Donald Trump si insedia alla Casa Bianca nel Campidoglio della «rivolta»
Otto anni dopo il primo insediamento «America First» e quattro anni dopo l’insurrezione in Campidoglio contro la certificazione della sconfitta elettorale nel 2020, Donald Trump torna oggi a Washington per intraprendere un secondo mandato alla Casa Bianca. Lo fa in una capitale incredula per il suo ritorno - Kamala Harris, la sua avversaria democratica, lo scorso novembre ha vinto nel Distretto di Columbia con il 92.5% dei voti - e congelata da un vortice di freddo che ha costretto gli organizzatori a spostare l’inaugurazione all’interno dello stesso Campidoglio.
Oggi alle 18 (ora svizzera) Trump giura come 47.esimo presidente degli Stati Uniti in quella Capital Rotunda all’interno del Palazzo del Congresso che il 6 gennaio 2021 venne presa d’assalto dai suoi sostenitori. E lo farà alla presenza del suo predecessore, Joe Biden, di tre ex presidenti (Bill Clinton, George Bush figlio e Barack Obama), con ogni probabilità di Elon Musk e di una manciata di capi di Stato stranieri ed esponenti della destra mondiale, tra cui la presidente del consiglio italiano Georgia Meloni.
Gelo e freddo
Quella di oggi è la prima inaugurazione a svolgersi dentro il Campidoglio dopo quella di Ronald Reagan nel 1985. Come allora, anche quest’anno a decidere è stato il clima: le temperature attese sono bassissime, da -14 °C a -18 °C. Tali da convincere il comitato che ha coordinato l’Inauguration Day a rimuovere l’intera infrastruttura di fronte al Parlamento, la stessa sui gradini della quale generalmente si svolge la cerimonia e dal cui pulpito parla il presidente eletto. Del resto, proprio nel gelo era iniziata la sua terza avventura elettorale, in quell’Iowa dal freddo record (-40 °C lo scorso gennaio) in cui la sua vittoria su Ron DeSantis e Nikki Haley fu così schiacciante da essere certificata dall’Associated Press dopo appena 31 minuti dall’inizio dei caucus. Da allora, c’è stata una cavalcata trionfale che ha superato ogni ostacolo: la condanna penale nel caso Stormy Daniels a New York, l’attentato di luglio in Pennsylvania, i dibattiti con due candidati democratici diversi. Nulla è riuscito a fermare la sua corsa. Trump, dopo Grover Cleveland nel 1893, è l’unico presidente a essere stato rieletto per un secondo mandato dopo una precedente sconfitta.
Oggi Trump parla alla Camera di fronte a circa 600 persone. Poi dovrebbe presentarsi alla Capital One Arena - dove ha tenuto un comizio ieri di fronte a migliaia di fan giunti da diverse parti d’America - per una parata sostitutiva a quella che in genere si svolge all’esterno per le strade della capitale. È quindi atteso alla Casa Bianca, dove dovrebbe iniziare la sua seconda presidenza firmando una lunga lista di ordini esecutivi su immigrazione e altre tematiche.
Che cosa trova
Biden lascia la Casa Bianca con uno degli indici di gradimento più bassi della storia degli Stati Uniti: la sua media è del 42,2%, più alta solo del primo mandato di Trump conclusosi nella disgrazia del 6 gennaio al 41,1%, secondo l’istituto di sondaggi Gallup. Ma lascia anche con un Paese più in ordine di quello ereditato, con fondamentali economici moderatamente sani (la disoccupazione al 4,1%, l’inflazione in calo rispetto ai picchi di due anni fa), mastodontici piani di investimento sulle infrastrutture in corso e un confine con il Messico più sigillato rispetto al passato o di quanto la percezione quotidiana faccia credere: ad agosto, sono stati appena 58.038 gli immigrati fermati dalle guardie di confine, molti meno dei 249.741 del dicembre 2023 e dei dati del maggio 2019, quando furono posti in stato di fermo 132.856 immigrati. Merito di una policy che Biden ha in realtà adottato proprio da Trump: un ordine esecutivo che vieta l’ingresso negli Stati Uniti a tutti gli immigrati che non possono provare di non aver già richiesto asilo - senza ottenerlo - in un Paese terzo.
Trump, come detto, dovrebbe iniziare la sua seconda amministrazione annunciando una serie di operazioni di deportazione di massa di immigrati irregolari in città progressiste come Chicago e, forse, proprio Washington, e reintroducendo una serie di ulteriori politiche restrittive. Tra queste, il Titolo 42, che permette di espellere immigrati irregolari durante una crisi sanitaria (anche se non è chiaro quale possa essere), e la fine dello Ius Soli per i figli nati da genitori presenti illegalmente nel Paese - ordine esecutivo che potrebbe essere fermato dalla Corte Suprema perché incostituzionale.
Il presidente si ritrova poi a guidare un Paese furibondo con l’establishment e il costo della vita, alle prese con bollette care e prezzi degli alloggi stratosferici e interessi sui mutui molto elevati, nonostante i fondamentali macro-economici in ordine. Sarà quindi proprio l’economia l’altro grande tema delle sue prime ore, con i tanto attesi annunci sulle tariffe: nel mirino Canada, Messico e Cina.
Le novità
A proposito di Cina, una grande novità dell’inaugurazione di quest’anno è la presenza di alcuni capi di Stato stranieri. Invitare leader di altri Paesi è raro perché «modifica lo scopo simbolico di un’inaugurazione, da una tradizione interna a una che enfatizza un messaggio più geopolitico concentrandosi su alleanze ed esclusioni», ha scritto Cayce Myers, esperto di politica della Virginia Tech University. Sorprende quindi la presenza del vice presidente cinese Han Zheng, che farà le veci di Xi Jinping nonostante le voci mai sopite di una guerra commerciale. Sorprende meno la lista di chi, invece, l’invito non l’ha ricevuto: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il primo ministro britannico laburista Keir Starmen (con il leader di estrema destra Nigel Farage invitato al suo posto), il cancelliere tedesco Olaf Scholz (Trump gli ha preferito Alice Weidel, leader dell’ultradestra tedesca che ha delegato Tino Chrupalla) e il presidente francese Emmanuel Macron: al suo posto, è stato invitato il leader di destra Eric Zemmour.