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Ecco la sesta eruzione vulcanica in Islanda degli ultimi otto mesi

Sulla penisola di Reykjanes si è aperta una nuova fessura, a est del monte Slyingarfell – Grindavík, il villaggio di pescatori nelle vicinanze, sembra essere stato risparmiato
© Iceland Civil Defense via AP
Federica Serrao
23.08.2024 11:00

Il vulcano islandese della penisola di Reykjanes ha eruttato per la sesta volta. Ieri sera, attorno alle 21.30 (le 23.30 in Svizzera), dopo una serie di terremoti percepiti anche nella capitale Reykjavik, la lava ha cominciato a fuoriuscire attraverso una nuova fessura, a est del monte Slyingarfell. Secondo i dati divulgati dall'Ufficio meteorologico islandese (IMO), la lunghezza iniziale della spaccatura era di 1,4 chilometri, ma in soli 40 minuti si è estesa sfiorando i 4 chilometri. 

L'attività sismica, in questa eruzione, è stata giudicata «considerevole». Soprattutto all'estremità settentrionale della fessura e, in particolare, nell'ora successiva all'inizio dell'eruzione. Poco dopo le 22:30, è stato infatti registrato un terremoto di magnitudo 4.0. Questa mattina, invece, la situazione viene descritta come «abbastanza stabile».

L'attività vulcanica principale, in questo caso, è localizzata più a nord rispetto alle eruzioni precedenti. È piuttosto improbabile, scrive l'IMO sul suo sito, che la fessura si estenda verso sud, mentre non si può escludere che l'eruzione possa ulteriormente espandersi a nord. 

Il flusso di lava, inoltre, continua sia a est che a ovest, verso Grindavíkurvegur (strada di Grindavík). A tal proposito, al momento Grindavík, il villaggio di pescatori minacciato dal vulcano e parzialmente toccato nell'eruzione di gennaio, sembra essere fuori pericolo. Tutte le persone che si trovavano nella zona interessata sono state prontamente evacuate prima dell'inizio dell'attività vulcanica. Come nei precedenti casi, anche questa volta non si segnalano interruzioni del traffico aereo. 

Le eruzioni precedenti

Come detto, quella appena iniziata è la sesta eruzione nell'area. La prima risale allo scorso 19 dicembre. Dopo quasi due mesi di terremoti, poco prima di Natale, si era verificata un'eruzione nei pressi di Hagafell, definita, in un primo momento, «particolarmente potente». Eruzione che, tuttavia, era diminuita nel giro di poche ore, risparmiando Grindavík e senza ostacolare il traffico aereo. 

Meno di un mese dopo, a metà gennaio, la terra aveva però ricominciato a tremare e la lava a fuoriuscire. Quella volta, toccando le case di Grindavík. In quel caso, la fessura si era aperta più a sud rispetto alla precedente, a soli 900 metri dal villaggio. Villaggio che, fino allo scorso autunno, contava 3.800 abitanti. 

Circa 40 giorni dopo, la lava ha ripreso a scorrere. Il 9 febbraio, il vulcano ha eruttato a nord del monte Slyngarfell. Una posizione più vicina a quella della primissima eruzione di dicembre e a quella attualmente in corso. In quell'occasione, pur avendo risparmiato case e villaggi, la lava aveva raggiunto alcuni tubi, causandone l'esplosione e la conseguente interruzione della fornitura di acqua calda per circa 30.000 persone – fino all'area di Keflavík, dove sorge l'aeroporto – che vivono nella penisola di Reykjanes.

Dopo una pausa di poco più di un mese, il 16 marzo una nuova fessura vulcanica si è invece aperta tra il monte Hagafell e il monte Stóra Skógfell. In quel caso, vista la rapida espansione, i timori erano che lava raggiungesse l'oceano, causando rischi ulteriori. Il contatto fra magma e acqua, infatti, può generare esplosioni e pennacchi di vapore che fanno piovere acido cloridrico e minuscole particelle di vetro vulcanico. Un pericolo, fortunatamente, scampato. Quella di marzo, rispetto alle altre, concluse in pochi giorni, è stata però l'eruzione più lunga. Terminata il 9 maggio, quasi due mesi dalla prima fuoriuscita di lava.

Neanche tre settimane dopo, il 29 maggio, stava cominciando una nuova eruzione, questa volta nei pressi di Sundhnúksgígar. Eruzione caratterizzata da fontana di lava alte tra i 60 e i 70 metri. Come da prassi, Grindavík e la vicina Blue Lagoon erano state prontamente evacuate. Con una durata di 24 giorni, l'eruzione di fine maggio si è confermata una delle più lunghe degli ultimi mesi. Secondo solo a quella precedente, seconda solo a quella precedente, durata poco meno di due mesi. 

Dal 2021 in movimento

Le eruzioni che hanno colpito la zona negli ultimi mesi, però, non sono le prime che si verificano negli ultimi tempi sulla penisola di Reykjanes. La faglia sottostante, infatti, si è «risvegliata» già negli scorsi anni. Tra il 2021 e il 2023, nei pressi di Fagradalsfjall si erano infatti verificate altre tre eruzioni. Le prime, nell'area, dopo secoli. «Dopo otto secoli di relativa rottura e di completa cessazione dell'attività superficiale, siamo entrati in nuovo episodio di separazione delle placche, che potrebbe durare diversi anni, forse decenni», aveva affermato, a inizio anno, il vulcanologo Patrick Allard dell'Institut de Physique du Globe de Paris, alla luce della recente attività vulcanica.

In altre parole, gli scienziati sostengono che la zona continuerà a produrre magma e a generare eruzioni, a distanza di pochi mesi, per anni. Forse addirittura decenni. D'altro canto, si tratta della terra del ghiaccio e del fuoco. 

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