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Con ChatGPT, ora, è esplosa l'arte dello scontrino falso

Il rischio è quello di gonfiare rimborsi spese o presentare prove false, ma OpenAI al momento sembrerebbe voler dribblare la questione
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Red. Online
07.04.2025 10:45

Arte, ma non solo. L'ultimo aggiornamento di ChatGPT, fra le altre cose, ha permesso a chiunque di immaginarsi (o immaginare qualsiasi cosa) in stile Ghibli. Aprendo, inevitabilmente, il grande capitolo della proprietà intellettuale e del diritto d'autore. Ora, però, a emergere è un'arte, diciamo così, più concreta. Il chatbot di OpenAi, come riferiscono ad esempio TechCrunch e Geopop, ha attirato l'attenzione su di sé, una volta di più, per la possibilità di generare, da zero e con pochi, precisi input, scontrini e ricevute. Immaginate, insomma, il ventaglio di possibilità. Ogni attività commerciale, dai negozi di abbigliamento ai ristoranti, potenzialmente può essere coinvolta nella generazione di queste ricevute fittizie.   

Attenzione: online stanno circolando scontrini verosimili generati con ChatGPT, addirittura macchiati digitalmente con piegature e rimasugli di cibo o vino per sembrare usati. Dicevamo del ventaglio di possibilità: se è vero che ChatGPT è stato pensato per scopi creativi e didattici, il passo verso l'abuso in casi del genere rischia di essere breve, se non brevissimo. Qualcuno, per dire, potrebbe gonfiare i rimborsi spese o presentare prove false. 

La svolta, in questo senso, è strettamente collegata al citato aggiornamento: ChatGPT, infatti, ora è in grado di generare testo perfettamente leggibile all'interno delle immagini. Un vero e proprio limite dell'AI generativa fino a poco tempo fa, dunque, è stato superato. Aprendo scenari sin qui impensabili. Di qui la creazione, come detto, di scontrini con cifre, nome e logo del locale, dettagli grafici credibili. Gli esempi, sui social, abbondano. E, per certi versi, spaventano. Anche perché alla macchina possiamo dare in pasto le informazioni più dettagliate, a partire dal prezzo delle singole voci e della valuta. Per carità, all'occhio più attento non sfuggiranno alcuni errori che ancora GPT-4o, l'attuale modello del chatbot di OpenAI, commette: i conti, letteralmente, spesso non tornano. Ma si tratta di errori che si possono tranquillamente correggere fornendo, appunto, informazioni più precise o agendo in seconda battuta tramite fotoritocco.

OpenAI, al riguardo, si è difesa spiegando che tutte le immagini generate da ChatGPT includono metadati C2PA. Metadati che indicano se un contenuto è stato creato o meno da un'intelligenza artificiale. Così Taya Christianson, portavoce di OpenAI, su precisa richiesta di TechRadar: «Monitoriamo le generazioni di immagini dentro e fuori dalla nostra piattaforma, utilizziamo strumenti interni per verificare che siano stati creati dai nostri prodotti e agiamo quando identifichiamo le violazioni delle nostre politiche di utilizzo. Impariamo sempre dall'uso e dal feedback del mondo reale e continueremo a perfezionare le nostre politiche per bilanciare la libertà creativa con la prevenzione dell'uso improprio. Tutte le immagini includono metadati C2PA standard del settore che indicano che sono stati generati dall'AI da OpenAI».

Il problema? Come sottolinea Geopop, i metadati citati da OpenAI potenzialmente possono essere rimossi nel processo di esportazione dell'immagine. Complicando, di riflesso, la pratica di distinguere uno scontrino falso da uno vero. TechCrunch, che pure ha chiesto lumi a OpenAI, si è sentito rispondere che «l'obiettivo di OpenAI è quello di offrire agli utenti quanta più libertà creativa possibile» e, ancora, che le false ricevute generate dall'AI potrebbero essere utilizzate per «insegnare alle persone l'alfabetizzazione finanziaria». Un dribbling bello e buono, verrebbe da dire.