Aviazione

«È spaventoso volare solo sulla speranza»

Aeroflot avrebbe chiesto ai suoi dipendenti di non segnalare più malfunzionamenti e problemi – Nonostante la Russia, nel 2022, si sia assicurata pezzi di ricambio dall'estero in barba alle sanzioni il settore resta fragilissimo: entro il 2026 la metà degli aerei delle varie compagnie sarà inutilizzabile
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Marcello Pelizzari
17.05.2023 21:00

Si è accesa una spia di malfunzionamento? Pazienza. L’obiettivo, di questi tempi, è un altro. Volare, a qualsiasi costo. E assumendosi, di riflesso, parecchi rischi. Secondo Proekt, fra i pochi media indipendenti rimasti in Russia, la compagnia di bandiera Aeroflot ha chiesto ai suoi dipendenti di astenersi dal segnalare e registrare eventuali problemi riscontrati nelle apparecchiature di bordo.

Le rivelazioni di Proekt

A raccontare la nuova normalità dell’aviazione russa, fra i settori più sanzionati dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Mosca, è stato proprio un ex impiegato di Aeroflot. Dalla scorsa primavera, ovvero da quando ai vettori russi sono state vietate, fra le altre cose, le parti di ricambio, la manutenzione e il supporto dei costruttori occidentali come Airbus e Boeing, il vettore di punta del Paese ha introdotto una politica al risparmio, se così vogliamo definirla. Lo scopo, ha spiegato la fonte, è «evitare che l’aeromobile venga messo a terra a causa di un difetto che, secondo le normative, vieterebbe allo stesso aeromobile di volare fino a quando non viene riparato».

Nulla di nuovo, per certi versi. Ai piloti di Aeroflot e delle altre compagnie russe, tempo fa, era stato consigliato di risparmiare sulle risorse fra cui i freni, da adoperare con parsimonia visti i tempi e vista la scarsità di ricambi. Le ultime informazioni emerse, per contro, sono state confermate da un tecnico della compagnia di bandiera, secondo cui la nuova normalità di Aeroflot, quasi per osmosi, si è estesa a tutti gli altri attori.

Un ex pilota di Nordwind Airlines, compagnia con base a Mosca, ha svelato a Proekt i retroscena di un incidente occorso lo scorso gennaio a Kazan, quando del cherosene ha cominciato a fuoriuscire durante l’avvio dei motori di un Boeing 737. I tecnici, ha spiegato l’ex pilota, non erano affatto sorpresi della perdita di carburante: «Era successo diverse volte prima, ma non c’erano registrazioni nel registro tecnico. La direzione della compagnia aerea, infatti, aveva chiesto di non scrivere nulla» ha detto l’ex pilota. «L’atteggiamento russo di scommettere sulla buona fortuna – ha aggiunto – esiste anche nell’aviazione. Ovviamente, è spaventoso volare solo sulla speranza, ma sfortunatamente è quello che sta accadendo oggi in molte compagnie aeree del Paese».

Le sanzioni e gli aerei

Il settore aereo russo, dicevamo, è stato fra i primi a essere colpito, duramente, dalle sanzioni occidentali e dalle ricadute economiche legate all’invasione dell’Ucraina. I vettori del Paese, di conseguenza, hanno dovuto affrontare crescenti problemi con la manutenzione degli aerei dopo essere stati tagliati fuori dalle forniture di pezzi di ricambio e aggiornamenti software. Per tacere della grande, grandissima diatriba in merito ai 400 e oltre velivoli di fabbricazione occidentale, in leasing, «nazionalizzati» (ma sarebbe più corretto scrivere rubati) grazie a un decreto ad hoc di Vladimir Putin.

Le sanzioni, in particolare, hanno costretto l’aviazione russa a «cibarsi» dei suoi stessi mezzi e a operare meno voli. Gli analisti di Oliver Wyman, una società di consulenza manageriale statunitense, stimano che dei 736 aeromobili che compongono l’attuale flotta in termini di aviazione commerciale la metà sparirà entro il 2026.

Secondo altri dati, quelli di Cirium, il numero di aerei a corridoio singolo in uso in Russia è diminuito di circa il 16% dall’estate del 2021 a quella del 2022, dopo l’invasione. Il numero di aerei a doppio corridoio, più grandi e solitamente utilizzati su rotte intercontinentali, sarebbe diminuito invece di circa il 40%.

L'inchiesta del New York Times

Detto delle difficoltà crescenti cui è confrontata l’aviazione russa, il New York Times tramite un’inchiesta ha pure rivelato che, nonostante le citate sanzioni, nel 2022 e per almeno otto mesi pezzi di ricambio e altre componenti per aerei con il marchio Boeing hanno raggiunto il territorio della Federazione. E i magazzini delle compagnie. Le merci, stando all’articolo, sarebbero passate attraverso società di comodo e Paesi come la Cina, la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti, per un totale di oltre 14 milioni di dollari. I destinatari? Proprio le compagnie soggette a sanzioni da parte dell’amministrazione Biden: Rossiya Airlines, Aeroflot, Ural Airlines, S7 Airlines, Utair e Pobeda Airlines.

Al di là dell’ingegno e della capacità della Russia di evadere le sanzioni, comprese quelle legate all’aviazione, le prospettive per Aeroflot e gli altri vettori rimangono tutto fuorché rosee. La stessa compagnia di bandiera, fra le altre, si è rivolta all’Iran per eseguire manutenzioni ad alcuni aerei e per il ricambio di componenti.

Le importazioni di aerei e parti di ricambio, dal 2021 al 2022, sono scese da 3,45 miliardi di dollari ad appena 286 milioni di dollari, secondo l’Observatory of Economic Complexity. La Cina, in questo senso, ha cercato di sopperire esportando pezzi di ricambio, veicoli spaziali e droni, seguita a ruota dall’India. Entrambi i Paesi, tuttavia, mantengono un basso, bassissimo profilo nel timore di incappare in sanzioni secondarie da parte di Washington.

Gli esperti di aviazione concordano nell’affermare che diventerà sempre più difficile per le compagnie aeree russe continuare a far volare aerei, complice proprio l’impossibilità ad accedere ai fornitori occidentali e all’aiuto di Airbus e Boeing. Per ora, l’intero settore è mantenuto in vita grazie alla cannibalizzazione di aerei, alle spedizioni sottotraccia e, come visto, all’uso di centinaia di velivoli di fabbricazione occidentale ri-nazionalizzati da Vladimir Putin. Ma, per dirla con l'ex pilota di Nordwind Airlines, «è spaventoso volare solo sulla speranza».