Dopo settimane in allerta, ecco la «potente eruzione vulcanica» in Islanda
Prima una serie di terremoti. E poi, un'ora dopo, l'eruzione vulcanica. Quella che tutti stavano aspettando, da settimane. Alla fine, in Islanda, la terra è esplosa. Di nuovo, verrebbe da dire, considerando l'attività sismica che da sempre contraddistingue l'isola. Questa volta, però, lo ha fatto in modo «drammatico». Almeno secondo le prime informazioni che sono arrivate dalla terra del ghiaccio e - neanche a dirlo - del fuoco.
In allerta da quasi due mesi
Per inquadrare la situazione, però, è doveroso riavvolgere il nastro. Già, perché i primi campanelli d'allarme nella penisola di Reykjanes (area dove è avvenuta l'eruzione) hanno cominciato a suonare quasi due mesi fa, alla fine di ottobre. In un primo momento, la terra aveva iniziato a tremare, aprendo importanti crepe nella cittadina di Grindavík, severamente minacciata dall'attività vulcanica. In men che non si dica, il villaggio di pescatori, che conta circa 3.800 anime, era stato evacuato. Allo stesso modo, la famosissima Blue Lagoon, area geotermale frequentatissima dai turisti, era stata costretta a chiudere i battenti per diverse settimane. Per ironia della sorte, aveva riaperto ai visitatori solo domenica.
In un primo momento, più i giorni passavano, più il magma sembrava avvicinarsi alla crosta terrestre. Gli esperti parlavano di «eruzione vulcanica imminente». Poi, però, per qualche settimana è calato il silenzio e l'attività vulcanica è notevolmente diminuita. Almeno, fino a ieri sera. Quando, attorno alle 22.00 (ore locali), all'improvviso il vulcano ha cominciato a eruttare nei pressi di Hagafell, a nord di Grindavík. Il punto caldo che gli stessi esperti avevano segnato in rosso sulla mappa già nelle scorse settimane.
Un'eruzione «particolarmente potente», ma in diminuzione
Dall'Islanda hanno cominciato a diffondersi immagini spettacolari e drammatiche al tempo stesso. A terra la neve, nel cielo la lava. Come a enfatizzare ancor di più il connubio tra ghiaccio e fuoco che da sempre caratterizza l'isola.
L'area colpita è stata immediatamente avvolta dal fumo, mentre la lava ha cominciato a fuoriuscire dalle spaccature del vulcano, lunghe quasi 4 chilometri, «illuminando il cielo di rosso», a detta dei testimoni che si trovavano nei paraggi. Rispetto alle precedenti attività sismiche (l'ultima delle quali avvenuta nel corso dell'estate), i getti di lava, secondo gli esperti, sono stati infatti «piuttosto alti». Il che, in un primo momento, ha suggerito potesse trattarsi dell'inizio di un'eruzione «particolarmente potente».
Non solo. La lava, ha riferito il Met office islandese, ha iniziato a scorrere a una velocità di circa 100-200 metri cubi al secondo. Una particolarità, questa, dal momento che si tratta di un numero nettamente superiore a quello delle precedenti eruzioni avvenute nell'area, anche di recente. Secondo un alto ufficiale di polizia della protezione civile islandese, l'eruzione è avvenuta così rapidamente da aver subito fatto pensare che si trattasse di un «evento piuttosto importante».
Tuttavia, secondo le ultime informazioni divulgate dal quotidiano locale Morgunblaðið, la potenza dell'eruzione, nelle scorse ore, è cominciata a calare. La stessa cosa, però, non si può ancora dire per la quantità di lava che è fuoriuscita e che ancora sta fuoriuscendo. Secondo Magnús Tumi Gudmundsson, uno geoscienziato dell'isola, la lava è ancora «molto attiva», lungo tutti e quattro i chilometri di lunghezza della frattura.
Anche il Met Office islandese, nel frattempo, ha ribadito che nonostante l'attività vulcanica stia già diminuendo, non ci sono i presupposti per sapere quanto durerà, a tutti gli effetti, l'eruzione. La fine, infatti, potrebbe essere ancora lontana. Piuttosto, si starebbe raggiungendo uno «stato di equilibrio», come accaduto anche durante tutte le eruzioni avvenute nella penisola di Reykjanes negli ultimi anni.
E il traffico aereo?
Ma una domanda, fra tante, sorge spontanea: e il traffico aereo? Memori di quanto accaduto nell'aprile del 2010, dopo l'eruzione vulcanica dell’Eyjafjallajokull, le preoccupazioni sono più che lecite. A quei tempi, l'enorme nube di cenere fuoriuscita dal vulcano islandese aveva infatti causato la più grande chiusura dello spazio aereo europeo dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. E sebbene, in questo caso, gli esperti avessero scongiurato il ripetersi di eventi simili, l'aeroporto di Keflavik, che si trova nelle vicinanze, è stato – inevitabilmente – vittima di qualche disagio.
La buona notizia è che, al momento, i voli da e per l'Islanda non sono stati interrotti. Allo stesso modo, anche i corridoi dei voli internazionali continuano a essere aperti. Tuttavia, i ritardi – sia negli arrivi che nelle partenze – sono importanti. Nelle scorse ore, inoltre, il codice del colore dell'aviazione è stato elevato a rosso.
Pensieri rivolti a Grindavík
Ora, però, si teme il peggio per le aree colpite dall'eruzione. La stessa premier islandese, Katrín Jakobsdóttir, ha detto che i suoi pensieri sono rivolti ai residenti di Grindavík, dove ora «si vede la terra aprirsi». Ancor di più di quanto non sia già avvenuto nelle scorse settimane, quando importanti spaccature hanno squarciato le strade del villaggio. «Speriamo il meglio per la popolazione locale, ma è chiaro che si tratta di un'esplosione», ha sottolineato. Nel frattempo, la polizia locale ha prontamente alzato il livello di allerta, invitando la popolazione a star lontana dall'area.
Dal canto suo, nonostante la diminuzione dell'attività vulcanica, il presidente Guðni Th Jóhannesson ha ribadito l'importanza di rimanere in allerta. «Adesso aspettiamo di vedere che cosa abbiano in serbo le forze della natura. Siamo preparati e rimaniamo vigili».