Il punto

Dopo flora e fauna... Funga? «Ecco perché parlare di funghi è sempre più importante»

Con il microbiologo Corrado Nai, esperto di micologia, parliamo del rapporto triennale pubblicato da Kew Gardens, importante centro botanico di Londra sullo stato di salute dei funghi nel mondo — Quanti ne conosciamo? Perché sono meno studiati di piante e animali?
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Giacomo Butti
24.10.2023 12:30

Mentre la crescita demografica toglie spazio alla natura, e il cambiamento climatico avanza, è giusto continuare a parlare di conservazione. Come stanno le piante? E gli animali? Mese dopo mese, nuovi studi tentano di rispondere a queste domande. Di Flora e Fauna minacciate, probabilmente, non se ne parlerà mai abbastanza. Però se ne parla. A rimanere in penombra, un po' come fanno in natura, sono gli organismi appartenenti a un altro regno, quello dei funghi. Come stanno i funghi? La risposta breve è: non lo sappiamo. E quella lunga? Con Corrado Nai, microbiologo esperto di micologia, affrontiamo il tema dello studio e della conservazione dei funghi.

Numeri spaventosi

Con Corrado Nai avevamo avuto occasione, a inizio anno, di parlare di funghi in una lunga intervista pubblicata in due puntate. Allora, avevamo approfittato dell'uscita della serie TV The Last of Us – costruita attorno a una devastante pandemia fungina – per discutere dell'impatto dei funghi sull'uomo. Dalla salute alla cultura, passando per l'economia. Qui avevamo parlato della vastità del regno, tutt'altro che limitato ai funghi che finiscono nel nostro piatto. Dal corpo fruttifero al micelio (la "radice"), dai lieviti alle muffe. I funghi sono ovunque e li respiriamo in ogni momento della giornata, tramite le spore onnipresenti nell'aria.

Ora abbiamo un'altra scusa per tornare a parlarne: una decina di giorni fa, gli studiosi del Kew Gardens (i Royal Botanic Gardens di Londra) hanno pubblicato un importante rapporto triennale intitolato «Stato delle piante e dei funghi del mondo nel 2023: Cosa sappiamo, cosa non sappiamo e come lo scopriremo».

Ma non bisognerebbe trovare scuse per portare i funghi sui giornali, Nai ce lo fa subito capire: «Sono importantissimi negli ecosistemi, ma non se ne parla tanto». Al Kew Gardens il tema è centrale. Anche perché qui si trova il "fungario" (Fungarium) più grande, antico e scientificamente importante al mondo.

Il 94% dei funghi non ha ancora un nome

«C'è una distinzione netta fra piante e funghi, per motivi scientifici e storici. Ma quando si parla di conservazione, i temi sono interconnessi ed è probabilmente per questo che Kew Gardens ha deciso di pubblicare un rapporto unico. Quello che più colpisce, leggendolo, sono i numeri, enormi e spaventosi, sulla scarsa conoscenza dei funghi». L'esperto ci fornisce qualche esempio. «Si capisce quanto il buco nella conoscenza sia profondo facendo un paragone. Oggi sono state scoperte, descritte e catalogate 400 mila piante, mentre si stima che ne esistano almeno 450 mila. Conosciamo, invece, 75 mila animali vertebrati (mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili) e si calcola che quelli esistenti siano 80 mila. E i funghi? Oggi sappiamo distinguerne solo 155 mila, mentre si stima ne esistano 2,5 milioni. Il 94% dei funghi, insomma, non ha ancora un nome». Un vero e proprio angolo morto per gli scienziati, che trova qualche paragone solo con il mondo degli animali invertebrati (come gli insetti): «Di questi ne conosciamo 1,5 milioni, mentre crediamo ne esistano 8,5 milioni. L'83% rimane sconosciuto». 

Come conservare?

Di conseguenza, la lotta per la conservazione è difficile. «Come proteggere certi organismi dall'estinzione se non sono ancora stati scoperti? Le sfide sono enormi. Il nuovo rapporto propone dunque che ogni nuova specie scoperta sia giudicata a rischio d'estinzione "fino a prova contraria". Un po' come in un caso legale, dove una persona è innocente fino a prova contraria», spiega Nai. Il problema è che accertare la diffusione di un fungo è difficile. «Manca la ricerca, e i finanziamenti sono pochi. È un circolo vizioso che ci lascia all'oscuro».

Secondo numeri forniti da un altro studio, quello dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN), ci spiega Nai, «solo per lo 0,4% dei funghi conosciuti è stato possibile fare una stima del rischio di estinzione. Negli altri regni, questo è stato possibile per l'80,1% degli animali vertebrati, il 18% delle piante, l'1,8% degli animali invertebrati».

Il cambiamento climatico potrebbe portare alla nascita di patogeni fungini più aggressivi nei confronti degli animali e dello stesso essere umano

Ma da cosa vanno protetti i funghi? «A lungo termine dal cambiamento climatico, sì, ma anche dall'impatto diretto dell'attività umana sull'habitat del fungo. Penso ad esempio all'inquinamento: l'eccessivo azoto (proveniente dai fertilizzanti utilizzati per l'agricoltura o dalla combustione nei trasporti, nell'industria e nelle economie domestiche, ndr) sembra essere collegato alla riduzione di biodiversità dei funghi. Anche la deforestazione ha un impatto pesante: i funghi sono, spesso, elementi patogeni per le piante: per questo crescono in loro presenza. Se per i funghi diventa sempre più difficile trovare una pianta "ospite" da attaccare, anche la loro conservazione può essere compromessa. Ciò vale anche per i funghi che vivono in simbiosi con le piante: se una pianta è a rischio estinzione, lo è pure il fungo associato». Peggio: l'assenza di un ospite può spingere il fungo, attraverso la pressione evolutiva, a cambiare ospite prediletto. Passando agli animali e, potenzialmente, all'uomo. «Deforestazione e un pianeta sempre più caldo potrebbero portare il fungo a un adattamento a danno dei mammiferi. Le alte temperature corporee della nostra classe animale ci difendono dagli attacchi fungini, dato che i funghi faticano a sopravvivere a temperature di 37 gradi. Per questo le infezioni micotiche sono rare e soprattutto superficiali (per esempio le dermatosi, in quanto la pelle ha una temperatura generalmente più bassa). Il cambiamento climatico, si ipotizza, potrebbe portare alla nascita di patogeni fungini più aggressivi nei confronti degli animali e dello stesso essere umano».

Insomma, conoscere e proteggere i funghi aiuta anche la sanità.

Sensibilizzare

Il rapporto di Kew Gardens, continua il microbiologo, «insiste sulla necessità di studiare e conservare i funghi. Ma vuole anche essere un modo di sensibilizzare il pubblico e gli enti di ricerca e finanziamento, oltre alla politica, a tenere conto dell'importanza di queste forme di vita, incentivando l'azione. Ogni anno viene dato un nome a circa 2.500 specie di funghi. Di questo passo ci metteremmo centinaia – se non migliaia – di anni a identificare tutti i funghi. Con le nuove tecnologie di sequenziamento del DNA i tempi possono essere ridotti, è vero, ma si parla comunque di decenni o più. Non possiamo permetterci, tuttavia, di aspettare di scoprire tutto prima di cominciare a proteggere».

Per questo, ogni iniziativa è buona. Dal 2018 alcune associazioni di micologia e di protezione della natura hanno chiesto che al regno dei funghi fosse dato un nome in linea con quelli assegnati al regno vegetale e a quello animale. Insomma, dopo flora e fauna... funga. Per anni l'idea ha faticato a prendere piede ma negli ultimi mesi ha conosciuto una certa popolarità grazie all'appello lanciato dalla Fungi Foundation in collaborazione con il Segretariato della Convenzione ONU sulla Diversità Biologica: «Utilizzate la parola con la F! Individui e organizzazioni devono abbracciare un linguaggio micologicamente inclusivo e integrare la parola "funga" in tutti gli spazi di conservazione, accanto a flora e fauna».

«A livello biologico, animali, piante e funghi sono sullo stesso piano, sono regni. Di qui l'iniziativa per cambiare il linguaggio ufficiale. Spesso si passa dal linguaggio per arrivare a una consapevolezza più ampia». L'appello è rivolto a tutti, non solo alla scienza. Ma la politica non sembra ancora aver raccolto la sfida. «Il sito della Confederazione parla della salvaguardia della biodiversità di flora e fauna, mai di quella dei funghi, tantomeno usa la parola funga».

L'appello? «Bisogna andare oltre alle differenze. Spesso sembra che il disinteresse sia legato a un problema affettivo. Sono forme di vita così distanti da noi, diverse, spesso invisibili. Ma è importante andarli a cercare, capire come essi vivano con noi ogni momento della giornata. Dalle spore presenti nell'aria a muffe e lieviti che permettono la produzioni di cibi e bevande (formaggio, yogurt, birra). I funghi sono dappertutto: scopriteli e lasciatevi affascinare».

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