Disastro del volo Jeju Air: si fa largo anche l'ipotesi dell'errore umano
Spetterà alle indagini, evidentemente, fare luce sulle cause del disastro del volo 7C 2216 di Jeju Air costato la vita a 179 persone. Subito dopo l’incidente, l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap ha ripreso le parole del capo dei vigili del fuoco dell’aeroporto di Muan: a causare il malfunzionamento del carrello di atterraggio sarebbe stato un cosiddetto birdstrike. Non solo, anche le condizioni meteo al momento del tentato atterraggio avrebbero avuto un ruolo.
Una doppia teoria, questa, fortemente messa in dubbio dagli esperti di aviazione in tutto il mondo. A cominciare dalle condizioni meteo: le immagini dell’incidente, infatti, non mostrano nuvole o altri «impedimenti». Non erano stati annunciati neppure venti forti. Dicevamo del birdstrike: in che modo l’impatto con uno stormo di uccelli avrebbe avuto conseguenze per il dispiegamento del carrello di atterraggio?
Dopo aver visionato i video circolati online, è corretto affermare che il Boeing 737-800 di Jeju Air potrebbe aver avuto un episodio di birdstrike prima dell’atterraggio. La torre di controllo, d’altronde, aveva avvertito i piloti del pericolo rappresentato dagli uccelli durante l’avvicinamento. Pochi minuti dopo aver ricevuto l’avvertimento, gli stessi piloti hanno lanciato una chiamata d’emergenza.
Normalmente, tuttavia, un birdstrike non ha alcun effetto sul telaio di un aereo e, quindi, sul dispiegamento del carrello. Così Hansjörg Bürgi, direttore di SkyNews.ch, ripreso dal Tages-Anzeiger: «I motori possono guastarsi, come è successo durante l’atterraggio sul fiume Hudson a New York nel 2009», senza però pregiudicare l’uso di componenti come il carrello. Le cui ruote, fra l’altro, possono essere estese anche manualmente in caso di guasto elettronico.
Dai video dell’incidente risulta che almeno un motore aveva l’invertitore di spinta inserito, spiega sempre Bürgi. Tradotto: il birdstrike non ha guastato entrambi i motori. Di conseguenza, non c’era necessità «estrema» di atterrare. I piloti avrebbero potuto effettuare una riattaccata, esaminare le liste di controllo e capire come estendere il carrello. Al contrario, l’equipaggio ha cercato di atterrare in fretta e furia. Con errori apparentemente evidenti: «L’aereo è atterrato troppo tardi» dice Bürgi riguardo al punto in cui il Boeing ha toccato la pista. Durante un «normale» atterraggio senza carrello, un Boeing 737-800 si fermerebbe dopo circa mille metri a causa dell’attrito. La pista di Muan, lunga 2.800 metri, sarebbe stata più che sufficiente.
I piloti del volo 7C 2216, invece, sembrerebbe siano atterrati tardi e a una velocità eccessiva, tanto che l’aereo ha oltrepassato la pista e si è schiantato contro il muro su cui erano fissate le antenne direzionali del sistema di atterraggio strumentale. Anche il fatto che un muro del genere sia stato posizionato così vicino alla pista ha sollevato non pochi interrogativi, ribadisce Bürgi. Per intenderci: in Europa un muro del genere sarebbe difficilmente immaginabile. «Senza questo muro – indica l’esperto – ci sarebbero stati molti più sopravvissuti». E questo perché l’aereo avrebbe avuto più metri a disposizione a mo’ di via di fuga.
A Zurigo, per intenderci, al termine della pista più corta – la 28 – un sistema di frenata di emergenza garantisce che un aereo non superi la pista e cada nel letto del fiume Glatt, profondo circa 8 metri. Qualora un aereo dovesse «andare lungo», insomma, affonderebbe nella superficie frenante in calcestruzzo espanso speciale e, appunto, si fermerebbe in tempo utile. Questo sistema è stato allestito nel 2015 su preciso ordine dell’Ufficio federale dell'aviazione civile. Apparentemente, a Muan non esisteva un sistema frenante del genere: avrebbe potuto contribuire a rallentare il Boeing e, forse, a salvare vite.
Dicevamo della fretta di atterrare: Flightradar24, al riguardo, sospetta che i piloti in realtà non volessero affatto atterrare. I piloti, secondo il portale specializzato nel tracking dei voli, avrebbero infatti effettuato un sorvolo al fine di far controllare alla torre se il carrello di atterraggio fosse esteso o meno. A conferma di questa tesi, il fatto che la velocità dell’aereo fosse troppo elevata e i flap non fossero estesi. I dati, dunque, parlerebbero chiaro.
Come in molti altri incidenti precedenti, è stata una catena di circostanze ad aver prodotto una tragedia di simili proporzioni. Una catena originata dal citato birdstrike ma, appunto, forse peggiorata dalle decisioni prese in cabina. E intanto, le statistiche raccontano di un 2024 alquanto problematico per la sicurezza aerea: sì, a causa degli schianti dell’ATR 72 di Voepass (62 vittime) e dell’Embraer 190 di Azerbaijan Airlines (38 vittime), nonché di quest’ultimo incidente (179), possiamo parlare di anno nero. Soprattutto se consideriamo che, nel 2023, sono morte solo 72 persone sui voli commerciali in tutto il mondo.