«E ora gli italiani verranno a sciare in Svizzera»

L’irritazione. Ma anche la tristezza. Sì, perché adesso le provviste di alberghi e ristoranti andranno perdute. E gli skipass dovranno essere rimborsati. Senza contare gli investimenti fatti e i giorni di lavoro improvvisamente sfumati. L’Italia dello sci non riaprirà, non oggi appunto. Lo ha deciso il Governo, rimandando l’appuntamento (forse) al 5 marzo. Lo ha deciso all’improvviso, senza nemmeno avvisare. O, meglio, avvisando all’ultimo. «Si fa presto a dire che le attività turistiche pensano soltanto a fare soldi e non tengono conto dei rischi sanitari legati ad una riapertura» afferma, non senza polemica, il presidente di Federalberghi Sondrio Roberto Galli. «La realtà è che noi rispettiamo la pandemia, non siamo miopi. Allo stesso tempo, però, c’erano dei protocolli firmati dal Comitato tecnico scientifico e c’era il rispetto di una condizione essenziale alla riapertura, ovvero il colore giallo della Lombardia». Cosa è successo, dunque? Perché un simile dietrofront? È solo colpa delle famigerate varianti del coronavirus? La certezza è una soltanto, per ora: lo sci, in provincia di Sondrio, è considerato una religione. Da una parte Madesimo, dall’altra Bormio, Livigno e Santa Caterina Valfurva. E ancora Aprica. Non riaprire, di riflesso, significa condannare un’intera filiera al collasso.
Presidente Galli, come legge questa retromarcia?
«Non capisco, davvero. C’era anche una certa continuità, nella misura in cui il ministro della Salute Roberto Speranza è rimasto in sella. Soprattutto, gli impianti della nostra provincia rispettavano due condizioni essenziali: disponevano di protocolli firmati dal citato Comitato tecnico scientifico ed erano in zona gialla. C’era, quindi, certezza che si potesse finalmente aprire. Tant’è che sono state preparate le piste, è stato richiamato del personale fra impianti e alberghi, le cucine di ristoranti e hotel hanno acquistato cibo. Poi, però, a dodici ore dall’effettiva riapertura è arrivato il no delle autorità».
Lei parla a nome di tutti gli albergatori: vi sentite presi in giro?
«Eccome, ma in generale le aziende non sono degli interruttori che possono essere accesi e spenti di continuo. E attenzione, perché domenica molti albergatori avevano già dei clienti in hotel. Gente arrivata apposta per sciare e ritrovatasi impossibilitata a farlo. Il tutto, volendo allargare il discorso, in un contesto di ristrettezze economiche e di aiuti che tardano ad arrivare. Ci sono stati promessi più volte, ma gli unici ristori ricevuti risalgono al primo lockdown. Il Governo, forse, si dimentica che un albergo ha dei costi fissi. E che le bollette arrivano puntuali».
Considerando che oramai andiamo verso la primavera, quanto incide l’assenza dello sci nei conti degli albergatori?
«Dipende. Ad esempio, Livigno non vive solo di sci ma anche di passeggiate e ciaspolate. Finché la Lombardia non era in zona gialla, inoltre, di fatto nessun albergatore o quasi lavorava. Detto questo, senza lo sci un hotel può perdere anche l’80% a livello di fatturato. Poi c’è chi è più bravo e riesce a lavorare anche con la clientela locale. Ma il danno c’è. Ed è enorme».


Come si lavora, quindi, in un clima di totale incertezza?
«Male. Con nervosismo. Ma con numeri nonostante tutto abbastanza alti, grazie alla Lombardia tornata in giallo e al fatto che, durante i fine settimana, le varie località si riempiono. Ma quando la Lombardia era in arancione o in rosso c’era al massimo un 5% di alberghi aperti. Il resto era chiuso. Immagino, comunque, che tanti richiuderanno dopo la mazzata della mancata riapertura degli impianti. Gli sforzi, quelli, rimangono: gran parte delle strutture occupava personale fino all’80%, quindi era quasi a pieno regime. Si aspettava anche un ritorno della clientela straniera, al netto del discorso legato agli spostamenti e ai tamponi».
Ha senso, pensando proprio al fatto di andare verso la primavera, riaprire gli impianti di risalita il 5 marzo?
«C’è un problema di fondo ed è legato alla credibilità delle comunicazioni al riguardo: ci era stato detto che gli impianti avrebbero riaperto fra Natale e Capodanno, poi il 7 gennaio, poi ancora il 18 e infine il 15 febbraio. Immaginatevi con quale grado di fiducia ci avviciniamo a questa nuova scadenza. Forse Livigno può riaprire, ha senso che riapra: si può sciare fino ad aprile. Ma per le stazioni più in basso, che solitamente chiudono a metà o fine marzo, non ha senso. È bene che accantonino l’idea, ecco».
Prima parlava di aiuti: a che punto siamo?
«Assieme al no è arrivata una promessa. Quella di versare ristori, ovvero aiuti. È una promessa che ci è stata data a più riprese, ad ogni modo. E finora, beh, non abbiamo visto nulla. Poi chissà, può darsi che domani mattina ci svegliamo con i conti corrente pieni. Ma dubito. Il modus operandi è quello che è, insomma. Non mette molta fiducia. Ci aspettavamo, con l’arrivo di Mario Draghi, un atteggiamento differente».
Lo chiediamo anche a lei: vedere gli svizzeri sciare, a pochi chilometri dal confine con l’Italia, che effetto fa?
«Non fa piacere. Da noi vengono prolungate chiusure nel nome del coronavirus e dei contagi, dall’altra parte invece è come se l’emergenza non ci fosse. Con il rischio, va da sé, di trovarsi in una situazione perfino peggiore. Fosse dipeso da me, pensando anche all’Austria, avrei optato per misure uguali su tutto l’arco alpino. Italia e Svizzera sono due nazioni vicine, è vero che il vostro Paese non è nell’Unione europea tuttavia è questione di rispetto anche. Mi spiego: so di ospiti a Livigno che, impossibilitati a sciare in Italia, si sono trasferiti in Svizzera. Soldi inizialmente destinati a noi e improvvisamente svaniti, per farla breve. Ma c’è anche chi, semplicemente, ha mantenuto la sua prenotazione in hotel a Livigno spostandosi in Svizzera solo per una sciata. E a noi rode, non lo nascondo, anche se poi tutto nasce dal dietrofront del nostro Governo. La decisione del ministro Speranza assomiglia ad un accanimento ingiustificato a danno della montagna: potremmo, a questo punto, anche mettere in campo azioni anche eclatanti».