Ecco che cosa servirebbe all'Europa per proteggersi senza gli Stati Uniti
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Al Cremlino, probabilmente, stentano a crederci. O forse no, considerando i buoni rapporti fra Donald Trump e Vladimir Putin. Lo scontro fra il presidente degli Stati Uniti e l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky, ieri nello Studio Ovale, in ogni caso ha fatto il gioco di Mosca. La Russia, senza nemmeno forzare, ha ottenuto un successo strategico inseguito per anni: la spaccatura dell’Occidente, con gli americani da una parte e l’Europa (Regno Unito compreso) dall’altra. Una spaccatura che potrebbe trasformarsi in un baratro se, come paventato dal Washington Post, il tycoon interrompesse davvero tutte le spedizioni di aiuti militari in corso verso l’Ucraina.
Quanti soldati USA ci sono in Europa?
La situazione, evidentemente, è grave. Tanto più se consideriamo che una nuova aggressione russa in Europa, secondo un rapporto congiunto del think tank Bruegel e del Kiel Institute, è «possibile». La stessa NATO ha sottolineato che Mosca, al di là dell’Ucraina, potrebbe essere pronta ad attaccare «entro tre-dieci anni» altrove.
Gli Stati Uniti, sin qui, hanno garantito un certo equilibrio nel continente. Grazie, manco a dirlo, alla presenza di truppe: sono oltre 80 mila i militari americani presenti in Europa. Un numero che verrebbe triplicato in caso di aggressione straniera, secondo i principi della NATO. Tuttavia, il peggioramento – netto – dei rapporti transatlantici e l’esclusione dell’Europa nei negoziati con la Russia in vista di un possibile accordo di pace in Ucraina hanno fatto scattare l’allarme. Per tacere del citato incontro di ieri nello Studio Ovale.
L’Europa, sia internamente sia su pressione americana, è chiamata a rispondere o, meglio, a garantire una migliore e maggiore autonomia militare. Più facile a dirsi che a farsi.
E quanti ne può schierare l'Europa?
Numeri alla mano, come sottolinea Euronews, gli eserciti nazionali europei possono contare su una forza combinata di circa 1,5 milioni di effettivi. Nel rapporto congiunto, per contro, leggiamo che nel caso Washington si ritirasse dal continente servirebbero altri 300 mila soldati. Alexandr Burilkov, co-autore del rapporto, ha spiegato sempre a Euronews che a quel punto l’Europa potrebbe affidarsi alla coscrizione e, al contempo, allo sviluppo di riserve «ampie e ben addestrate». Stiamo parlando, tuttavia, di singoli eserciti cui manca un comando unificato. Per questo, ha ribadito Burilkov, «è assolutamente necessario introdurre un sistema che aumenti la quantità del personale disponibile e anche la resilienza di tale sistema».
Quanti e quali mezzi servono per scoraggiare la Russia?
Il rapporto, nel dettaglio, afferma che per scoraggiare un ipotetico sfondamento russo nel Baltico un esercito europeo avrebbe bisogno di 1.400 carri armati, 2 mila veicoli da combattimento di fanteria e 700 pezzi di artiglieria, oltre a un milione di proiettili da 155 mm solo per i primi tre mesi di combattimento ad alta intensità. Una cifra, secondo il rapporto Bruegel-Kiel, che spera la potenza di combattimento attuale delle forze francesi, tedesche, italiane e britanniche messe insieme. E ancora: per raggiungere i numeri della Russia, la produzione di droni dovrebbe aumentare a circa 2 mila unità a lungo raggio all’anno. Sempre Burilkov: «I russi, negli ultimi due anni, hanno messo la loro economia e la loro società in gran parte sul piano bellico. Beneficiano di un sacco di infrastrutture ed equipaggiamenti avanzati dall’epoca sovietica, quando l’Armata Rossa era davvero colossale». E ancora: «Hanno prodotto più di 1.500 carri armati all’anno. Migliaia di veicoli blindati, centinaia di pezzi di artiglieria. Dovremmo cercare di creare una parità militare tra l’Europa e la Russia, che manterrebbe questa deterrenza senza dover ricorrere necessariamente alla deterrenza nucleare».
E l'esercito unico europeo?
Dal canto suo, Luigi Scazzieri del Centro per le riforme europee ha ribadito a Euronews che, per generare una deterrenza credibile, «è necessario avere più capacità, in particolare quelle per le quali facciamo maggiore affidamento sugli Stati Uniti: missili a lungo raggio, difese e rifornimenti aerei, sorveglianza aerea e trasporti, per esempio».
Serve, dunque, anche un esercito unico europeo? Sì e no, secondo Scazzieri: «È molto difficile. Ma potrebbe essere un esercito di europei, piuttosto che un vero e proprio esercito europeo».
Il giornalista esperto di difesa e politica estera Nicolas Gros-Verheyde, per contro, ha condiviso un’analisi più sfumata con Euronews: gli uomini attualmente a disposizione, semmai, vanno «messi nei posti giusti». Già, ma dove? «Gli europei potrebbero prendere in considerazione la possibilità di decidere per una loro presenza a rotazione, come forze NATO, in basi militari permanenti nei Paesi più vicini alla Russia. Perché non una base marittima a Costanza, in Romania, e una base terrestre tra Polonia e Lituania, vicino al corridoio di Suwalki? Sarebbe anche utile pianificare una presenza in Moldavia contro le forze russe in Transnistria».
Alla fine, è una questione di soldi?
Il rapporto Bruegel-Kiel, infine, suggerisce che l’Europa necessita di aumentare il suo bilancio militare fra i 125 e i 250 miliardi di euro all’anno nel breve termine. Parliamo del 3,5 del PIL. La Germania, secondo contributore della NATO, potrebbe e dovrebbe svolgere un ruolo centrale facendosi carico di almeno la metà di questo bilancio, aumentando la sua spesa da 80 a 140 miliardi di euro all’anno. Molto, in questo senso, dipenderà dal governo che formerà Friedrich Merz: «Una volta che avremo un’idea più chiara di quale sia l’umore a Berlino, potremo vedere fino a che punto questo può essere configurato» ha concluso Burilkov. «Il fatto è che ovviamente c’è la volontà politica, come non c’è mai stata in passato, di un’azione collettiva europea».
Un approccio europeo coordinato, scrivono gli esperti, farebbe scendere i prezzi nel lungo periodo: «Ordini più consistenti dovrebbero far sì che i processi produttivi diventino più efficienti, facendo scendere i prezzi unitari. Tuttavia, un rapido aumento della domanda farà certamente salire i prezzi nel breve termine». In ogni caso, «il mancato coordinamento comporta costi molto più elevati e gli sforzi individuali saranno probabilmente insufficienti a scoraggiare l’esercito russo».
In Europa, giova ricordarlo, esiste già uno strumento per acquisti militari congiunti, l’EDIRPA, che a dicembre verrà sostituito dal programma europeo per l’industria della difesa.