Così, all'improvviso, la propaganda russa cambia toni: «Gli Stati Uniti? Bravi ragazzi»

Da una decina d'anni almeno, dall'annessione della Crimea, la macchina di propaganda russa – sostenuta dalla diffusione capillare dei social – lavora instancabilmente per dipingere gli Stati Uniti come una forza egemone e dispotica, i cattivi, i «burattinai» d'oltreoceano che vogliono distruggere Mosca per mezzo dell'Europa e dell'Ucraina. Il fenomeno, rimasto relativamente stabile nel corso del primo mandato Trump (2016-2020), è arrivato oggi – a poco più di un mese dal ritorno del tycoon alla Casa Bianca – a un brusco stop. Da qualche giorno, fa notare un articolo recentemente pubblicato dal New York Times, la Russia ha smesso di parlar male del proprio avversario. Un'inversione di marcia, quella messa in atto non solo dalla televisione controllata dallo Stato, ma anche dagli stessi politici del Cremlino, che procede di pari passo con lo stravolgimento di decenni di politica estera statunitense promosso da Trump.
Politica e TV
La trasformazione, sin qui impensabile, si è realizzata nel giro di un mese o poco più. Lo stesso mese nel quale Donald Trump si è dimostrato più che disposto ad abbracciare la falsa narrazione del Cremlino sulle ragioni della guerra in Ucraina e, soprattutto a togliere all'alleato ogni forma d'aiuto militare. Nel corso dei tre anni di guerra le parole rivolte dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov agli Stati Uniti hanno spesso e volentieri seguito, con poche variazioni, un unico copione. Accuse di minacciare il sistema il sistema globale, impedire il multilateralismo, pretendere l'obbedienza indiscussa dai propri alleati, anche a scapito dei loro interessi nazionali. Washington era dipinta come la guida dell'Occidente in una crociata contro la Russia. Una linea, questa, tenuta anche a inizio 2025: un mese fa, in un discorso, Lavrov definiva gli «egoisti» Stati Uniti «guida dell'Occidente collettivo» nella lotta contro Mosca.
Poi, improvvisamente, il cambiamento. In un'intervista rilasciata domenica alla televisione di Stato russa, nota il NYT, Lavrov ha elencato i mali che l'Europa - e non l'America - ha portato al mondo. Un modo di porre la questione che rivede le responsabilità e gli Stati Uniti, improvvisamente, passano dall'essere «burattinai» a spettatori innocenti. «Colonizzazione, guerre, crociate, guerra di Crimea, Napoleone, prima guerra mondiale, Hitler. Se guardiamo alla storia in retrospettiva, gli americani non hanno avuto alcun ruolo di istigazione, tantomeno incendiario». Un completo stravolgimento della narrazione reso ancora più esplicito dal conduttore Dmitri Kiselyov nel suo programma settimanale su Rossiya-1, emittente statale. Nel corso del programma, Kiselyov ha definito l'Europa come il «partito della guerra», al quale si oppone un triumvirato, – «grande troika» – composto da Stati Uniti, Russia e Cina, i quali formeranno «la nuova struttura del mondo».
Putin e le giustificazioni
Il cambio di toni, tuttavia, è stato promosso dallo zar stesso. Abituato ad accusare l'Occidente, «guidato dagli Stati Uniti», di tentare di «smembrare e saccheggiare la Russia», la scorsa settimana Putin ha proposto agli Stati Uniti un accordo per l'estrazione di minarli russi simile a quello che Washington potrebbe firmare con Kiev. Nel corso di un'intervista concessa all'anchorman russo Pavel Zarubin, Putin ha spiegato che la Russia «possiede un ordine di grandezza» maggiore di terre rare rispetto all'Ucraina e ha affermato che Mosca può cooperare sia con il governo degli Stati Uniti sia con le aziende statunitensi in progetti di investimento di capitale per i materiali di terre rare. Da nemici a soci in affari, insomma, è un attimo. O quasi. Considerata la brusca, brusca inversione a U, pure il Cremlino ha dovuto, in qualche modo, giustificare di fronte alla popolazione russa il cambiamento di politica. Il cambiamento è stato così netto che la televisione di Stato russa ha mostrato, la scorsa domenica, un giornalista chiedere al portavoce del Cremlino Dmitri Peskov come fosse possibile che «un paio di mesi fa dicevamo pubblicamente di essere quasi nemici». «Questo, in effetti, non si poteva immaginare», ha risposto Peskov, «ma ora la politica estera americana coincide con la nostra visione in molti modi».
E mentre alcuni commentatori vicini al Cremlino si danno da fare nel rievocare improbabili precedenti di amicizia russo-statunitense – «Caterina la Grande si rifiutò di aiutare Londra a sedare la Rivoluzione americana» – c'è chi ringrazia l'elettore americano, vero promotore del cambiamento: «Il popolo statunitense si è stancato dell'impero globale», ha commentato un personaggio di spicco dei talk russi, il regista Karen Shakhnazarov.