La Francia ha un nuovo governo, ecco la squadra di Bayrou
Un governo per Natale. Dopo dieci giorni di trattative tutte in salita, è stata annunciata la squadra dei ministri guidata dal premier francese François Bayrou che, sulla rete sociale X, si è detto «fiero'' di questo ''collettivo d'esperienza per riconciliare e ripristinare la fiducia di tutti i francesi», dopo i mesi caotici seguiti alla decisione del presidente Emmanuel Macron di sciogliere il parlamento.
Nell'esecutivo praticamente paritario, con 18 donne su un totale di 35 ministri, spicca la nomina di due ex premier, Elisabeth Borne e Manuel Valls, nonché un tandem particolarmente marcato a destra: il «falco» di Les Républicains (LR, centro-destra) noto per il pugno duro contro i migranti clandestini, Bruno Retailleau, confermato al ministero dell'interno, e il macroniano ed ex di LR, Gérald Darmanin, alla giustizia.
La nomina di due ministri di area socialdemocratica, François Rebsamen (pianificazione territoriale) e Juliette Méadel (politiche urbane), non sembra soddisfare il cartello di sinistra, Nuovo Fronte Popolare (NFP, alleanza elettorale di partiti nata il 10 giugno 2024 in vista delle elezioni legislative anticipate), che già nei giorni scorsi aveva scartato l'ipotesi di aderire al nuovo esecutivo a vocazione bipartisan. «Non è un governo, è una provocazione'', ha infatti tuonato su X il segretario del Partito socialista (PS) Olivier Faure, accusando il premier di flirtare con l'estrema destra di Marine Le Pen. Ma le nomine non sembrano piacere neanche ai lepenisti. Bayrou »ha messo insieme la coalizione degli sconfitti«, ha dichiarato Jordan Bardella, leader del Rassemblement national (RN, di estrema destra), aggiungendo: »Per fortuna il ridicolo non uccide«.
Tra i grandi del nuovo esecutivo, Borne prende le redini dell'istruzione mentre Valls - nato in Spagna da padre catalano e madre ticinese - al dicastero per i territori d'Oltremare fa il suo grande ritorno nella politica francese, dopo gli anni passati a Barcellona dove tentò la corsa a sindaco, con un dossier esplosivo: l'emergenza della situazione a Mayotte, dopo il passaggio dell'uragano Chido (proprio oggi la Francia ha celebrato il lutto nazionale) nonché il rompicapo della Nuova Caledonia.
A tre mesi dalla sua uscita dal ministero dell'interno, Darmanin viene indicato al ministero della giustizia di Place Vendome, posto inizialmente proposto al governatore della regione Hauts-de-France, il navigatissimo esponente della destra moderata Xavier Bertrand, che però poco prima degli annunci ministeriali ha fatto sapere di non voler entrare in un esecutivo composto a suo parere ''con l'avallo di Marine Le Pen''.
Al ministero dell'economia, al posto di Antoine Armand, è stato scelto un outsider della politica, Eric Lombard, finora direttore della Cassa depositi e prestiti di Parigi nonché numero uno dell'assicuratore Generali France. Una nomina di alto profilo tecnico per contribuire alla rapida adozione della legge di bilancio 2025 - teoricamente nei primi mesi dell'anno nuovo - e rassicurare partner europei e mercati finanziari sui disastrati conti pubblici dell'Esagono.
Il governo Bayrou comprende inoltre 19 ministri riconfermati rispetto al precedente esecutivo sfiduciato di Michel Barnier, tra cui Sébastien Lecornu (difesa), Jean-Noël Barrot (esteri), Annie Genevard (agricoltura), Rachida Dati (cultura), Astrid Panosyan-Bouvet (lavoro e occupazione) e Valérie Létard (alloggio). Una sorta di »Ritorno al futuro«?, hanno chiesto in serata a Bayrou intervistato dall'emittente francese BFM TV: »Questo governo è il futuro«, ha assicurato il primo ministro.
Designato il 13 dicembre da Macron, Bayrou si era impegnato a formare la nuova squadra prima di Natale. Il segretario generale della presidenza, Alexi Kohler, ha riferito che il primo consiglio dei ministri è stato fissato per il 3 gennaio. Bayrou, che dovrebbe pronunciare il suo discorso di politica generale il 14 dinanzi al parlamento, è il sesto capo del governo dalla prima elezione di Macron all'Eliseo nel 2017, e il quarto per il solo 2024. Segno, quest'ultimo, di un'instabilità politica piuttosto inedita per la Francia.