Da Mosca a Solingen: ma quindi l'ISIS è ancora vivo?
Prima di questa sera, l’ultima rivendicazione dell’ISIS risale al marzo scorso. Quando, cioè, un commando armato aveva seminato morte e distruzione all’interno di un centro commerciale di Mosca, il City Crocus Hall. Dietro all’attacco con coltello di venerdì Solingen, in Germania, ci sarebbe dunque la mano dello Stato Islamico, secondo quanto comunicato su Telegram dallo stesso gruppo terroristico di stampo jihadista. Ma di chi, e soprattutto che cosa, stiamo parlando esattamente?
Come chiamarlo?
L’ISIS o Stato Islamico, conosciuto anche con i termini ISIL, IS o Daesh, è un’organizzazione islamica di stampo jihadista, come detto, attiva soprattutto fra il 2010 e il 2020. Decennio durante il quale ha rivendicato parecchi attentati in Europa, in Medio Oriente e in Africa. La sua ideologia è legata al ritorno della dottrina islamica integralista, considerata la più “pura”, tant’è che l’ISIS si è accanito anche contro i Paesi musulmani che hanno adottato i costumi occidentali o posizioni moderate. Il tutto, evidentemente, incolpando l’Occidente di aver spaccato il mondo musulmano impedendone uno sviluppo indipendente.
Qual è l'obiettivo dell'ISIS?
L’obiettivo dell’ISIS era e rimane quello di creare un Paese o, appunto, uno Stato in cui radunare i musulmani. Nel radunarli, lo Stato Islamico intende altresì riportarli a un’interpretazione “più autentica”, come sottolinea fra gli altri Geopop, della Sharia. La legge islamica. Di qui l’imposizione del velo integrale alle donne, il divieto a ogni forma di musica, la pena di morte per la blasfemia e via discorrendo.
Quando e come è nato?
L’ISIS, se vogliamo, è il frutto di un contesto geopolitico complicato e, verrebbe da dire, frastagliato. Prima della sua nascita, a dominare il mondo a livello di minaccia terroristica c’era un altro gruppo militante: Al Qaeda, organizzazione fondata sul finire degli anni Ottanta dal leader saudita Osama Bin Laden responsabile, fra le altre cose, degli attacchi dell’11 Settembre. Gli Stati Uniti risposero a quegli attentati dapprima invadendo l’Afghanistan, dove si riteneva potesse nascondersi Bin Laden, quindi l’Iraq (con motivazioni fallaci). Dopo l’arrivo degli americani in Iraq, nel Paese mediorientale scoppiò una vera e propria guerra civile che – in particolare – colpì ed emarginò la minoranza sunnita. Al Maliki, eletto primo ministro nel 2006, era sciita. E finì per escludere dal governo le milizie sunnite, eliminate tramite scontri o incarcerazioni. Nel tentativo e nella speranza di mantenere l’ordine, gli americani rinchiusero in varie prigioni del Paese ribelli, terroristi, delinquenti e, ancora, fondamentalisti islamici. Fra le carceri più note citiamo Camp Bucca e Abu Ghraib. Dove furono praticate anche torture, fatto questo che alimentò e non poco l’odio nei confronti dell’Occidente in Medio Oriente. Due anni prima dell’elezione di Al Maliki, nel 2004, proprio a Camp Bucca venne rinchiuso Abu Bakr al-Baghdadi, miliziano di Al Qaeda. Un sunnita che, va da sé, fece di tutto per alimentare le divisioni interne del Paese. Al Qaeda, spiega sempre Geopop, aveva ottenuto un discreto successo in Iraq poiché aveva raccolto oltre mezzo milione di soldati iracheni rimasti senza lavoro. Al-Baghdadi, soprattutto, aspirava a essere il successore di Al Zarqawi, il leader dell’organizzazione in Iraq. Ma di sbocchi, evidentemente, non ce n’erano. In carcere, così, radunò un gran numero di persone, gettando di fatto le basi per un nuovo gruppo militante. L’ISIS. I sunniti iracheni trovarono comprensione e appoggio in Siria, dove pure la popolazione sunnita era schiacciata dagli sciiti. Il leader del Paese, Bashar al-Assad, era un acceso sostenitore di politiche anti-sunnite. Questa alleanza fu sapientemente intercettata dai jihadisti.
Perché è si parla di organizzazione crudele?
L’ISIS, per la crudeltà dei suoi attentati, per le esecuzioni di massa e, soprattutto nei primissimi tempi, per la distruzione sistematica dei luoghi di culto e dei patrimoni dell’umanità, è considerata una delle più feroci organizzazioni terroristiche di sempre. Sin dai suoi primi vagiti, poi il gruppo seppe sfruttare la rete per amplificare le proprie azioni. E per attirare seguaci. Il primissimo video di una lunga serie di esecuzioni cruente risale a dieci anni fa: un britannico nato in Kuwait con il nome di battaglia di Jihadi John criticò l’operato degli Stati Uniti e decapitò in diretta il fotoreporter James Foley e il giornalista Steven Sotloff.
L’ISIS, sfruttando il progressivo abbandono statunitense dell’Iraq, acquistò autorevolezza e autorità. Consensi, anche. Rubando, al contempo, militanti ad Al Qaeda. Grazie alla guerra civile scoppiata nel frattempo in Siria, inoltre, ottenne armi e territori con relativa semplicità. Fra le prime città conquistate c’era Mosul, in Iraq, dove – nel giugno del 2014 – al-Baghdadi si mostrò al mondo dalla Grande Moschea al Nuri. Annunciando la nascita dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante e dichiarando guerra agli infedeli e all’Occidente.
Quali attentati ha commesso l'ISIS?
Dicevamo degli attentati. Fra i più cruenti e tristemente noti ci sono quello al Museo del Bardo di Tunisi (2015), quelli a Parigi (2015) e la strage di Nizza (2016). Oltre alle attività terroristiche in Europa, l’ISIS negli anni continuò a conquistare territori in Medio Oriente. Facendo di Raqqa, nel nord della Siria, la capitale del Califfato. Durante la sua massima espansione lo Stato Islamico raggiunse una superficie di 100 mila chilometri quadrati e impose il suo controllo a circa 12 milioni di persone. Addirittura, fra il 2014 e il 2017 l’ISIS si comportò come un vero e proprio Stato: aveva una burocrazia, batteva moneta, rilasciava certificati di nascita, targhe e passaporti e istituì pure dei tribunali per processare sommariamente gli infedeli.
L'Occidente, però, l'aveva sconfitto, giusto?
L’Occidente reagì all’espansione del Califfato creando una coalizione internazionale a guida statunitense, durante la presidenza di Barack Obama, con la partecipazione diretta di Francia, Regno Unito, Australia, Canada, ma anche Giordania e Marocco. L’Italia dal canto suo offrì supporto economico e militare. Con operazioni separate, anche l’Iran e la Russia intervennero contro l’ISIS, affiancandosi alle unità militari dei curdi. Un popolo sparso fra Iraq, Siria, Turchia e Iran a cui l’ISIS aveva occupato la terra. Il fatto che Iran e Russia fossero alleati dei curdi mandò in cortocircuito la Turchia, da tempo invece intenta a eliminare proprio i curdi.
Che cosa resta, oggi, dell'ISIS?
I primi risultati non tardarono ad arrivare, con la liberazione di Raqqa nell’ottobre del 2017. L’inizio della fine per lo Stato Islamico. Che, tuttavia, esiste e resiste ancora, con delle cellule in Iraq e in Siria. Non solo, anche gruppi terroristici come Boko Haram o lo Stato Islamico del Corno d’Africa sono riconducibili all’ISIS mediorientale, per tacere dell’ISIS-K. Ovvero, uno specifico gruppo armato di estremisti islamici sunniti fondato tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 nell’area di confine tra Pakistan e Afghanistan. Lo Stato Islamico-Khorasan, la «provincia» con basi nell’area afghana diventata oggi punta di lancia del Califfato, ha come obiettivo quello di ottenere il controllo del Khorasan e di crearvi un califfato (Wilayat Khorasan, «provincia di Khorasan») che abbia come fondamento la citata Sharia, la legge islamica, da espandere oltre i confini della regione. In questo processo il gruppo armato è in lotta anche contro lo stesso regime talebano afghano e contro le forze armate ufficiali pakistane. Guai, insomma, a dare per morto l’ISIS. Basti pensare alla rivendicazione odierna.