Come decarbonizzare l'aviazione entro il 2050? «Non con l'idrogeno»
Volare, sì. Ma rispettando l’ambiente. Una sfida apparentemente impossibile, sebbene l’obiettivo fissato dalla IATA, l’organizzazione mondiale delle compagnie, preveda di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Un obiettivo non impossibile, certo, eppure (forse) troppo ambizioso per non dire poco realistico, considerando i tassi di crescita del settore e l’impossibilità, oggi, di affidarsi a soluzioni ecocompatibili come il SAF – il carburante sostenibile per aeroplani – su larga, larghissima scala. Per tacere degli aerei a idrogeno.
I problemi, oggi, non mancano. E non è solo un problema di filiera e ritardi nella catena di approvvigionamento, in particolare per i motori, ma anche di progettazione e tempi. L’esigenza di decarbonizzazione, ad esempio, richiede vincoli particolari. Ma la domanda, intanto, continua ad accelerare. Christian Scherer, direttore commerciale di Airbus, durante l’Air Forum di Parigi ha posto, ironicamente, una domanda alla platea: «C’è un limite alla crescita del settore?». Un discorso, questo, decisamente più ampio. Ma corretto. E attuale. «Siamo di fronte a un’enorme domanda da parte della società civile, sia per il tempo libero sia per gli affari» ha proseguito Scherer. «Avevamo previsto che nei prossimi vent’anni sarebbero stati necessari 40 mila nuovi velivoli. Quindi la vera sfida è riuscire a decarbonizzare la nostra industria in questo contesto».
L'idrogeno? Snì
Su come mantenere il passo della domanda e, allo stesso tempo, decarbonizzare il settore gli esperti si interrogano. Tim Clark, presidente di Emirates, compagnia i cui legami con l’industria del petrolio certamente non aiutano in termini di obiettività, sempre a Parigi ha spiegato che l’idrogeno verde (ne avevamo parlato qui) rappresenta una sfida logistica enorme. E, al pari del SAF, non può essere distribuito in modo massiccio a breve o medio termine. «Sono preoccupato» ha ribadito Clark. «Sono preoccupato perché molti pensano che nel prossimo decennio gli aerei voleranno tutti a idrogeno, ma è un sogno, ed è impossibile: l’idrogeno è una sostanza infiammabile che deve essere distribuita e immagazzinata dal punto di produzione al suo luogo di utilizzo. Il che rappresenta un’enorme sfida tecnica e logistica».
A maggior ragione se pensiamo che gli aeroporti, per dirla con Willie Walsh, direttore generale di IATA, devono essere riattrezzati «per consentire agli aerei di volare a idrogeno». E ancora: «Non conosco alcun aeroporto oggi che voglia costruire le infrastrutture necessarie, né alcuna compagnia aerea che sia pronta ad aiutare finanziariamente un aeroporto a costruire tali capacità. Penso che l’idrogeno sarà sicuramente una soluzione a lungo termine per un combustibile alternativo, ma ci sono ancora molte sfide da superare per raggiungere questo obiettivo».
Ci sono (ancora) troppi aerei vecchi
Detto del SAF, che pure presenta sfide logistiche enormi, nel breve la sola soluzione per ridurre le emissioni e soddisfare la domanda di voli è affidarsi agli aerei di ultima generazione. Più performanti, più aerodinamici, meno bisognosi di cherosene. Ancora Clark: «Ora disponiamo di una migliore conoscenza dell’aerodinamica, sappiamo come utilizzare meglio i materiali che entrano nella produzione di aeromobili e siamo in grado di costruire motori molto più efficienti in termini di consumo di carburante».
Verissimo, sebbene – gli ha fatto eco Scherer – «il 75% della flotta mondiale utilizzi ancora motori di vecchia generazione». Ed è proprio questo il punto. Prima di lanciarsi in nuove avventure, chiamiamole così, l’aviazione dovrebbe spingere per sostituire «questi vecchi aerei con quelli nuovi». Di nuovo Scherer: «Soffriamo anche di gravi inefficienze nella gestione del traffico aereo, che la tecnologia può aiutarci a migliorare. Naturalmente, alla fine del percorso dovremo arrivare a un combustibile a emissioni zero».
Basterà? Snì. Uno degli autori dell’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, Gerhard Krinner, ritiene che sia necessaria, a prescindere, anche una riduzione dei viaggi aerei. Fra le proposte sul tavolo, al riguardo, c’è quella del Progetto Shift, un think tank francese, secondo cui è necessario limitare i viaggi a lungo raggio. Offrendo il 35% in meno in termini di posti.