Il caso

Donald Trump è tornato alla Casa Bianca: che cosa ne pensa la Corea del Nord?

Pyongyang ha commentato il ritorno del tycoon con toni neutrali, limitandosi a riferire del giuramento e poco più – Una reazione che riaccende le luci sui rapporti tra i due Paesi
©Jon Chol Jin
Red. Online
22.01.2025 21:45

Ma come ha parlato la Corea del Nord del ritorno di Trump alla Casa Bianca? La risposta è molto semplice: in maniera neutrale. Senza fronzoli, senza troppi dettagli. Limitandosi, nella maggior parte dei casi, a riferire esclusivamente del giuramento e poco più. Un aspetto, questo, che non è passato inosservato. E che riaccende le discussioni su come si svilupperanno le relazioni tra Washington e Pyongyang, ora che Trump è tornato al potere. 

Per fare un esempio, Rodong Sinmun – principale quotidiano nordcoreano – in un articolo di un poche frasi, ha scritto solamente che «Trump, lunedì, ha prestato giuramento come 47. Presidente degli Stati Uniti» e che la cerimonia di insediamento si era tenuta a Washington. Un rapporto poco dettagliato, privo di tutte quelle «retoriche incendiarie», per utilizzare le parole di Bloomberg, spesso utilizzate da Pyongyang per descrivere i presidenti degli Stati Uniti. 

D'altro canto, nell'ultimo periodo sono state diverse le speculazioni sul fatto che il ritorno di Trump potrebbe portare a un cambiamento di rotta nella politica degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord. Lo stesso Donald Trump, ieri, parlando con i giornalisti, a tal proposito, ha dichiarato di «andare molto d'accordo» con Kim Jong-un, descrivendolo come una persona «a cui piace e che gli piace» e con cui c'è una stima reciproca. «Ora la Corea del Nord è una potenza nucleare. Penso che sarà felice di vedere che sto tornando», ha aggiunto il 78.enne. Un commento, questo, a cui Pyongyang non ha replicato.

Dal canto suo, tuttavia, anche Pete Hegseth, candidato alla carica di segretario della Difesa di Trump, ha appoggiato le parole del presidente, definendo a sua volta la Corea del Nord «una potenza nucleare». Sebbene non sia ancora chiaro che cosa volessero comunicare, i due, con questa definizione, si tratta di un messaggio forte. Basti pensare che i funzionari statunitensi si sono a lungo astenuti dall'utilizzare questa definizione, per paura che venga interpretata come un passo verso il riconoscimento della Corea del Nord come «Stato dotato di armi nucleari». 

Ma, recentemente, tante cose sono cambiate. Negli ultimi mesi, Pyongyang è diventata un «alleato critico» del Cremlino, combattendo accanto ai soldati russi in Ucraina. Un aspetto, questo, che preoccupa in particolare la Corea del Sud. Seul, negli scorsi giorni, ha ribadito come la denuclearizzazione della Corea del Nord sia «un prerequisito per la stabilità globale», in risposta al commento di Trump, che ha definito Pyongyang una «potenza nucleare».

Secondo gli esperti, oggi sia Donald Trump che Kim Jong-un sono «più forti» di quanto non lo fossero durante i colloqui andati in scena nel corso del primo mandato presidenziale del tycoon. All'epoca, Trump aveva attraversato mezzo mondo per incontrare il leader nordcoreano, con l'obiettivo di superare con la sua «diplomazia» i punti critici che entrambe le parti conoscevano da anni, proponendo un netto cambiamento di approccio. Nel corso di tre incontri, i due avevano discusso principalmente dei programmi di armamento della Corea del Nord sanzionati dall'ONU. Senza, tuttavia, trovare un punto d'accordo. Motivo per cui, il fallimento dei colloqui, in passato, non fece altro che mettere sotto i riflettori la distanza tra i due leader. Trump rifiutò infatti di fare concessioni parziali, mentre Kim si rifiutò di abbandonare il suo programma nucleare. I colloqui sulla denuclearizzazione del Nord, dunque, sono in stallo dal summit del 2019 tra Trump e Kim ad Hanoi, in Vietnam. Kim Jong-un, negli ultimi tempi, ha promesso di «aumentare in modo esponenziale il suo arsenale nucleare» e di intensificare i test sulle armi, compresi i missili che potrebbero, potenzialmente, colpire gli Stati Uniti continentali e la Corea del Sud (alleata di Washington). E ora, secondo gli esperti, è probabile che Trump cerchi un altro incontro di persona con il leader nordcoreano.

Nonostante la Corea del Nord non abbia mai nominato direttamente Trump dopo la sua vittoria elettorale – almeno fino agli articoli di questi giorni – i media statali, negli ultimi tempi, hanno più volte riportato i commenti di Kim. Il quale ha ripetutamente confermato come i colloqui con gli Stati Uniti, in passato, siano serviti solo a confermare «l'immutabile ostilità» degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord.