«F*****o Israele»: dal clima alla Palestina, la trasformazione di Greta Thunberg
Nel 2019, Time incoronava Greta Thunberg quale persona dell'anno. Mai, il riconoscimento, era stato assegnato a un individuo così giovane, considerando che all'epoca l'attivista svedese aveva appena sedici anni. Analisti ed esperti, addirittura, parlavano di «effetto Greta». E questo perché, alle sue spalle, Thunberg poteva vantare migliaia e migliaia di studenti che si identificavano nella sua lotta al cambiamento climatico. Che cosa è rimasto, di quei giorni? Soprattutto, è ancora corretto parlare di Greta come di un'attivista climatica quando, da quattordici mesi a questa parte, si è trasformata più che altro in una militante pro-Palestina?
Venerdì scorso, intervenendo a un comizio nella città tedesca di Mannheim, Thunberg ha tuonato: «F*****o alla Germania». Quindi, l'aggiunta: «E f*****o Israele». L'evento, di per sé, puntava a sensibilizzare la popolazione sulla difficile situazione che sta vivendo il popolo palestinese. Greta, scrivono non pochi commentatori, l'ha tuttavia trasformato in un vero e proprio sfogatoio personale. Minando, di riflesso, la credibilità di molti personaggi pubblici – da Barack Obama ad António Guterres, la lista è lunga – che l'avevano sostenuta con forza all'inizio del suo percorso. Le parole usate da Greta a Mannheim hanno suscitato critiche pesanti. Manuel Hagel, politico tedesco, ha spiegato al Jerusalem Post che l'attivista per il clima si sta avvicinando, «molto consapevolmente», in prossimità «dell'antisemitismo». Il gruppo statunitense StopAntisemitism, ribadisce il Telegraph, ha invece etichettato Thunberg come un'«attivista per il clima trasformatasi in un'ombra di Hamas». E ancora: «Qualcuno dovrebbe ricordare a Greta che Israele è un leader globale nella risoluzione della sfida climatica». A onor del vero, dal palco di Mannheim Greta ha ribadito una volta di più di non essere antisemita ma, semmai, di criticare solo e soltanto il governo Netanyahu.
Se, fino a poco tempo fa, a far discutere erano soprattutto i metodi e le tattiche di Greta, con proteste tanto chiassose quanto paralizzanti a favore appunto di una presa di coscienza collettiva attorno all'emergenza climatica, le discussioni adesso sono incentrate su un altro tipo di attivismo, quello a favore dei palestinesi o, secondo i più critici, anti-Israele. Nell'ottobre del 2023, Thunberg aveva esortato i suoi follower sui social a sostenere la popolazione di Gaza. Senza, tuttavia, citare in alcun modo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Cosa che aveva fatto in un secondo momento, seppur in maniera sfumata. Da allora, in ogni caso, la Palestina ha fatto capolino in molti, moltissimi suoi discorsi. Lo scorso maggio, ancora, Thunberg si era unita a migliaia di manifestanti, a Malmö, davanti alla sede dell'Eurovision. Il nome della manifestazione? Stop Israel. «I giovani stanno facendo da apripista e stanno mostrando al mondo come dovremmo reagire a tutto questo» aveva dichiarato Greta alla Reuters.
La virata di Greta, se così vogliamo definirla, non è piaciuta alla comunità di attivisti per il clima. La sezione tedesca di Fridays for Future, il movimento internazionale di studenti che, al venerdì, scioperano per organizzare manifestazioni, ad esempio ha preso le distanze dalla 21.enne svedese. Da un anno e più. Luisa Neubauer, responsabile della sezione, aveva criticato la visione «unilaterale» di Thunberg sulla guerra a Gaza.
Nel 2019, dicevamo, Thunberg era coccolata dall'intera comunità internazionale. «Confido nei giovani come Greta Thunberg per spingere la mia generazione, per spingere i loro genitori, per spingere le società a salvare il nostro pianeta e il nostro futuro» aveva dichiarato, ad esempio, il citato Guterres. Leonardo DiCaprio aveva condiviso una foto con Greta sul suo profilo Instagram, definendola «una leader del nostro tempo». Ora, c'è chi fatica a starle dietro viste le sue posizioni molto forti su Israele.