Il punto

Durov, ma conciliante: «Giudicare me e Telegram con leggi pre-smartphone è sbagliato»

Il fondatore e amministratore delegato della piattaforma si dice sorpreso delle accuse ma, nel riconoscere che i criminali hanno abusato del suo servizio, promette: «Ci saranno miglioramenti»
© Albert Gea
Red. Online
06.09.2024 08:00

Pavel Durov ha parlato. Tramite la sua stessa piattaforma. Arrestato lo scorso 24 agosto all'aeroporto di Parigi Le Bourget, il fondatore e amministratore delegato di Telegram si è detto sorpreso delle accuse formulategli. O, quantomeno, del fatto di essere ritenuto responsabile per i contenuti pubblicati da altre persone. L'uomo d'affari franco-russo, il cui patrimonio personale è stimato in 15,5 miliardi di dollari, ha spiegato: «Usare le leggi dell'era pre-smartphone per accusare un amministratore delegato di crimini commessi da terzi sulla piattaforma che gestisce è un approccio sbagliato». E ancora: «Ogni giorno cancelliamo milioni di messaggi e canali dannosi».  

Non solo, Durov ha rispedito al mittente – la Francia – le accuse secondo cui Parigi non avrebbe ricevuto alcuna risposta da Telegram alle sue richieste di rimuovere contenuti. L'imprenditore 39.enne ha aggiunto di aver aiutato personalmente le autorità dell'Esagono a, citiamo, «creare una linea diretta con Telegram per affrontare la minaccia terroristica in Francia». Secondo una fonte vicina al caso, Pavel Durov e suo fratello Nikolai, che hanno co-fondato la piattaforma nel 2013, erano stati raggiunti già lo scorso maggio da mandati di perquisizione nell'ambito di un'indagine preliminare delle autorità francesi. 

Quindi, adottando un tono più conciliante, Durov ha riconosciuto che, vista la crescita di utenti, ora stimati in 950 milioni in tutto il mondo, i criminali ultimamente hanno potuto abusare più facilmente «della nostra piattaforma». «Per questo motivo mi sono prefissato l'obiettivo personale di garantire miglioramenti significativi in quest'area» ha dichiarato Durov, aggiungendo che la questione è stata analizzata «internamente» e che ulteriori dettagli saranno forniti in futuro. «Spero che gli eventi di agosto consentano a Telegram, e al settore dei social network nel suo complesso, di diventare più sicuro e più forte». E ancora: se Telegram non fosse in grado di raggiungere un accordo con le autorità di regolamentazione locali sul «giusto equilibrio tra privacy e sicurezza», allora «saremmo pronti a lasciare questo Paese».

Detto di Durov e del suo messaggio, nel frattempo a Mosca il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha avvertito che l'azione penale contro un «cittadino russo» non deve «trasformarsi in una persecuzione politica». Tra i sostenitori di Durov figurano anche il whistleblower americano – da tempo trasferitosi in Russia – Edward Snowden, nonché il magnate della tecnologia Elon Musk, che ha pubblicato post con l'hashtag #FreePavel.

Al fondatore di Telegram, che possiede la cittadinanza russa, francese ed emiratina, è stato vietato di lasciare la Francia dopo la sua incriminazione. È anche sotto stretto controllo giudiziario, soggetto a una cauzione di cinque milioni di euro e a presentarsi a una stazione di polizia due volte alla settimana. Contro il miliardario è stata aperta anche una seconda inchiesta per «gravi violenze» commesse a Parigi contro uno dei suoi figli, nato nel 2017. Martedì, in occasione di un regolare briefing con la stampa a Ginevra, la portavoce delle Nazioni Unite Ravina Shamdasani ha parlato di «una questione complessa che solleva molti interrogativi sui diritti umani» riferendosi al caso Durov. Ha aggiunto che l'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani sta progettando di produrre un documento che «stabilisca i parametri entro i quali questo tipo di situazione dovrebbe essere considerata». Ha anche fatto riferimento al recente blocco di X in Brasile, che «solleva anch'esso preoccupazioni simili sul dovere degli Stati di garantire che le piattaforme di social media rispettino la legge che consente la libertà di espressione», fatte salve alcune restrizioni, ha detto. Ha chiesto che qualsiasi restrizione imposta sia «proporzionata» e «coerente con gli standard internazionali sui diritti umani».

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