La struttura

Dentro al carcere dell'Aquila dove è stato portato Matteo Messina Denaro

Nella prigione abruzzese si trovano 159 detenuti in regime di 41 bis: visite sorvegliate, letti saldati e tv senza canali locali onde evitare messaggi in codice
© AP/Carabinieri
Red. Online
17.01.2023 14:15

L’aereo militare, riferiscono i media italiani, è atterrato a Pescara in provenienza da Palermo alle 22 di ieri. A bordo, Matteo Messina Denaro. Il boss. Dalla pista, l’oramai ex latitante è stato trasferito (per il momento) nel carcere delle Costarelle a L’Aquila.  

Una scelta logica, considerando che la prigione abruzzese ospita una buona parte dei 760 detenuti in regime di 41 bis: 159. Sono dodici, in totale, le strutture carcerarie italiane deputate al cosiddetto «carcere duro».

Alle Costarelle, fra gli altri, si trovano Nadia Desdemona Lioce, la terrorista che sta scontando l’ergastolo per i delitti di Massimo D’Antona e Marco Biagi. E sempre in Abruzzo sono detenuti prigionieri del calibro di Leoluca Bagarella, Raffaele Cutolo, Francesco «Sandokan» Schiavone e Felice Maniero, il boss del Brenta. E poi, come ricorda il Corriere della Sera, Filippo Graviano, Carlo Greco, Ignazio Ribisi, Pasquale Condello, Paolo Di Lauro, Ferdinando Cesarano. In alcune occasioni, all’Aquila si è visto pure Totò Riina.

Fu ultimato nel 1986

Il carcere delle Costarelle fu terminato nel 1986, ma diventò operativo più tardi, nel 1993, quando venne dismesso il vecchio carcere cittadino in centro città. Di regola può contenere 150 detenuti, ma la sua capienza può allargarsi a 300. La conversione, se così vogliamo chiamarla, a prigione per detenuti sottoposti a particolari regimi di sicurezza avvenne per contro nel 1996. Il numero di persone soggette a 41 bis, negli anni, è cresciuto. Di riflesso, è cambiata l’organizzazione interna della prigione: i controlli, per dire, sono più rigorosi e più frequenti. E anche gli agenti penitenziari differiscono rispetto alle strutture «normali».

Il Gruppo operativo mobile

Tutti i locali delle Costarelle, ad esempio, sono dotati di telecamere. Venendo alle singole celle, non c’è angolo che possa sfuggire al Grande Fratello interno. Ad eccezione del bagno, per ovvie questioni di privacy. Pure i colloqui cui ha diritto un detenuto – una volta al mese – sono registrati via video e ascoltati. L’ordine, insomma, è monitorare e vigilare. Sempre e comunque. Ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette.

Il controllo è affidato agli agenti del GOM, il Gruppo operativo mobile, reparto della Polizia penitenziaria creato nel 1997 con un provvedimento dell’allora Direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Michele Coiro, addestrato per gestire detenuti come i boss mafiosi o i terroristi.  

La televisione? Non quella locale

All’Aquila, il controllo delle singole celle viene programmato più volte al giorno. A sorpresa. Gli agenti del GOM annusano perfino i detersivi, mentre i letti sono saldati e le finestre sono progettate e strutturare in modo che non possa esserci contatto con altri detenuti. L’intero carcere, per farla breve, è ridotto all’essenziale.

Le Costarelle, fra l’altro, è l’unica prigione in Italia con una sezione femminile in regime di 41 bis. Detto di Lioce, sono detenute anche le mogli di alcuni boss che avevano ereditato il comando dopo l’arresto dei mariti. La più anziana, ha chiarito sempre il Corsera, ha 72 anni. Venendo a Messina Denaro e conoscendo la sua passione per il lusso – basti pensare al suo covo o al fatto che, al momento dell’arresto, indossasse un orologio da 35 mila euro – è bene ricordare che all’Aquila sono vietati abiti firmati e tessuti trapuntati, onde evitare che possano passare oggetti di qualsiasi tipo.

La lettura è consentita, anche se i libri può fornirli soltanto la struttura. Anche la televisione è ammessa, unicamente per i canali nazionali: le tv locali, infatti, potrebbero trasformarsi in una fonte di informazioni per i boss.

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