La denuncia

«Come fossimo animali»: i violenti respingimenti di migranti al confine croato

La ONG Human Rights Watch chiede all'Unione europea di intervenire: «Abusi abominevoli anche su bambini, abbandonati al confine con la Bosnia-Erzegovina»
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Michele Montanari
03.05.2023 15:29

Il primo gennaio del 2023 la Croazia ha adottato l'euro ed è entrata a pieno titolo nell'area Schengen. Un Paese sempre più allineato all’Unione europea, sulla carta. Un po’ meno nella realtà dei fatti, soprattutto se si parla di migranti. Un recente rapporto della ONG Human Rights Watch parla infatti di respingimenti sistematici, spesso con l’uso della violenza, nei confronti dei richiedenti asilo al confine con la Bosnia-Erzegovina. Secondo il report, dal titolo Like We Were Just Animals: pushbacks of people seeking protection from Croatia to Bosnia and Herzegovina (tradotto: «Come se fossimo solo animali: respingimenti di persone in cerca di protezione dalla Croazia alla Bosnia-Erzegovina»), la polizia croata respinge, senza valutare le richieste di asilo o il bisogno di protezione, persino minori non accompagnati e famiglie con bambini piccoli. Una pratica che avviene nel silenzio delle istituzioni e tra le smentite «ufficiali» delle autorità. Secondo HRW, gli agenti di frontiera spesso confiscano i telefonini, il denaro, i documenti di identità o altri beni personali. E non mancano trattamenti umilianti verso adulti e bambini, a volte con metodi razzisti. «I respingimenti sono stati a lungo una procedura operativa standard della polizia di frontiera croata e il governo ha ingannato le istituzioni dell'Unione europea con promesse vuote», ha sottolineato Michael Garcia Bochenek, consulente senior per i diritti dei bambini presso Human Rights Watch, parlando di «abusi abominevoli».

Quasi 30 mila respingimenti dal 2020

La ONG riporta di aver intervistato più di 100 persone, tra cui 20 minorenni non accompagnati e decine di genitori che viaggiavano con bambini piccoli. I respingimenti, alcuni avvenuti ad aprile 2023, sono stati spesso descritti come brutali. Stando alle testimonianze, la polizia croata ha ignorato sistematicamente le richieste di asilo dei profughi, in gran parte afghani. Viene inoltre sottolineato come le autorità croate abbiano quasi sempre declinato la propria responsabilità, mentre dal Ministero dell'Interno si sono rifiutati di incontrare esponenti di HRW o commentare il rapporto. Dopo un calo delle attività nei primi mesi del 2023, a marzo sono ripresi i respingimenti su larga scala, come denunciato pure dal Border violence monitoring network.

Tra gennaio del 2020 e dicembre del 2022, il Danish Refugee Council (DRC) ha registrato quasi 30 mila respingimenti. Circa il 13% di quelli avvenuti nel 2022 riguardava bambini, sia soli che accompagnati dalla famiglia. Stando a un rapporto di Protecting rights at borders (PRAB), di tutti i respingimenti attuati in Europa nel 2021, il 74% è avvenuto al confine tra Croazia e Bosnia. Prima dell’ingresso nell’area Schengen, la Croazia ha rappresentato lo scudo europeo operativo per frenare i viaggi sulla cosiddetta rotta balcanica, e, dopo il primo gennaio 2023, la situazione non sembra essere cambiata di molto. Anche in Svizzera c’è chi ha alzato la voce sul tema: lo scorso febbraio, centinaia di persone hanno manifestato a Berna, su Piazza federale, per protestare contro i rimpatri dei rifugiati verso la Croazia. Secondo gli organizzatori, il collettivo Droit de Rester, la Croazia non è un Paese sicuro in cui rimandare i migranti, per via dei già denunciati trattamenti disumani. Quando un migrante presenta una richiesta in Svizzera, la Confederazione verifica se la persona in questione sia già stata registrata in un altro Stato aderente all’Accordo di Dublino (come la Croazia). In tal caso, la persona viene trasferita lì. È questo il motivo per cui i Paesi di primo approdo - e il caso dell’Italia è piuttosto emblematico - si sentono abbandonati dal resto d’Europa nella gestione dei migranti.

Nei boschi, di notte, oltre il confine

Tornando ai respingimenti, la polizia croata non trasferisce le persone ai posti di confine «regolari», gestiti dalle autorità bosniache, ma trasporta i migranti in altri punti della frontiera, ordinando loro di attraversarla. Gli intervistati hanno raccontato di aver dovuto guadare fiumi, arrampicarsi sulle rocce o farsi strada attraverso la fitta boscaglia, anche di notte e senza alcuna idea di come raggiungere la città più vicina. Inoltre, il sistema di asilo della Bosnia-Erzegovina non è un'opzione per i profughi che hanno bisogno di protezione internazionale: stando ai dati dell’UNHCR, solo cinque persone hanno ricevuto il riconoscimento di rifugiato nel 2021, una sola nel 2020 e tre nel 2019.

A marzo e ad aprile, la polizia croata ha poi trasferito diverse centinaia di richiedenti asilo in Bosnia-Erzegovina in base a un «accordo di riammissione» bilaterale, ossia una procedura al di fuori del principio internazionale di non respingimento: queste riammissioni non tengono conto delle esigenze di protezione e dei diritti dei migranti. Secondo HRW, più che riammissioni sono a tutti gli effetti espulsioni sommarie di massa. E non mancano critiche all’UE, accusata di aver contribuito con ingenti fondi alla gestione delle frontiere croate senza ottenere garanzie sul fatto che le procedure in materia migranti fossero conformi alle norme internazionali sui diritti umani. Le vittime hanno raccontato di non aver avuto la possibilità di presentare ricorso contro il respingimento, previsto dal Regolamento sull'assistenza legale gratuita nel processo di espulsione e riammissione degli stranieri, nonché dal diritto internazionale. Le pratiche della polizia croata violano inoltre i divieti internazionali sulla tortura e sui maltrattamenti. I respingimenti dei bambini, inutile dirlo, violano le norme sui diritti dei minori. Secondo Human Rights Watch, la Commissione europea dovrebbe immediatamente chiedere alle autorità croate di porre fine ai respingimenti alla frontiera e ad altre violazioni dei diritti umani, fornendo informazioni concrete e verificabili sulle misure adottate dalla polizia. 

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