Il profilo

Ecco chi è Michel Barnier, il nuovo primo ministro francese

Già negoziatore per la Brexit e vicepresidente della Commissione Europea, potrebbe favorire una tregua con Rassemblement National e aiuterà Emmanuel Macron sul piano internazionale
© Michel Euler
Red. Online
05.09.2024 14:02

Non rientrava certo fra i favoriti. Il suo nome, però, ha iniziato a circolare con forza ieri sera. Michel Barnier, 73 anni, già negoziatore europeo per la Brexit nonché ex candidato alle presidenziali del 2022, è il nuovo primo ministro francese. Eccola, la mossa di Emmanuel Macron. Il presidente della Repubblica, d'altro canto, aveva valutato di reclutare Barnier anche in passato. Lui, gollista convinto, è sempre rimasto fedele ai Républicains. Nel suo curriculum anche la vicepresidenza della Commissione Europea, con delega al mercato interno e ai servizi, e la co-presidenza dell'organizzazione dei Giochi olimpici invernali di Albertville 92. La sua carriera, dicevamo, è sempre stata lineare. Con incarichi di ministro e deputato sotto le presidenze di François Mitterrand, Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy. 

La domanda, dunque, sorge spontanea: perché mai Barnier avrebbe accettato il gioco di Macron, con il rischio di bruciarsi? Perché, insomma, accettare di guidare un governo che potrebbe essere rovesciato da un momento all'altro dall'opposizione all'Assemblea Nazionale? Perché, soprattutto, Barnier non aveva accettato la corte di Macron a suo tempo? Una prima risposta si nasconde proprio fra le pieghe delle tempistiche: Macron, in difficoltà e sotto il fuoco delle polemiche, dovrà accettare una forma di convivenza (la cosiddetta cohabitation) con il suo futuro primo ministro. Detto in altri termini, non potrà forzare troppo la mano. Non solo, Barnier, fra i politici della destra classica, è fra i pochi ad aver mantenuto, con una certa costanza, buoni rapporti con il Rassemblement National. Il che, agli occhi di Macron, è un vantaggio. Perché potrebbe garantire una tregua fra il fronte del presidente e il potente, se non potentissimo gruppo parlamentare di Marine Le Pen. Il più grande dell'Assemblea Nazionale, con 126 membri. Un ruolo, questo, che l'altro candidato proposto dalla destra, Xavier Bertrand, non avrebbe mai potuto ricoprire visti i pessimi rapporti con Rassemblement National. 

Il passato «europeo» di Barnier potrebbe, inoltre, fare il gioco della Francia tutta. L'Esagono, infatti, è sotto stretta osservazione da parte della Commissione Europea per via del suo deficit di bilancio, definito «eccessivo». La futura legge finanziaria, da sottoporre al voto parlamentare nel 2025, appare già sin d'ora un pasticciaccio mica da ridere. Barnier, con la sua esperienza dei mercati, potrebbe fungere da garante della stabilità. Così, almeno, avevano fatto altri ex commissari europei. Entrambi in Italia: Mario Monti e Mario Draghi. Barnier, fra l'altro, è apprezzato a sinistra per via delle sue forti e spiccate sensibilità sociali.

Altro aspetto da considerare: Barnier, nel 2027, quando si terranno le prossime presidenziali, avrà 76 anni. Un'età che dovrebbe dissuaderlo dal partecipare alla corsa. Il che spianerebbe la strada a Edouard Philippe, che ha appena dichiarato la sua candidatura, e a Laurent Wauquiez, attuale leader della destra che non ha mai nascosto di puntare all'Eliseo. Tradotto: Barnier, quale primo ministro, non viene visto come una futura minaccia alla carica più importante del Paese, quella di presidente della Repubblica. Una carica che la destra vuole riconquistare. 

Ultimissimo punto: la Francia, da una cinquantina di giorni, è guidata da un governo che gestisce solo gli affari correnti. Chiamatela pure crisi politica. Il Paese, però, è reduce da un grandissimo successo: le Olimpiadi e le Paralimpiadi. Barnier, insomma, arriva al momento giusto per riportare il Paese a un clima stabile e, pensando ai mercati, sicuro. Non solo, è d'accordo con Macron su tutto a livello di agenda internazionale: dal sostegno all'Ucraina alla necessità di sovranità dell'Unione Europea. E l'esperienza accumulata con la Brexit gli ha dato, in qualche modo, anche gli strumenti necessari per confrontarsi, se caso, con gli Stati Uniti di Donald Trump. Ah, dimenticavamo: Barnier ha familiarità con i bilaterali che caratterizzano i rapporti fra Svizzera e Unione Europea. Un punto in più a suo favore.

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