende legali. La polemica, al di là dei gusti di ognuno, è insomma dietro l'angolo. E sembra andare di pari passo con il consumo. Per dire: chi ha provato a prepararlo in casa si sarà accorto, ad esempio, che l'ingrediente principale, la crema di pistacchio, è andato a ruba in moltissimi negozi.

Watson, a proposito dei pistacchi, parla di ombre piuttosto sinistre. O, meglio, di una prelibatezza – i pistacchi, appunto – tutto fuorché sostenibile. Non tanto, o non solo, perché queste drupe devono viaggiare per mezzo mondo prima di raggiungere gli scaffali dei nostri supermercati. Un'analisi condivisa dal portale elvetico, al riguardo, sottolinea come la coltivazione di pistacchi richieda un'enorme quantità di acqua. A titolo comparativo, un chilo di pomodori necessita di 150-300 litri di acqua per crescere mentre un chilo di pistacchi ha bisogno qualcosa come 11 mila litri. Una situazione aggravata dal fatto che le regioni tipiche di coltivazione, come la California e il Portogallo, soffrono già di carenza idrica. 

Non finisce qui: fra i problemi legati al pistacchio c'è la sua, diciamo, unicità. O meglio: i pistacchi sono coltivati, in genere, come un'unica coltura. Una coltura che si sta espandendo sempre di più, «rubando» posto ad altro. Secondo i dati del Ministero dell'Agricoltura spagnolo, la superficie dedicata alla coltivazione del pistacchio è aumentata di cinquanta volte fra il 2010 e il 2021. Detto della competizione scatenatasi con altre colture, la monocoltura del pistacchio sta danneggiando il suolo sottraendo importanti sostanze nutritive. Di riflesso, gli agricoltori sono costretti oramai a utilizzare fertilizzanti potentissimi e pesticidi. Con tutte le conseguenze del caso per l'ambiente. Oddio, guai a fare di tutta l'erba un fascio: esistono anche produzioni biologiche e sostenibili, legate a loro volta alla produzione del cioccolato di Dubai. Ma è chiaro che, pensando ad esempio alla grande distribuzione, un prezzo basso della tavoletta potrebbe indicare una linea produttiva tutto fuorché sostenibile.

Gli ingredienti, insomma, sono importanti. Sempre Watson, in questo senso, mette in guardia i consumatori: i risultati di alcuni campioni del cosiddetto cioccolato di Dubai, eseguiti dall'Ufficio per le indagini chimiche e veterinarie di Stoccarda, nel Land tedesco del Baden-Württemberg, hanno rivelato che i prodotti importati spesso non contengono ciò che riportano le etichette. Il riferimento, in questo caso, è alle tavolette che arrivano direttamente dagli Emirati Arabi Uniti. L'Ufficio ha parlato di «chiaro inganno del consumatore». Per dire: cinque campioni provenienti dagli Emirati contenevano grassi al posto di vero cioccolato. In altri tre campioni, provenienti dalla Turchia, il laboratorio ha trovato sesamo non dichiarato, un ingrediente che potrebbe essere particolarmente pericoloso per i soggetti allergici. Non solo, quasi tutti i campioni contenevano coloranti artificiali nel tentativo di simulare una maggiore percentuale di ingredienti di qualità.

Le autorità del Land hanno definito la situazione «inaccettabile». Se un prodotto viene etichettato «cioccolato di Dubai», hanno aggiunto, significa che all'interno deve contenere vero cioccolato senza adulterazioni o impurità. Poiché tutti e otto i test hanno evidenziato la presenza di allergeni, coloranti, grassi estranei e impurità, il ministro degli Affari rurali, dell'alimentazione e della tutela dei consumatori ha lanciato un programma speciale per esaminare in dettaglio il cioccolato di Dubai. È probabile, di conseguenza, che nell'ambito di questo processo vengano prelevati anche campioni di crema di pistacchio dai grossisti. Uno screening casuale avrebbe infatti rivelato alti livelli di tossine di muffa, in particolare aflatossine, in un ripieno di pistacchio. Le aflatossine possono danneggiare gravemente il fegato.

Fino a quando non saranno disponibili i risultati definitivi, i prodotti importati dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Turchia saranno ritirati dal mercato. Il rapporto dell'Ufficio di Stoccarda, tuttavia, non ha specificato esattamente quali siano i produttori interessati.

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