Come sta l'economia russa? «Putin è seduto su una bomba a orologeria»
L'economia russa non è solida. Quantomeno, non come vorrebbe far credere Vladimir Putin o come suggerirebbero alcune cifre. Lo scorso dicembre, ad esempio, l'inflazione era stata definita «incontrollata»: in vista delle festività, non pochi cittadini russi si erano detti sorpresi dei prezzi (altissimi) di alcuni elementi base della cucina tradizionale, come il burro e le uova. La guerra in Ucraina, riassumendo al massimo, ha surriscaldato l'economia della Federazione. Al punto che, in vista di possibili negoziati di pace, l'Unione Europea intende dissanguare ulteriormente le finanze di Mosca. Al fine di garantire a Kiev una posizione di forza.
Il Financial Times, ora, ha aggiunto un capitolo interessante. Il leader del Cremlino, infatti, avrebbe accumulato «debiti di guerra nascosti». Lo specialista di economia europea del quotidiano finanziario britannico, in questo senso, non ha usato giri di parole. La Russia, ai suoi occhi, «è un castello di carte con una base finanziaria sempre più fragile». Il rapporto, a firma Craig Kennedy, spiega come Putin abbia costruito, appunto, questo castello. A partire dai primissimi giorni dell'invasione su larga scala, con l'approvazione di una legge che obbligava le banche a «piegarsi» alla cosiddetta economia di guerra. In sostanza, le banche da allora non possono più decidere in autonomia a quali società affidare il denaro dei propri clienti. Devono, al contrario, assecondare gli interessi e i desideri del Cremlino.
Le banche del Paese hanno agito di conseguenza. A partire dalla metà del 2022, hanno fatto confluire prestiti alle società indicate dal Cremlino. Il risultato? Le aziende russe hanno contratto una quantità di debito «senza precedenti». Il rapporto parla di 415 miliardi di dollari. Secondo le stime di Kennedy, fra 210 e 215 miliardi di dollari sono stati spesi per gli armamenti. Tanti, tantissimi soldi insomma. Siamo sui livelli del bilancio ufficiale della difesa, per intenderci. Di qui la conclusione: Putin, da un lato, sta finanziando la sua guerra nascondendosi agli occhi dell'Occidente o, meglio, «costruendo» sul debito e, dall'altro, attraverso le finanze pubbliche. Finanze pubbliche che, come noto, presentano numeri sorprendentemente resistenti. Prima o poi, tuttavia, arriverà il conto. Salato. I debiti nascosti, infatti, hanno raggiunto un livello tale da avere conseguenze per l'intera popolazione. L'anno scorso, la Banca centrale russa aveva avvertito che, a causa di questo debito, potrebbe innescarsi una dinamica inflazionistica pesante e, di riflesso, una crisi finanziaria sistemica. A proposito di inflazione: nel 2024 ha sfiorato il 10%, con aumenti singoli di alcuni beni – come il burro – che hanno toccato il 25%. Parentesi: il burro, nel frattempo, in molti supermercati è finito sottochiave.
Putin è perfino dovuto correre ai ripari: «Non è vero che spendiamo troppi soldi in armi a scapito del burro». E invece, è proprio quello che è successo. Il leader del Cremlino sta davvero spendendo una quantità enorme di soldi per la guerra in Ucraina. Sia, come visto, attraverso le risorse dello Stato sia in modo «occulto» attraverso le banche. Il risultato? L'economia fatica sempre di più a tenere questo passo. A maggior ragione se consideriamo che le sanzioni occidentali, da oramai tre anni, stanno complicando (o impedendo) la fornitura di molti prodotti intermedi. Non solo, quello che la Russia può ancora comprare deve pagarlo di più a causa della debolezza del rublo. E infine: la manodopera scarseggia ed è oramai costosa. D'altro canto, migliaia di persone sono fuggite dal Paese, sono andate a combattere al fronte, sono morte o sono rimaste ferite.
Lo storico Harold James, come riporta fra gli altri Watson, già nel 2023 aveva sottolineato che l'inflazione, alla lunga, potrebbe nuocere a Vladimir Putin. Ai tempi dell'Unione Sovietica, il fenomeno si era rivelato fatale in più di un'occasione. «Il sistema russo sarà sostituito perché non ha rispettato il contratto firmato con la popolazione» aveva sentenziato James, riferendosi al fatto che, se i governi non mantengono le promesse, si alienano i cittadini. E il denaro, aveva aggiunto lo storico, è una delle promesse più antiche. E importanti. Kennedy, in realtà, considera l'inflazione come un male minore, perlomeno per Putin. Il quale avrebbe guai peggiori nel caso di una crisi finanziaria sistemica. L'inflazione, è vero, agisce in modo insidioso, ha spiegato l'esperto, mentre le crisi finanziarie colpiscono come terremoti: all'improvviso, in maniera per certi versi imprevedibile, con grande forza distruttiva. La Banca centrale, proprio per combattere l'inflazione, si è vista costretta a imporre tassi di riferimento elevatissimi (21%). Tassi che, però, alla lunga potrebbero far sprofondare il Paese nella crisi. Se è vero che le aziende orientate alla guerra continuano a ottenere crediti vantaggiosi, le altre soffrono. Parecchio. Di qui il monito della stessa Banca centrale, che ha messo in guardia dal rischio di «sovraindebitamento» delle «grandi imprese». Fra queste, quella più in vista e al contempo più in pericolo sembrerebbe essere Gazprom, il colosso energetico statale: senza il suo principale mercato di sbocco, l'Europa, ha incassato perdite record e contratto debiti significativi a tassi di interesse superiori al 21%. Fra le misure di contenimento previste, figura altresì il licenziamento del 40% della forza lavoro nella sede centrale.
Stando a Kennedy, di nuovo, il rischio di alienarsi i cittadini che intravede James andrebbe comunque contestualizzato. Putin, infatti, riuscirebbe in qualsiasi caso a trovare il denaro necessario per sostenere le aziende in difficoltà e tappare i buchi di bilancio. Anche a costo di aumentare le tasse. Il popolo, volente o nolente, sopporterebbe o, meglio, difficilmente riuscirebbe a ribellarsi. Di sicuro, però, l'immagine di Putin – sia all'interno sia all'esterno della Russia – ne soffrirebbe. C'è un Occidente ad esempio, «contaminato» dalla narrazione del Cremlino evidentemente, che a quasi tre anni dall'invasione su larga scala dell'Ucraina insiste nel rifiutare la realtà dei fatti: Putin sta pagando un prezzo carissimo per questa guerra, l'economia del Paese è tutto fuorché solida e, ancora, le tanto criticate sanzioni occidentali stanno funzionando. Una crisi finanziaria russa, in sostanza, dimostrerebbe ciò di cui Putin è consapevole. Da tempo, anche. Se l'Occidente usa le sue risorse con determinazione e rimane unito, la Russia non può vincere. «Putin è seduto su una bomba a orologeria che ha creato lui stesso» ha concluso Martin Sandbu sempre sul Financial Times.