«Dopo 20 anni può esserci una svolta»
Professoressa Oğuz, queste elezioni possono segnare una svolta politica in Turchia?
«Sì. Questa volta le opposizioni sono state capaci di costruire un’alleanza, il cosiddetto “Tavolo dei Sei” e sono unite contro il presidente uscente».
La sfida è più chiara, soprattutto per gli elettori.
«Senza dubbio. Se Erdoğan dovesse vincere, l’alleanza che lo sostiene si sposterebbe ancora più a destra e accentuerebbe il suo profilo islamista rispetto al passato. Se invece dovesse prevalere Kemal Kılıçdaroğlu, l’orientamento sarebbe del tutto diverso».
Avremmo una Turchia nuova?
«Direi una Turchia differente dall’attuale. Non so quali e quanti cambiamenti potranno imporsi, ma ci sarebbe una vera svolta politica».
Secondo lei, se Erdoğan dovesse perdere, quali sarebbero i motivi alla base della sconfitta?
«In primo luogo, la pesante situazione economica. Nel Paese c’è un’inflazione terribile e il potere d’acquisto dei cittadini è crollato assieme al valore della lira. Ma dopo 20 anni penso che le persone aspirino anche a un cambiamento, soprattutto le nuove generazioni, le quali vorrebbero vedere un altro leader al potere. C’è inoltre un terzo fattore».
Quale?
«Il recente, devastante terremoto nel Sud del Paese. Un evento che ha alimentato il giudizio negativo verso il regime del presidente Erdoğan».
In concreto, una vittoria dell’opposizione che effetti potrebbe avere nel Paese?
«Potenzialmente potrebbero cambiare molte cose. Quando, a gennaio, le varie opposizioni hanno scelto di unirsi in vista delle presidenziali, è stato pubblicato un documento programmatico di oltre 200 pagine in cui sono stati elencati i principali problemi del Paese e le possibili soluzioni: dalla corruzione dilagante al clientelismo, dalla mancanza di assistenza sociale alla riforma del welfare. E poi, ovviamente, la lotta all’inflazione e la revisione delle politiche economiche. Non solo: durante la campagna elettorale, Kılıçdaroğlu ha spiegato di voler abbandonare definitivamente il sistema di dominio individuale che ha caratterizzato il ventennio di Erdoğan e di voler tornare a una democrazia più parlamentare, nella quale le istituzioni contino davvero. È un’importante affermazione dal punto simbolico: passare dal Palazzo di Erdoğan, in cui è concentrato il potere, alla casa di tutti, al Parlamento. Anche per questo la gente, nei comizi di Kılıçdaroğlu, intona lo slogan “diritto, diritti e giustizia”».
Una vittoria dell’opposizione cambierebbe anche la collocazione della Turchia in politica estera?
«Questo è un dato a mio avviso molto importante. Kemal Kılıçdaroğlu potrebbe voler affrontare la crisi dei rifugiati siriani chiedendo all’UE di rivedere l’accordo del 2016. Tutti i leader del “Tavolo dei Sei” hanno insistito su questo punto, e la proposta è di modificare l’intesa in maniera non traumatica, nel giro di due anni. Un discorso non di ostilità verso l’Europa, ma finalizzato a limitare l’arrivo in Turchia di milioni di persone».
Pensa che il rapporto con la Russia di Putin cambierebbe in caso di vittoria dell’opposizione?
«È possibile, perché sicuramente l’alleanza che sostiene Kılıçdaroğlu ha un orientamento più filo-occidentale e più filo-europeo. Anche in questo caso, potremmo assistere a una svolta».