Dalle banconote ai francobolli, ecco come cambieranno i simboli reali
Quello di Elisabetta II, lo abbiamo detto, è stato un regno da record. Ora, con la proclamazione e la futura intronizzazione del figlio Carlo, giocoforza le cose cambieranno. In tutti i sensi. Vediamo, in dettaglio, come.
Le bandiere
Migliaia di bandiere, all’esterno delle stazioni di polizia in tutto il Regno Unito, ma anche sulle navi militari, presto o tardi dovranno essere sostituite. Alcune perché hanno «i colori della regina»; (quasi) tutte perché portano la cifra reale EIIR, ovvero Elisabetta II Regina. Il discorso vale anche per i Paesi nei quali il monarca britannico, formalmente, è capo di Stato: l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda, che sventolavano bandiere personalizzate ogniqualvolta Elisabetta era in visita.
Il Guardian, inoltre, ha sottolineato che, forse, anche lo stendardo reale subirà alcune modifiche. La versione utilizzata finora dalla regina, infatti, includeva un quarto in rappresentanza della Scozia (un leone rampante), uno per l’Irlanda (un’arpa) e due in rappresentanza dell’Inghilterra (tre leoni). E il Galles? Niente. Il vessillo, d’altronde, era in uso prima che il Galles ottenesse una sua bandiera nazionale, nel 1959. Con Carlo, tuttavia, lo stendardo potrebbe appunto contenere anche un elemento che richiami una costola importante del Regno.
Le monete
Secondo le stime, ci sono circa 4,5 miliardi di sterline (banconote) in circolazione che raffigurano Elisabetta. Il valore complessivo? 80 miliardi. Serviranno, pare, almeno due anni per sostituirle tutte, stampando quindi valuta con il volto del 73.enne Carlo. L’ultima serie di banconote da 50 sterline, ad esempio, necessitò di 16 anni fra richiamo delle vecchie banconote e sostituzione. Particolare: quando Elisabetta venne intronizzata, nel 1952, il monarca non era presente sulle banconote. L’orizzonte cambiò anni dopo, nel 1960, quando il volto della regina iniziò a comparire sulle banconote da 1 sterlina. Elisabetta, di nuovo, è raffigurata anche all’estero: la troviamo sui 20 dollari canadesi, sulle monete in Nuova Zelanda e su alcune banconote caraibiche.
A proposito di monete, storicamente non è mai stato un problema per i britannici ritrovarsi nel portafogli diversi monarchi. Il cambio, infatti, era sempre stato fatto organicamente e non richiamando le monete con i volti dei monarchi deceduti.
L'inno nazionale
Fra i cambiamenti più semplici, per contro, teoricamente sarà il testo dell’inno nazionale. Non più «Dio salvi la nostra graziosa regina» ma «Dio salvi il nostro grazioso re». Detto ciò, è plausibile affermare che, all’inizio, molti canteranno ancora God Save The Queen. La forza dell’abitudine, dopo settant’anni di regno. L’inno, per i più curiosi, è in uso dal lontano 1745. Nella sua prima versione diceva così: «Dio salvi il grande Giorgio nostro re, lunga vita al nostro nobile re, Dio salvi il re».
Le preghiere
Elisabetta, fra le altre cose, difendeva la fede nonché il «governatore supremo» della Chiesa d’Inghilterra. Nel Book of Common Prayer, non a caso, figurano preghiere dedicate alla figura della monarca. In particolare, a Dio viene chiesto di «riempirla con la grazia del tuo Santo Spirito». Ora, beh, tali preghiere dovrebbero essere modificate o quantomeno adattate a Carlo. Le modifiche definitive, come dopo la morte della regina madre, possono essere fatte tramite la legge o per mandato reale, ma i sacerdoti possono senza problemi cambiare il testo delle preghiere per uso temporaneo.
Il mandato reale
Veniamo ora al famoso Royal warrant of appointment. Parliamo dei mandati reali di nomina, emessi per secoli a commercianti che forniscono beni o servizi a una corte reale o a determinati personaggi reali. Il mandato reale, citiamo Wikipedia, consente al fornitore di pubblicizzare il fatto che fornisce all’emittente il mandato reale, dando così prestigio al fornitore. Le famiglie reali del Regno Unito, dei Paesi Bassi, del Belgio, del Lussemburgo, di Monaco, della Danimarca, della Svezia e del Giappone, tra gli altri, consentono ai commercianti di pubblicizzare il patrocinio reale. Fateci caso, per quanto riguarda il Regno Unito: sulle bottiglie di champagne o su altri prodotti di grido è possibile trovare la dicitura «By Appointment to...» seguito dal titolo e dal nome del cliente reale. Va da sé che se Carlo ordinerà del Moët & Chandon, d’ora in avanti, figurerà il suo nome e non quello della madre. Il mandato reale della regina, al momento, vale per oltre 600 aziende che vantano una lunga tradizione di fornitura della casa reale. Fra queste, citiamo Steinway per i pianoforti o Gordon per il gin. C’è chi, come detto, godrà ancora di questo status ricevendo un nuovo mandato ma c’è anche chi, al grido «i gusti sono gusti», potrebbe perderlo o ripiegare su un altro membro della famiglia reale, come il nuovo principe di Galles William.
Le cassette della posta
Sono rosse, iconiche quanto le (oramai scarse) cabine telefoniche. E sono decorate con la cifra reale di Elisabetta. Parliamo delle cassette postali che, ha chiarito ancora il Guardian, difficilmente verranno rimosse in blocco. Tant’è che, nel Regno, se ne trovano ancora oggi diverse con la cifra di re Giorgio VI. Le poste, per contro, cambieranno i francobolli introducendo l’immagine del nuovo monarca
Il giuramento
Capitolo giuramento. Nel Regno Unito, i parlamentari non possono sedersi alla Camera dei Comuni, lanciarsi in dibattiti, votare e ricevere uno stipendio senza una promessa di fedeltà alla corona. Dal 1952, la frase esatta da pronunciare era: «Io (nome e cognome del membro, ndr) giuro su Dio onnipotente che sarò fedele e porterò vera fedeltà a Sua Maestà la Regina Elisabetta, ai suoi eredi e successori, secondo la legge. Quindi aiutami Dio». Anche qui, vi sarà un logico cambiamento.
Lo stesso dicasi per i nuovi cittadini britannici, cui viene chiesto di «portare vera fedeltà a Sua Maestà la Regina Elisabetta II, ai suoi eredi e successori». Che dire poi di lupetti e scout, per settant’anni abituati a promettere di «fare il mio dovere verso la regina», o ancora dei nuovi membri delle forze armate, i quali finora hanno giurato di «essere fedeli e portare vera fedeltà a Sua Maestà la Regina Elisabetta II, ai suoi eredi e successori».
I rapporti con il Commonwealth
La morta di un monarca come Elisabetta, concludendo, ha ripercussioni sul mondo intero e nello specifico per alcuni Paesi del Commonwealth che riconoscono la regina come capo di Stato: sono 14 le nazioni che dovranno modificare la loro costituzione in questo senso per «fare spazio» a Carlo. Il Guardian ha spiegato che in Paesi come la Giamaica, dove è forte la componente repubblicana, e Belize simili cambiamenti passeranno da un referendum. La corona britannica aveva già perduto le Barbados, diventate una repubblica nel 2021.
La questione è stringente, in particolare sull’ingerenza del nuovo monarca nella vita politica ed economica di altre nazioni.
Papua Nuova Guinea, Isole Salomone, Tuvalu, Antigua e Barbuda, Bahamas, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia e Saint Vincent e Grenadine, per dire, dipendono (meglio, dipenderebbero) da Carlo III per la nomina del governatore generale. Ma, come detto, è necessaria prima una modifica costituzionale.
Chi, invece, aveva già previsto simili scenari – l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda – non deve preoccuparsi: Carlo III, automaticamente, è il nuovo capo di Stato.