Il punto

Come mai la terra ha tremato così forte anche a Bangkok?

È una domanda che in molti si sono posti, considerando che la capitale della Thailandia si trova a oltre 1.000 chilometri di distanza dall'epicentro del terremoto
©RUNGROJ YONGRIT
Red. Online
29.03.2025 15:15

Se è vero, come ha detto al Corriere del Ticino Silvio Seno, geologo e professore all’Università di Pavia, che il Myanmar è conosciuto per essere a rischio terremoti, la capitale della Thailandia, Bangkok, pure colpita dal sisma, non è mai stata considerata una vera e propria zona sismica. Tant’è che, come ha spiegato al Tages-Anzeiger l’ambasciatore svizzero nel Paese, Pedro Zwahlen, molte persone hanno sperimentato questo tipo di paura per la prima volta.

Bangkok, nello specifico, si trova a oltre 1.000 chilometri di distanza dall’epicentro del terremoto di magnitudo 7.7 che, ieri, ha appunto sconquassato il Myanmar. Eppure, grazie anche ai social abbiamo visto un palazzo in costruzione crollare da un momento all’altro e tanti, tantissimi altri grattacieli oscillare pericolosamente, con l’acqua delle piscine a sfioro fuoriuscita e precipitata a terra a mo’ di cascata. Perché? Buona domanda.

La ragione, scrive la BBC, è al tempo stesso storico-edilizia e geologica. Un tempo, infatti, Bangkok non adottava alcun criterio anti-sismico nella costruzione di edifici. Criteri e metodi, certo, più cari, ma indubbiamente più sicuri. Di qui la vulnerabilità, nello specifico, degli edifici più vecchi della metropoli.

Detto che il palazzo crollato era in costruzione e che, trattandosi di un edificio nuovo, teoricamente avrebbe dovuto conformarsi agli standard anti-sismici, secondo il dottor Christian Málaga-Chuquitaype dell’Imperial College di Londra l’analisi del video dimostrerebbe che, in realtà, è stato adottato un metodo di costruzione denominato flat slab. «Un sistema a soletta piana – ha spiegato l’esperto alla BBC – è un modo di costruire edifici in cui i pavimenti sono fatti poggiare direttamente su colonne, senza l’uso di travi. Immaginate un tavolo sostenuto solo da gambe, senza supporti orizzontali extra sotto». Di riflesso, un edificio del genere «si comporta male durante i terremoti».

La scossa che ha devastato il Myanmar è stata registrata anche dalle stazioni in Svizzera. © Servizio sismico svizzero
La scossa che ha devastato il Myanmar è stata registrata anche dalle stazioni in Svizzera. © Servizio sismico svizzero

Seno, nel commentare il terremoto di ieri, ha spiegato: «Le placche maggiori sono sette, con quelle minori si arriva a una cinquantina, e si muovono relativamente l’una all’altra. In questo caso, il terremoto è stato generato dal movimento di due placche: quella indiana, a sud, e quella euroasiatica, che si trova a nord». Il movimento si è consumato lungo la cosiddetta faglia di Sagaing. Una faglia molto lunga, parliamo di oltre 1.200 chilometri, e particolarmente dritta. Di qui la possibilità che i terremoti possano scatenarsi su vaste aree, ha dichiarato dal canto suo Rebecca Bell, esperta di tettoniche sempre presso l’Imperial College. La lunghezza della faglia, detto in altri termini, ha permesso all’energia di arrivare più lontano. Non solo, il terremoto è stato anche poco profondo, con il risultato che, in superficie, il sisma è stato avvertito con maggior forza. La faglia in questione, precisa il Servizio sismico svizzero, «fa parte di una struttura tettonicamente molto attiva che segna il confine tra la placca indiana e quella eurasiatica. Per terremoti di questa entità la zona di frattura è stimata come lunga 165 chilometri e profonda fino a 20 chilometri. Dal 1900, altri sei terremoti di magnitudo 7 o superiore si sono verificati in questa regione entro un raggio di circa 250 chilometri dal terremoto del 28 marzo. Il più recente è stato un terremoto di magnitudo 7.0 nel gennaio 1990».

Infine, c’è un ultimo aspetto da considerare: Bangkok è stata costruita in gran parte su un terreno paludoso. Caratteristiche, queste, che hanno favorito l’accumulo delle onde sismiche amplificando il tremore.