Dazi sul settore dell'auto canadese: gli Stati Uniti rischiano «un effetto boomerang»

Donald Trump minaccia di far chiudere il settore dell'auto canadese a suon di dazi, ma il rischio per la Casa Bianca è quello di un effetto boomerang.
A pagare il prezzo delle tariffe, infatti, saranno soprattutto le case automobilistiche americane e quelle giapponesi, quelle che hanno impianti in Canada. Mentre, sul fonte europeo, Volkswagen ha annunciato nel 2023 che avrebbe costruito il primo impianto di batterie per auto elettriche in Ontario: la produzione è attesa iniziare nel 2027.
Il Canada, così come il Messico, è parte integrante della produzione automobilistica nordamericana fin dagli inizi del 1900. I rapporti con i costruttori americani si sono rafforzati negli anni, tanto che Ottawa durante la grande recessione del 2008 ha contribuito insieme agli Stati Uniti di Barack Obama alla task force che ha accompagnato e fatto emergere dalla bancarotta General Motors e Chrysler.
Nel 1904 Ford ha aperto Ford Motor of Canada in Ontario a Windsor, la città separata solo da un fiume da Detroit, la capitale dell'auto americana. Anche Chrysler scelse Windsor come sua base canadese. Ford ha impianti di assemblaggio e di motori in Canada, ed è quindi esposta ai dazi di Trump. Il suo amministratore delegato Jim Farley ha detto il mese scorso che le tariffe sarebbero state «devastanti» per le case automobilistiche americane. General Motors ha nel Paese centri ricerca, di distribuzione di componenti e di assemblaggio. Stellantis in Canada ha 8.845 dipendenti (dati della società al gennaio 2024) e tre impianti manifatturieri (Windsor, Brampton e Etobicoke).
Significativa anche la presenza delle case automobilistiche giapponesi. Toyota ha tre stabilimenti nel Paese, mentre Honda produce a Alliston. I colossi giapponesi importano negli Stati Uniti da Canada e Messico circa 1,6 milioni di auto l'anno e un aumento dei dazi, secondo gli analisti, potrebbe far scendere il volume delle vendite del 2025 del 12%.