Ecco perché l'Ucraina, ora, colpisce lontano dal fronte
Un deposito petrolifero. L'Ucraina, mettiamola così, sceglie con cura gli obiettivi in territorio russo da colpire con i suoi droni. Lo ha fatto anche ieri. Lo sta facendo da tempo, secondo una precisa strategia: mettere fuori uso infrastrutture critiche alle spalle delle linee nemiche. L'ultimo episodio, appunto, risale a venerdì. A bruciare sono stati alcuni serbatoi nella città di Klintsy, stando alla ricostruzione di Alexander Bogomaz, il governatore della regione russa di Bryansk, al confine con l'Ucraina. Un funzionario dell'intelligence ucraina, in condizione di anonimato, ha invece confermato al New York Times che dietro a questo attacco c'è proprio Kiev.
Dati alla mano, quello di venerdì è stato il quarto attacco contro un impianto petrolifero russo nelle ultime tre settimane. Perché proprio queste infrastrutture? Semplice, ancorché logico: l'Ucraina vuole rallentare, se non fermare, le capacità militari russe. È da impianti come quello colpito venerdì, infatti, che l'esercito di Mosca prende il carburante necessario per far funzionare carri armati, aerei da combattimento e altre attrezzature. Così, sempre al New York Times, Olena Lapenko, esperta di sicurezza energetica presso DiXi Group, un think tank ucraino: «L’interruzione di queste forniture, che sono come il sangue per il corpo umano, fa parte di una strategia più ampia per contrastare la Russia sul campo di battaglia».
La domanda, giunti sin qui, sorge spontanea: la strategia sta dando i suoi frutti? Ovvero, la Russia sta effettivamente rallentando a causa di questi attacchi? Difficile a dirsi. Con la linea del fronte in gran parte bloccata, con avanzamenti pressoché minimi, Kiev ha abbracciato una sorta di guerriglia per interferire con le operazioni russe. Vanno lette in quest'ottica, ad esempio, le attività di sabotaggio contro le infrastrutture ferroviarie o i depositi di munizioni. Oleksandr Kamyshin, ministro ucraino per le Industrie strategiche, giovedì ha dichiarato che attualmente è in corso, citiamo, una guerra asimmetrica. Kamyshin, intervenuto a una tavola rotonda al World Economic Forum di Davos, ha attribuito all'Ucraina la responsabilità di un attacco a un impianto a un impianto di stoccaggio petrolifero a San Pietroburgo. Un attacco perpetrato con un drone di produzione nazionale che ha volato per 1.250 chilometri fino all'obiettivo. «Sono sicuro che quest'anno vedremo accadere sempre più cose» ha aggiunto.
Lo scorso inverno, la Russia aveva adottato tattiche simili. Colpendo a più riprese gli impianti energetici ucraini con droni e missili. E costringendo non pochi abitanti ucraini a rimanere al freddo e al buio, come se Mosca volesse trasformare la stagione fredda in un'arma contro la popolazione. Kiev, tuttavia, ha resistito. Grazie ai sistemi di difesa aerea forniti dall'Occidente e al lavoro, puntuale, degli ingegneri per riparare attrezzature vitali. Anche l'Ucraina, pur se in misura minore, ha preso di mira le infrastrutture energetiche russe nel corso dei mesi. Ora, però, questa ondata di attacchi a depositi petroliferi e simili lascerebbe pensare a un cambio di paradigma. Da marginali, queste operazioni sono diventate fondamentali per Kiev.
Detto di Klintsy e San Pietroburgo, Kiev ha attaccato con droni anche una raffineria nella regione sudoccidentale di Krasnodar e un impianto di rifornimento a Oryol, non lontano da Klintsy. Entrambi gli attacchi, risalenti al 29 dicembre e al 9 gennaio, sono stati rivendicati dall'esercito ucraino. L'obiettivo, dicevamo, è quello di interrompere le forniture all'esercito russo. Allargando il campo, l'Ucraina così facendo sta pure minando una risorsa chiave per il bilancio dello Stato: il petrolio, le cui entrate sostengono lo sforzo bellico di Mosca. Secondo Lapenko, la Russia ha guadagnato oltre 400 miliardi di dollari dalle esportazioni di oro nero dall'inizio della guerra in Ucraina. Grazie (anche) all'aggiramento delle sanzioni occidentali: tramite l'utilizzo di servizi finanziari alternativi, come aveva spiegato a suo tempo Public Eye, ma anche allestendo una flotta fantasma per esportare clandestinamente il suo petrolio. «Vediamo che le sanzioni imposte non funzionano in modo sufficientemente efficace, quindi l'aggressore riceve comunque fondi sufficienti per intraprendere la guerra» ha specificato Lapenko.
Impianti petroliferi ma non solo: dallo scorso settembre in avanti, infatti, Kiev ha lanciato attacchi (almeno quattro) anche a sottostazioni elettriche in territorio russo. In alcuni casi, la corrente è venuta meno alla popolazione, stando a quanto affermato dalle autorità russe. L'esercito ucraino ha spiegato di aver individuato e colpito, per contro, solo centrali elettriche direttamente collegabili alla cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina.