Il caso

Dopo l’insulto a Biden, esce allo scoperto: «Le elezioni? 100% rubate»

Jared Schmeck è l’uomo che, in diretta, aveva ingiuriato «in codice» il presidente statunitense - Dopo essersi inizialmente difeso, definendo il suo un semplice «scherzo», ieri l’uomo ha partecipato a un podcast di estrema destra tenuto dall’ex stratega di Trump, Steve Bannon
Red. Online
28.12.2021 12:38

Era solo uno scherzo? Non proprio. Jared Schmeck, l’uomo che negli scorsi giorni aveva rivolto un insulto (non troppo) in codice al presidente Joe Biden durante la diretta natalizia, è uscito allo scoperto. Dopo le critiche rivoltegli dalla Nazione per l’utilizzo della frase incriminata, «Let’s go Brandon», nell’occasione festiva, l’originario dell’Oregon si era inizialmente difeso sulle pagine di un quotidiano locale definendo l’atto un semplice «scherzo, privo della volontà di mancare di rispetto». Ma ieri, a tre giorni dal «fattaccio», Schmeck ha partecipato a un podcast di estrema destra tenuto dall’ex braccio destro di Trump, Steve Bannon.

Presentatosi con un cappellino rosso MAGA (Make America Great Again, lo slogan di Trump alle presidenziali del 2016), durante la trasmissione l’uomo non ha nascosto, pur ribadendo gli intenti goliardici della sua uscita, di aver voluto esprimere la propria disapprovazione «per l’uomo (Biden, ndr) e la sua amministrazione. ‘‘Let’s Go Brandon’’ è più di un semplice ‘‘F*** Joe Biden’’: racchiude la totalità della nostra frustrazione contro il presidente, l’amministrazione, la mafia di sinistra, la cancel culture, i media mainstream», ha insistito. «Sono loro che hanno reso celebre questa espressione».

Schmeck ha detto a Bannon: «Donald Trump è il mio presidente, e dovrebbe essere ancora in carica in questo momento: le elezioni sono state rubate al 100%». Quando la vittoria di Biden cominciava a profilarsi, lo ricordiamo, il tycoon e i suoi sostenitori avevano effettuato un ultimo disperato tentativo di ribaltare le sorti delle presidenziali, sostenendo la tesi della frode elettorale. Una tesi, tuttavia, mai sostenuta da prove concrete e che giudici e dirigenti elettorali statali (anche quelli repubblicani) hanno più volte smentito.