Dietro la nuova capitale dello Zimbabwe c'è la Cina
Prima l'Egitto. E ora lo Zimbabwe. Sembrerebbe che le ambiziose idee di Al-Sisi siano arrivate fino ad Harare. Mentre alle porte del Cairo, a fatica, si costruisce la nuova capitale amministrativa, nei pressi della capitale zimbabwiana si prende ispirazione e si costruisce, anche qui, una nuova città. E non una città qualsiasi, ma una «per ricchi». Che, differentemente da quella egiziana, ha già un nome. Anche se le difficoltà riscontrate nel costruirla sono molto simili. Ma vediamo nel dettaglio che cosa sta succedendo, ancora una volta, nel continente africano.
Una storia già sentita
Partiamo dal principio. Il copione sembra sempre lo stesso. La capitale – in questo caso Harare – è vicina al collasso, e si cerca di salvare la situazione costruendo una nuova città dove spostare gran parte delle istituzioni, dei servizi e dei cittadini. Una storia già sentita, insomma. Ma, a tratti, con una marcia in più. Rispetto all'Egitto, la nuova capitale dello Zimbabwe ha infatti già un nome e un'ubicazione: Mount Hampden, a circa 17 chilometri da Harare. Una città che sarà adornata da imponenti grattacieli, ville di lusso e centri commerciali scintillanti. Almeno, per ora, sugli opuscoli informativi. Ma non finisce qui. Nella nuova capitale, una volta completata, sarà installato un importante impianto solare, per dare una svolta ai frequenti blackout che colpiscono il Paese, e farà la sua comparsa anche la tecnologia blockchain, oltre che i conti correnti digitali. Un progetto senza dubbio ambizioso, che fa concorrenza a quello egiziano, e che – volendo osservare la questione nel dettaglio – trova anche più ragioni di esistere. Se da un lato Al-Sisi intende spostare la sua capitale per dare tregua al Cairo, ormai sovraffollata, dall'altro la nuova capitale zimbabwiana ha – almeno sulla carta – più necessità di essere costruita. Si calcola infatti che in due decenni Harare si sia trasformata da città ben tenuta a territorio spesso inospitale. A causa della rapida espansione urbana, le sue strade sono spesso piene di buche. I rifiuti spesso non vengono raccolti e, non da meno, l'elettricità è spesso assente, così come l'acqua corrente pulita. E come se non fosse abbastanza, gli edifici commerciali della capitale sono occupati solo al 40%, mentre il restante centro città è invaso da venditori ambulanti.
Ma chi mette i soldi?
Parliamo però anche di costi. Secondo alcuni scettici – riporta Bloomberg – la costruzione di Mount Hampden è solo l'ultimo tentativo del presidente dello Zimbabwe Emmerson Mnangagwa di rilanciare un'economia nazionale che è quasi crollata. L'80.enne a capo del Paese è infatti salito al potere nel 2017 con un colpo di Stato, e da allora ha girato il mondo invano cercando di attirare gli investimenti. Ragione per cui, come nel caso della nuova capitale amministrativa egiziana, anche questa nuova città nascerà in un'economia particolarmente fragile. Basti pensare che i tassi di interesse dello Zimbabwe sono i più alti al mondo e l'inflazione annuale è del 244%. In tutto ciò, anche la valuta dello Zimbabwe è miseramente crollata. E la lista di problemi economici potrebbe continuare. Ma sulle orme del presidente egiziano, anche Mnangagwa non intende darsi per vinto e rinunciare ai suoi sogni. Tanto da aver già posato la prima pietra del progetto lo scorso 20 luglio, affermando che quel primo passo era la prima prova della sua capacità di attrarre finanziamenti.
Una domanda, dunque, sorge spontanea. Se oltre alla stessa Harare, anche l'economia zimbabwiana è vicina al collasso, chi sta finanziando il folle progetto di Mnangagwa e degli altri leader politici che lo sostengono? Tanto per cominciare, gran parte dei soldi arriva da Shaji Ul Mulk, miliardario che sta investendo ben 500 milioni di dollari in un progetto che, a suo dire, avrà un costo totale di 60 miliardi e trasformerà la nuova capitale in una sorta di nuova Dubai. Mulk ha confermato a Bloomberg che l'edificio del Parlamento è già stato costruito e tanti ministri stanno preparando le valigie per trasferirsi. E proprio parlando di questa prima struttura, fa capolino la Cina. Dietro la costruzione del nuovo Parlamento, infatti, c'è proprio Pechino. I due Paesi intrattengono infatti un buon legame già da tempo. E proprio per questo motivo, la Cina non ha esitato a costruire l'edificio del Parlamento al modico costo di 140 milioni di dollari, come "semplice" dono allo Zimbabwe. Edificio che, tra l'altro, è stato già inaugurato lo scorso 23 novembre.
Un progetto destinato a non decollare?
Ricapitolando, quindi, ci sono speranze per lo Zimbabwe? Costruire una nuova capitale, ormai, sembra quasi essere diventata una moda. Basti pensare all'Egitto, ma anche all'Indonesia, dove il presente Widodo sta cercando in tutti i modi di costruire una nuova città per salvare la popolazione di Giacarta da inquinamento, sovraffollamento e possibili disastri naturali. Tuttavia, come nei casi appena citati, anche Mount Hampden non sta riuscendo a emergere come da desideri del presidente. Secondo il viceministro del Governo locale, interpellato da Bloomberg, la nuova «cybercittà» sarebbe riuscita ad attirare l'interesse di investitori commerciali, al dettaglio e industriali. E lo stesso Ul Mulk, finanziatore del progetto, ha fatto sapere che la più grande banca dello Zimbabwe, ossia la CBZ Holdings Ltd., avrebbe messo a disposizione 100 milioni di dollari di finanziamento per lo sviluppo. Il condizionale è d'obbligo, tuttavia, perché la stessa banca non hai mai confermato tale investimento.
Ul Mulk ha inoltre confessato che almeno il 12% delle 250 ville di lusso che saranno costruite durante una prima fase è già stato acquistato con anticipo. Detto ciò, se la costruzione della città dovesse mai proseguire, la "vecchia" Harare si troverebbe in una situazione di ulteriore declino. E non dimentichiamo che i piccoli passi mossi fino ad ora non sono abbastanza per fare di Mount Hampden un progetto di successo.