È tornata la maratona di Pyongyang, «un'occasione unica» per gli atleti internazionali

Visitare la Corea del Nord, è risaputo, è una vera e propria impresa. A febbraio, alcuni fortunati turisti erano riusciti a varcare, per la prima volta dopo la pandemia, i confini di quello che è conosciuto come uno dei posti più remoti al mondo. Visitatori da tutto il mondo sono riusciti a prender parte a un tour della città di Rason, una zona economica speciale nordcoreana, lontana diversi chilometri dalla capitale.
Le cose, però, sono cambiate in fretta. E senza preavviso. Un paio di settimane dopo l'inizio dei tour, Pyongyang ha fatto dietrofront e ha bloccato l'accesso al Paese a tutti i visitatori internazionali (fatta eccezione per i cittadini russi). Oggi, quindi, visitare la Corea del Nord è di nuovo difficile, quasi impossibile. Ma qualcuno, nelle scorse ore, è riuscito a ottenere un «piccolo assaggio» di questa Nazione così isolata. Parliamo dei circa 200 corridori che, ieri, hanno partecipato alla maratona internazionale di Pyongyang. Un evento sportivo importante per il Paese – e non solo – riorganizzato per la prima volta dal 2019, dopo cinque anni di stop a causa della pandemia.
Ma andiamo con ordine. La maratona di Pyongyang non è solo un evento sportivo. Per alcuni è più «un'occasione unica». In primo luogo, perché permette ai visitatori stranieri, di accedere – più o meno facilmente – al Paese. Ma soprattutto perché è una delle poche situazioni in cui i visitatori possono vedere la città e interagire con i cittadini senza essere supervisionati – come invece accade da prassi – da una guida turistica. Nonostante, come si può ben immaginare, il percorso della gara sia stabilito attentamente dal governo nordcoreano.
Nello specifico, la Maratona di Pyongyang di ieri prevedeva la classica corsa da 42 chilometri, la mezza maratona da 21 chilometri, una corsa da 10 chilometri e una da 5. Durante il percorso, i partecipanti passano per i principali monumenti della città, come l'arco di trionfo in onore di Kim Il Sung, nonno di Kim Jong-un nonché uno dei fondatori della Corea del Nord. La vera particolarità di quest'esperienza resta però quella di poter correre «senza controlli»: ai corridori è infatti permesso scambiare qualche parola con i tifosi che si trovano ai lati del percorso, e persino con i residenti. Il tutto senza rischiare di violare norme e regole. Un aspetto fondamentale a cui prestare attenzione, al contrario, per chi visita il Paese con un tour guidato.
Prima della pandemia, l'evento attraeva circa 900 corridori. La maratona di ieri, 6 aprile, tuttavia, non ha raggiunto gli stessi numeri. Complice, con ogni probabilità, lo scarso preavviso con cui sono state aperte le iscrizioni. Ciononostante, qualche partecipante estero è riuscito ad aggiungersi in tempo. Secondo la Reuters, sono circa 200 gli atleti che hanno partecipato alla maratona. Tra di loro, c'erano persone provenienti da Russia, Cina, Singapore, Australia, ma anche da Paesi europei come Portogallo, Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Slovacchia. L'evento era però vietato ai cittadini di Stati Uniti, Corea del Sud e Malesia: Paesi con cui la Corea del Nord ha pessimi rapporti.
Secondo quanto ha rivelato alla Reuters Simon Cockerell di Koryo Tours – una delle agenzie che, fino a qualche settimana fa si occupava dei viaggi verso Rason –, i 200 atleti sono arrivati a Pyongyang tra venerdì e sabato, un paio di giorni prima dell'evento. Hanno alloggiato in un hotel della capitale, dove hanno anche avuto modo di allenarsi. Come detto, i partecipanti hanno corso per le strade del centro della capitale, tra i principali punti di interesse, prima di spostarsi verso la campagna nordcoreana. Per l'ultimo tratto del percorso sono tornati nella capitale, dove hanno raggiunto uno stadio pieno di spettatori. Fino 50.000, sempre secondo Koryo Tours. I primi a tagliare il traguardo, secondo la televisione di Stato, sia nella maratona professionistica maschile che in quella femminile, sono stati due corridori nordcoreani.