L'intervista

«Dimissioni di un Papa? Domanda lecita, la Chiesa, però, ha altre priorità»

Le notizie in arrivo da Roma sulla salute di Francesco non sono, purtroppo, incoraggianti – Anche dal nostro cantone, in questi giorni, sono stati indirizzati verso il pontefice pensieri e preghiere: lo conferma monsignor de Raemy
©ALESSANDRO DI MEO
Dario Campione
01.03.2025 06:00

Le notizie in arrivo da Roma sulla salute di Francesco non sono, purtroppo, incoraggianti. Anche dal nostro cantone, in questi giorni, sono stati indirizzati verso il pontefice pensieri e preghiere: lo conferma monsignor de Raemy

Come sta vivendo la comunità cattolica ticinese questo particolare momento della Chiesa?
«So che nelle parrocchie, spontaneamente, si prega e si fa pregare per il Papa, come nelle famiglie quando qualcuno si è ammalato o viene operato. Non c’è stato nemmno bisogno di chiederlo».

E lei, personalmente?
«Appena si è appresa la notizia del ricovero del Papa, ho ricevuto subito la richiesta da parte di una giornalista che mi chiedeva la disponibilità di un mio intervento, anche durante la notte, visto che secondo lei il Santo Padre stava per morire. Mi sono reso conto, una volta di più, dell’importanza pubblica che riveste il papato. Mette in agitazione tutte le redazioni. Da parte mia, ho provato dispiacere per il Santo Padre. Ma sappiamo anche che è in buone mani e che riceverà tutte le cure necessarie per una persona della sua età».

La malattia del Papa è un fatto mediatico ma, nello stesso tempo, un passaggio molto «umano». Quale riflessione induce, anche in considerazione della decisione dello stesso Francesco di rendere del tutto trasparente la sua malattia?
«Le più grandi indipendenza, libertà e trasparenza le ha avute papa Benedetto  XVI quando ha preso la decisione di dare le dimissioni, confrontando le sue forze con i suoi compiti e senza lasciarsi influenzare da considerazioni strategiche o mediatiche. I comunicati della Santa Sede sulla malattia di papa Francesco sono molto chiari per chi si intende di medicina e forse un po’ meno per la gente comune. Però, è bello che venga precisato come il Santo Padre riesca a portare avanti le pendenze del suo ministero».

Nella sua autobiografia, Francesco ha detto di immaginare il ministero petrino «ad vitam», pure sottolineando che, in caso di impedimento permanente, la Segreteria di Stato è autorizzata a far valere la lettera di dimissioni firmata e consegnata dopo l’elezione. Secondo lei, è venuto il momento di immaginare un termine del mandato esecutivo anche per il Papa, così come accade per i vescovi e per i cardinali?
«La particolarità del ministero del Papa è quella data da Cristo a Pietro: “conferma” i tuoi fratelli, e non viceversa. Questo gli conferisce uno statuto del tutto speciale. La domanda è però lecita e merita di essere approfondita, visto anche l’aumento della speranza di vita di una persona».

Dimissioni del Papa? Ci sono ben altre priorità, a cominciare dalla preghiera per chi è malato

Quanto pesa, sulla realtà attuale, il gesto compiuto da Benedetto XVI nel 2013? Si può dire che sia stato una sorta di spartiacque tra un prima (in cui era quasi inconcepibile che un Papa lasciasse) e un dopo?
«Diciamo piuttosto che ha aperto una porta che c’era già - tutto è infatti previsto dal Codice di diritto canonico - ma che nessuno osava varcare».

E in ogni caso, le sembra opportuno, in momenti simili, discutere dentro la Chiesa delle eventuali dimissioni del Papa?
«Ci sono ben altre priorità nella nostra vita cristiana quotidiana, a cominciare dalla preghiera per chi è malato. Francesco ha già previsto tutto con la citata lettera di dimissioni: non anteponiamo dimissioni altrui alle nostre missioni».

La Chiesa modellata da Francesco continuerà nella missione indicata dal Papa argentino anche dopo la sua uscita di scena?
«Il Papa lascia un magistero ordinario che entra a far parte della tradizione viva della Chiesa che, così come per tutti i predecessori, conoscerà sviluppi che solo Dio sa».

Lei che cosa si aspetta in questo senso?
«Quello che lo stesso papa Francesco scrive nella sua autobiografia pubblicata appena un mese fa: (Spera, Mondadori): “All’alba di quello che si delinea come un nuovo cambiamento d’epoca, mi piace ricordare a ciascuno le parole pronunciate da Giovanni Paolo II: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!’. E se un giorno i timori e le preoccupazioni vi assalgono, pensate a quell’episodio del Vangelo di Giovanni, alle nozze di Cana, e dite a voi stessi: il vino migliore deve ancora essere servito. (…) Il vento dello Spirito non ha smesso di soffiare. Fate buon viaggio, fratelli e sorelle”».