Il caso

Durov, Macron e quel pranzo segreto a Parigi: perché, da anni, i governi vogliono Telegram

Nel 2018, secondo quanto rivelato oggi dal Wall Street Journal, il presidente francese tentò di portare la piattaforma di messaggistica nel Paese transalpino – Tutti, dagli Stati Uniti alla Russia, hanno tentato di controllare il servizio, fra preoccupazioni per gli abusi e aspirazioni tecnologiche
©Matthias Schrader
Red. Online
28.08.2024 16:45

«L'arresto di Pavel Durov (ceo e fondatore di Telegram, ndr) su suolo francese è avvenuto nell'ambito di un'indagine giudiziaria in corso. Non è in alcun modo una decisione politica». Così, un paio di giorni fa, il presidente francese Emmanuel Macron rispondeva alle speculazioni dietro la carcerazione del 39.enne, fermato sabato sera non appena atterrato con il suo jet privato all'aeroporto di Parigi Le Bourget. Telegram e il suo guru sono accusati di aver favorito, non applicando la necessaria moderazione, abusi e crimini: dal traffico di droga al terrorismo, passando per la condivisione di materiale pedopornografico. Con le sue chat segrete e la sua cifratura dei dati a prova di bomba, del resto, Telegram rende impossibile opere di controllo e prevenzione, attirando la criminalità. Il responsabile del Servizio informatica forense della SUPSI, Alessandro Trivilini, ci ha recentemente spiegato la concreta necessità di una equilibrata regolamentazione di simili servizi. Ma ha anche sottolineato i risvolti politici della vicenda. È in corso, ha spiegato l'esperto, una vera e propria corsa al controllo della cifratura dei dati. «La tecnologia che se ne avvale ha un ruolo nuovo nelle dinamiche geopolitiche e impatta sulla sicurezza nazionale e quella dei cittadini. Chi, oggi, ne prende il comando e guida la definizione delle nuove regole informatiche, definirà che cosa si può fare e cosa no». Secondo questa analisi, Telegram – con la sua cifratura priva di punti deboli – è la piattaforma perfetta dalla quale cominciare. E la Francia avrebbe solo preso l'iniziativa prima che lo facesse qualcun altro. Prima ancora di sabato: secondo un documento visionato in esclusiva da Politico.eu, le autorità francesi avrebbero emesso mandati di arresto per Durov e il fratello Nikolai, co-fondatore di Telegram, già nel mese di marzo.

Il rapporto con la Francia

Che Durov e Telegram siano da tempo oggetto del desiderio francese lo conferma un articolo odierno del Wall Street Journal. Il Paese transalpino, ha infatti rivelato il giornale, aveva già provato a prendere il controllo di Telegram, sei anni fa, e con la gola. Nel 2018, spiega il WSJ, Macron invitò Durov a Parigi per un pranzo di lavoro. Obiettivo: discutere il trasferimento di Telegram nella capitale francese. Sul tavolo, secondo fonti ben informate, Macron all'epoca mise pure la cittadinanza francese per l'imprenditore russo, cittadinanza poi ottenuta da Durov nel 2021, in condizioni che Le Monde definì "misteriose". Durov, fece allora notare il quotidiano transalpino, non aveva mai risieduto in Francia se non per brevi visite e doveva dunque aver goduto di una naturalizzazione "per meriti", raramente concessa a persone che abbiano contribuito fortemente all'influenza internazionale della Francia o ai suoi rapporti economici globali. Sta di fatto che Durov ottenne la cittadinanza francese, ma Telegram non si trasferì a Parigi.

Già prima dell'arresto di sabato, rivela ancora il WSJ, le due parti avevano avuto degli screzi. Nel 2017, spie francesi avevano preso di mira Durov in un'operazione congiunta ("Purple Music") con gli Emirati Arabi Uniti. Insieme, i servizi segreti dei due Paesi avevano hackerato l'iPhone del patron di Telegram.

Stati Uniti e Russia

Il tira e molla fra Durov e le autorità francesi, spiega il giornale americano, è tuttavia da inquadrare nella lista dei (difficili) rapporti intessuti dall'imprenditore con i governi di tutto il mondo, che negli anni hanno provato sia a corteggiarlo sia a controllarlo, spesso fallendo in entrambi. A provarci, ha rivelato quest'anno lo stesso Durov all'ex anchorman di Fox News Tucker Carlson, anche gli Stati Uniti. Nei numerosi viaggi effettuati verso gli States, ha spiegato in un'intervista, è sempre stato accolto in aeroporto dagli agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI), speranzosi di ottenere la sua collaborazione. «Mi sembra di capire che volessero stabilire un rapporto per controllare meglio Telegram».

In questi anni, la Russia non è stata a guardare. Nel 2018, il Cremlino varò la Legge Yarovaya, con la quale impone agli operatori di telecomunicazioni di conservare tutto il traffico vocale e di messaggistica dei propri clienti per metà anno, e il loro traffico internet per 30 giorni. La norma, come confermato in tribunale dalla giustizia russa, doveva riguardare anche Telegram, ma data l'opposizione di Durov, le autorità russe tentarono di affondare la piattaforma bloccando 19 milioni di indirizzi IP a essa legati. L'azione non ebbe l'effetto sperato perché gli utenti russi risposero adottando, semplicemente, l'uso di VPN per mascherare il proprio accesso a Telegram. Nel 2020, il ban della piattaforma venne ufficialmente abbandonato dal Cremlino e, anzi, oggi l'app è usata da organizzazioni pro-Cremlino e dagli stessi militari russi per la comunicazione di guerra, sebbene rappresenti ancora, grazie alla sua cifratura, un forte strumento nelle mani del dissenso russo.

Preoccupazioni

La Francia, insomma, sembra solo essere la prima ad essere passata dalle buone alle cattive. La linea dura, del resto, riflette una preoccupazione reale. Telegram afferma di operare in conformità al Digital Services Act dell'Unione Europea, che richiede alle aziende online di collaborare con le autorità per contrastare la diffusione di contenuti illegali sulle loro piattaforme. Ma, a conti fatti, l'app rimane un porto sicuro per pedopornografia, terrorismo, crimine organizzato. 

Per anni, rivela sempre il WSJ, l'azienda ha ignorato le citazioni in giudizio e le ordinanze inviate dalle autorità giudiziarie, che si accumulavano in un indirizzo e-mail aziendale raramente controllato, secondo una persona vicina a Durov. Anni nei quali, sfuggendo ai tentativi di controllo della Russia e dell'Occidente, Telegram è cresciuto a dismisura. Il caso, insomma, sembrava pronto a scoppiare.

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