Fra diplomazia e reality TV: benvenuti allo show televisivo di Donald Trump
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Cronache di un mondo capovolto, come sottolinea Paolo Galli nel suo editoriale per il Corriere del Ticino. Lo scontro andato in scena venerdì, nella sacralità dello Studio Ovale, è senza precedenti: sì, Donald Trump e il suo vice JD Vance hanno affondato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il tycoon, dopo l'incontro, ha ulteriormente delegittimato il leader di Kiev. Affermando che l'Ucraina deve essere guidata, citiamo, «da chi è pronto per la pace». E Zelensky, evidentemente, agli occhi del presidente statunitense non lo è.
Venerdì, riferisce fra gli altri il New York Times, si è consumato un momento surreale. Dopo i toni accesi, anzi accesissimi davanti alle telecamere, scrive il quotidiano, Donald Trump ha condiviso un'osservazione: «This is going to be great television». In sostanza, il presidente americano si è beato della spettacolarità dell'incontro. Ritenendolo, appunto, un momento importante da un punto di vista prettamente televisivo. Un eccesso di trumpismo, se vogliamo. Il punto, agli occhi del tycoon, non era rispettare la posta in gioco – stando stretti: il destino di milioni e milioni di persone, se non dell'intera Europa – ma garantirsi l'audience delle grandi occasioni. Della serie: la sovranità dell'Ucraina e il rispetto dei fatti? Chissenefrega. Eppure, come scrive sempre il New York Times, quello andato in scena a Washington non era il finale di stagione di una serie TV ma un incontro politico e diplomatico di alto livello.
Trump, d'altro canto, è abituato ai riflettori. Sa recitare, come ha dimostrato a suo tempo nel reality The Apprentice. A stonare, tuttavia, è il contesto. Se fare il duro in televisione, al giovedì sera, sulla NBC poteva sembrare divertente, e lo è stato per quattordici, lunghe stagioni, bullizzare il presidente di una nazione martoriata da tre anni di guerra è tutt'altra cosa. Stona, come detto. Perché usare lo stesso linguaggio, allora? Di fatto, perché la Casa Bianca, sotto Trump, si è trasformata a sua volta in uno show televisivo. Nel quale ognuno recita e ha recitato la propria parte, come hanno fatto ad esempio Emmanuel Macron e Keir Starmer. Lo strappo, a questo giro, si è verificato nell'esatto istante in cui Zelensky, fra un attacco e l'altro, ha deciso di smettere i panni dell'attore. E dire che lui, attore, lo è stato davvero. Una decisione dettata certo dal momento, ma anche di settimane e settimane di frecciatine a distanza, per tacere della bromance (volendo usare un termine televisivo) che sembra unire sempre più Trump e Vladimir Putin. Banalmente, Zelensky ha pensato che questo non fosse un copione adatto a lui e, allargando il campo, al suo Paese.
Di regola, ribadisce il New York Times, sono i giornalisti l'anello debole nel teatro di Trump. Stavolta, il tycoon ha attaccato a muso duro un altro presidente. Reo, volendo cavalcare la narrazione trumpiana, di aver portato la sua agenda nello Studio Ovale. Violando la realtà disinformativa di cui questa amministrazione è pregna. Mentre negli Stati Uniti si discute, e pure parecchio, sulla decisione della Casa Bianca di scegliere direttamente i corrispondenti che possono avere accesso al citato Studio Ovale e all'Air Force One, gli spazi più intimi e preziosi nei quali vengono prese le decisioni più importanti, è interessante sottolineare come il vice di Trump, JD Vance, abbia insistito su un aspetto: caro Zelensky, gli ha detto, è «irrispettoso» il fatto che lei venga a fare simili esternazioni «davanti ai media americani». Già, perché quei media non possono e non devono ospitare opinioni discordanti rispetto alla dottrina Trump.
Un altro finale di stagione, rimanendo nella metafora televisiva, si è consumato all'esterno della Casa Bianca. Le telecamere delle tante, tantissime testate presenti hanno immortalato l'uscita di Volodymyr Zelensky a bordo di una Chevrolet Suburban nera. Scegliete voi la colonna sonora per accompagnare la scena. Suggeriamo una musica triste.